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Codice delle Leggi
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Legge Vigente

Anno
2014
Numero
29
Data
04/07/2014
Abrogato
 
Materia
Assistenza sociale
Titolo
Norme per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere, il sostegno alle vittime, la promozione della libertà e dell’autodeterminazione delle donne
Note
Bollettino n° 92 pubblicato il 11-07-2014
Allegati
Nessun allegato

 



Art. 1
Principi


1. La Regione Puglia, in coerenza con i principi costituzionali, le leggi vigenti, le risoluzioni dell’Organizzazione delle nazioni unite (ONU) e dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), le risoluzioni e i programmi dell’Unione europea, riconosce che ogni forma di violenza contro le donne rappresenta una violazione dei diritti umani fondamentali, dell’integrità fisica e psichica, della libertà, della dignità, della sicurezza.

2. Gli effetti della violenza di genere, di natura fisica, sessuale, psicologica, economica e di privazione della libertà personale costituiscono un ostacolo alla salute, al benessere, al godimento del diritto a una cittadinanza sicura, libera e giusta, per le donne, per i minori, per le persone con diverso orientamento sessuale, per i diversi generi.



Art. 2
Definizioni


1. Ai fini della presente legge, in conformità a quanto previsto dall’articolo 3 della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, valgono le seguenti definizioni:
a) la “violenza contro le donne” è una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica - compresi i luoghi di lavoro - che nella vita privata;
b) con il termine “donne” sono da intendersi anche le ragazze con meno di 18 anni;
c) la “violenza contro le donne basata sul genere” designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, quale fenomeno che colpisce le donne in modo sproporzionato;
d) la “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima;
e) per “vittima” si intende qualsiasi persona fisica che subisca atti o comportamenti di cui alle lettere a) c) e d).

2. Le misure previste dalla presente legge sono poste in essere senza alcuna discriminazione fondata sulle identità di genere, sull’orientamento sessuale, sull’età, sulla razza, sulla lingua, sulla religione, sulle opinioni politiche o di qualsiasi altro tipo, sulle condizioni di salute, sulla disabilità, sullo status civile o su qualunque altra condizione.



Art. 3
Finalità


1. La Regione, nell’ambito delle attività di programmazione di cui all’articolo 24 della legge regionale 10 luglio 2006, n. 19 (Disciplina del sistema integrato dei servizi sociali per la dignità e il benessere delle donne e degli uomini in Puglia), individua, fra gli obiettivi di benessere sociale da perseguire, il contrasto e la prevenzione della violenza di genere e le misure a sostegno delle donne e dei minori vittime di violenza e li riconosce come priorità di intervento.

2. Con la presente legge la Regione:

a) assicura alle donne, sole o con minori, che subiscono atti di violenza, ivi compresa la minaccia di tali atti, nel rispetto della personale riservatezza, il diritto ad adeguati interventi di sostegno, anche di natura economica, per consentire loro di recuperare e rafforzare la propria autonomia, materiale e psicologica e la propria integrità fisica e la propria dignità;
b) tutela le donne, sole o con minori, che vivono in situazioni di disagio o difficoltà ovvero subiscono violenza o minaccia di violenza, in tutte le sue forme, fuori o dentro la famiglia, attraverso il consolidamento della rete dei servizi territoriali e il rafforzamento delle competenze di tutte le professionalità che entrano in contatto con le situazioni di violenza;
c) promuove, con il coinvolgimento degli operatori della comunicazione, delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e delle università, interventi di prevenzione della violenza di genere, di diffusione della cultura della legalità, del rispetto delle differenze, dell’uguaglianza di diritti e doveri tra i sessi, di educazione alla relazione;
d) accresce la protezione delle vittime e l’efficacia degli interventi promuovendo l’integrazione e la collaborazione tra tutte le istituzioni coinvolte;
e) sostiene le attività dei centri antiviolenza;
f) favorisce l’emersione del fenomeno della violenza di genere in tutte le sue forme.

