CORTE COSTITUZIONALE – sentenza 18 gennaio 2018 n. 5 – Pres. Grossi, Red. Cartabia – (giudizi promossi dalla Regione Veneto con ricorsi notificati il 24-28 luglio e il 14-15 settembre 2017, depositati in cancelleria il 25 luglio e il 21 settembre 2017 e iscritti ai nn. 51 e 75 del registro ricorsi 2017).
Sanità pubblica – Vaccinazioni obbligatorie – Decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale” – Previsione della obbligatorietà e gratuità per i minori di età compresa tra zero e sedici anni, in base alle specifiche indicazioni del Calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita, delle seguenti vaccinazioni: a) anti-poliomielitica; b) anti-difterica; c) anti-tetanica; d) anti-epatite B; e) anti-pertosse; f) anti-Haemophilus influenzae tipo b; g) anti-meningococcica B; h) anti-meningococcica C; i) anti-morbillo; l) anti-rosolia; m) anti-parotite; n) anti-varicella – Questioni di legittimità costituzionale – Promosse in riferimento agli artt. 2, 3, 5, 31, 32, 34, 77, secondo comma, 81, terzo comma, 97, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119, primo e quarto comma, della Costituzione – Sono in parte inammissibili ed in parte infondate.
Sono in parte inammissibili ed in parte infondate le questioni di legittimità costituzionale – promosse in riferimento agli artt. 2, 3, 5, 31, 32, 34, 77, secondo comma, 81, terzo comma, 97, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119, primo e quarto comma, della Costituzione – dell’intero testo del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73(Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale), convertito con modificazioni dalla legge 31 luglio 2017, n. 119 e degli artt. 1, commi 1, 1-ter, 2, 3, 4 e 6-ter; 3; 3-bis; 4; 5; 5-quater e 7 del d.l. n. 73 del 2017, come convertito dalla legge n. 119 del 2017 (1).
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(1) Come risulta dalla motivazione di seguito riportata, la Corte ha dichiarato in parte inammissibili ed in parte infondate le q.l.c. promosse dalla Regione Veneto, osservando che, nel presente contesto, il legislatore ha ritenuto di dover rafforzare la cogenza degli strumenti della profilassi vaccinale, configurando un intervento non irragionevole allo stato attuale delle condizioni epidemiologiche e delle conoscenze scientifiche. Nulla esclude che, mutate le condizioni, la scelta possa essere rivalutata e riconsiderata.
In questa prospettiva di valorizzazione della dinamica evolutiva propria delle conoscenze medico-scientifiche che debbono sorreggere le scelte normative in campo sanitario, il legislatore – ai sensi dell’art. 1, comma 1-ter del decreto-legge n. 73 del 2017, come convertito – ha opportunamente introdotto in sede di conversione un sistema di monitoraggio periodico che può sfociare nella cessazione della obbligatorietà di alcuni vaccini (e segnatamente di quelli elencati all’art. 1, comma 1-bis: anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella). Questo elemento di flessibilizzazione della normativa, da attivarsi alla luce dei dati emersi nelle sedi scientifiche appropriate, denota che la scelta legislativa a favore dello strumento dell’obbligo è fortemente ancorata al contesto ed è suscettibile di diversa valutazione al mutare di esso.
Peraltro, non si può fare a meno di rilevare che tale strumento di flessibilizzazione si applica solo a quattro dei dieci vaccini imposti obbligatoriamente dalla legge. Analoghe variazioni nelle condizioni epidemiologiche, nei dati relativi alle reazioni avverse e alle coperture vaccinali potrebbero suggerire al legislatore di prevedere un analogo meccanismo di allentamento del grado di coazione esercitabile anche in riferimento alle sei vaccinazioni indicate al comma 1, dell’art. 1 (anti-poliomielitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, antipertosse, anti Haemophilus influenzae tipo b).
E’ stata inoltre richiamata la continuità tra il d.l. n. 73 del 2017, e l’assetto precedente, quanto all’identificazione delle vaccinazioni rilevanti, in passato (per la maggior parte di esse) nella prospettiva dell’offerta generale, gratuita e attiva e, oggi, nella prospettiva dell’obbligo (o, per le quattro vaccinazioni già prescritte dalla legislazione statale, di un’obbligatorietà ribadita e rafforzata).
Secondo la Corte, non c’è alcun motivo specifico per dubitare che le risorse stanziate via via, nel tempo, coprissero l’offerta di questi trattamenti preventivi per tutta la popolazione: anzi, a quanto risulta dai dati dell’ISS (e anche da quelli presentati dalla Regione Veneto, per quanto la riguarda), in passato già si erano raggiunti in alcuni casi, con gli stessi mezzi, tassi di copertura anche superiori al 95 per cento. Si aggiunga che non da oggi i servizi vaccinali si rivolgono anche agli stranieri e includono iniziative di invito e richiamo degli interessati, come pure di verifica dei livelli di copertura. Con particolare riguardo all’esercizio 2017, poi, per effetto delle modifiche apportate in sede di conversione, non è obbligatoria la somministrazione di alcuna vaccinazione che non fosse almeno già offerta gratuitamente e attivamente a tutta la popolazione.
D’altra parte, la quantificazione dei maggiori oneri conseguenti all’applicazione delle nuove norme è oggettivamente difficile, tenuto conto del numero, della varietà e delle peculiarità dei fattori: primo fra tutti, il tasso di adempimento spontaneo (o, invertendo la prospettiva, l’eventuale permanenza di un certo tasso di assenteismo) da parte della popolazione. In questa situazione, anche a voler applicare canoni prudenziali, qualsiasi previsione presenterebbe margini di incertezza ineliminabili.
Pertanto – anche alla luce degli elementi argomentativi comunque presenti nella documentazione tecnica – la Corte ha ritenuto che la clausola di invarianza, nel breve periodo e tenuto conto della necessità dell’immediato intervento, non sia implausibile sì da incorrere in una violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost.
Al contempo, è stato ricordato che la legge impone al Ministero dell’economia e delle finanze di esercitare con puntualità e correttezza le funzioni di monitoraggio previste all’art. 17, comma 12, della legge n. 196 del 2009 e, se del caso, di promuovere i provvedimenti di cui ai commi successivi, anche quando gli oneri ricadono in prima battuta sui bilanci regionali.
Lo impone il principio dell’equilibrio dinamico, fondato sulla continuità degli esercizi finanziari, il quale è «essenziale per garantire nel tempo l’equilibrio economico, finanziario e patrimoniale» e richiede che si rimedi con modalità diacroniche agli eventuali squilibri, anche quando si siano verificati per cause già immanenti nella legislazione (si vedano, tra le ultime, le sentenze della Corte n. 89 del 2017, n. 280 e n. 188 del 2016, n. 155 e n. 10 del 2015, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/a/2015/46073).