 

Art. 4
Ruolo della Regione


1. La Regione, in collaborazione con gli enti locali, le aziende sanitarie locali e gli organismi di parità, riconosce e valorizza le pratiche di accoglienza autonome e autogestite, basate sulle relazioni tra donne, avvalendosi delle esperienze e delle competenze espresse localmente dai soggetti organizzati che abbiano tra i loro scopi prevalenti la lotta alla violenza sulle donne e sui minori e la sua prevenzione.

2. La Regione favorisce e sostiene attività di prevenzione, di tutela, di solidarietà e di sostegno alle vittime della violenza, nonché percorsi di elaborazione culturale, informazione e sensibilizzazione sul fenomeno della violenza contro le donne e i minori.

3. La Regione, nell’ambito della normativa nazionale e regionale in materia di formazione professionale, approva gli indirizzi per la formazione specifica di operatrici e operatori del settore, valorizzando esperienze e competenze consolidate dai centri antiviolenza e ponendo particolare attenzione all’approccio di genere, anche al fine di favorire la condivisione di conoscenze e abilità tra le figure professionali che operano nei servizi sia pubblici che privati.



Art. 5
Interventi regionali


1. Per la realizzazione delle finalità della presente legge, la Regione:

a) promuove la sottoscrizione, la valorizzazione e l’attuazione di protocolli di intesa tra enti pubblici, istituzioni scolastiche, forze dell’ordine, autorità giudiziaria, centri antiviolenza, case rifugio e altri soggetti che operano nel campo del contrasto alla violenza in coerenza con i principi della presente legge, per il raggiungimento di obiettivi condivisi negli interventi di prevenzione, protezione, tutela e cura;
b) promuove l’adozione di protocolli operativi tra i soggetti di cui alla lettera a) allo scopo di rendere omogenei i percorsi di accoglienza, ascolto, presa in carico e cura;
c) detta indirizzi affinché i comuni forniscano adeguata assistenza alloggiativa alle donne, sole o con minori, che versino nella necessità, segnalata dai servizi preposti, di abbandonare il proprio ambiente familiare e abitativo, in quanto vittime di violenza o di maltrattamenti, e che si trovino nell’impossibilità di rientrare nell’abitazione originaria;
d) detta indirizzi affinché le aziende ospedaliere e le aziende sanitarie locali garantiscano percorsi privilegiati di accesso dedicati alle vittime di violenza, definendoli dal punto di vista logistico, strutturale e procedurale, e promuovano una formazione adeguata delle figure professionali impegnate nella fasi di rilevazione, accoglienza e trattamento;
e) promuove la definizione di protocolli operativi tra i soggetti preposti alla tutela e alla sicurezza delle vittime, all’accertamento e alla repressione dei reati e all’attuazione delle misure interdittive comminate, per favorire la permanenza delle donne e dei minori nei loro contesti di vita;
f) contribuisce all’emersione del fenomeno della violenza anche attraverso la pubblicazione dei dati raccolti dall’Osservatorio delle politiche sociali;
g) ha la facoltà di costituirsi parte civile nei procedimenti penali per femicidio e atti di violenza nei confronti delle donne e dei minori, fatta eccezione per i procedimenti penali relativi a violenze e molestie sui luoghi di lavoro per i quali si costituisce la consigliera regionale di parità, devolvendo l’eventuale risarcimento in favore delle vittime;
h) favorisce la realizzazione di progetti specifici di trattamento per gli autori di reato, anche attraverso accordi di collaborazione con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria;
i) predispone, a integrazione e in coerenza con la programmazione sociale regionale e locale, piani integrati di azione di durata triennale per il contrasto alla violenza di genere, che prevedano il concorso al finanziamento da parte delle diverse aree di policy coinvolte.


Art. 6
Tavolo interassessorile


1. La Regione istituisce il tavolo interassessorile al fine di favorire la piena integrazione delle politiche regionali a sostegno delle donne vittime di violenza e assicurare la più ampia condivisione di obiettivi, interventi e azioni.

2. Il tavolo interassessorile è presieduto dall’Assessore al Welfare o sua/o delegata/o ed è composto da una rappresentanza politica e/o tecnica delle strutture regionali con responsabilità e competenze in materia di:

a) politiche di salute, benessere sociale e pari opportunità;
b) politiche per l’istruzione, la formazione professionale e la cultura;
c) politiche di sviluppo economico, lavoro, inclusione sociale;
d) politiche abitative, per l’urbanistica e l’assetto del territorio;
e) politiche per l’immigrazione.


3. Partecipano al tavolo interassessorile la consigliera regionale di parità, il/la responsabile dell’Ufficio garante di genere, il/la Garante regionale dei diritti del minore, il/la Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale.

4. Il tavolo interassessorile:

a) formula proposte alla Giunta regionale in ordine alle azioni e agli interventi di cui alla presente legge, con particolare riferimento al potenziamento e alla qualificazione dei servizi per la prevenzione e il contrasto del fenomeno, alle misure per gli inserimenti socio-lavorativi delle donne vittime di violenza e agli interventi per garantire adeguata assistenza economica e alloggiativa, anche avvalendosi dei dati di monitoraggio e di analisi forniti dall’Osservatorio regionale di cui all’articolo 14;
b) assicura l’integrazione delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione degli interventi dei piani integrati di azione di cui all’articolo 5.


Art. 7
Task-force permanente antiviolenza


1. E’ istituita la task-force permanente antiviolenza a cui partecipano, in relazione ai temi da affrontare, rappresentanti dei centri antiviolenza e delle case rifugio, del sistema giudiziario, penitenziario e delle forze dell’ordine, del sistema degli enti locali, del sistema educativo, dell’istruzione e della ricerca, delle associazioni e degli ordini professionali interessati e del partenariato sociale e istituzionale.

2. La task-force è coordinata dal/dalla dirigente del Servizio regionale competente, che la convoca secondo composizione variabile, sulla base dell’ordine del giorno.

3. La task-force si dota di un disciplinare di funzionamento interno al fine di definire le modalità di lavoro e di raccordo sia con il Tavolo interassessorile che con i soggetti di cui al comma 1.

4. La task-force svolge le seguenti attività:

a) individua interventi di protezione, sostegno e reinserimento delle vittime di violenza;
b) definisce protocolli d’intesa e protocolli operativi per la standardizzazione delle procedure di presa in carico;
c) definisce protocolli operativi tra i soggetti preposti alla tutela e alla sicurezza delle vittime, all’accertamento e alla repressione dei reati e all’attuazione delle misure interdittive comminate, per favorire la permanenza delle donne e dei minori nei loro contesti di vita;
d) analizza i dati di monitoraggio, con il supporto dell’Osservatorio regionale di cui all’articolo 14, al fine di individuare priorità di intervento e definire azioni mirate;
e) individua azioni e strumenti di monitoraggio, in collaborazione con l’Osservatorio regionale, al fine di poter rilevare specifiche forme di violenza sommersa, quali quelle agite su donne disabili o su persone con diverso orientamento sessuale;
f) organizza momenti di confronto e condivisione sul tema con il partenariato sociale e istituzionale.


Art. 8
Interventi delle Autonomie locali


1. Nell’ambito delle previsioni di cui alla l.r. 19/2006, i comuni singoli o associati in ambiti territoriali e le aziende sanitarie locali, attraverso le rispettive articolazioni territoriali, concorrono alla realizzazione delle attività di cui alla presente legge, in coerenza con gli interventi regionali di cui all’articolo 5.

2. I comuni, singoli o associati in ambiti territoriali, e le aziende sanitarie locali, tramite i distretti sociosanitari, possono stipulare apposite convenzioni con i centri antiviolenza e le case rifugio regolarmente autorizzati e iscritti negli appositi registri regionali, al fine di garantire alle donne esposte alla violenza, sole o con minori, interventi di prevenzione, protezione, tutela e trattamento, accompagnandole nel percorso di fuoriuscita dalle situazioni di violenza.

3. Gli enti locali individuano i bisogni formativi degli operatori e delle operatrici che intervengono sul fenomeno, promuovono e favoriscono la realizzazione di iniziative di aggiornamento e formazione, anche avvalendosi della collaborazione dei centri antiviolenza.



Art. 9
Assistenza economica e alloggiativa


1. I comuni, singoli o associati, nell’ambito delle disponibilità finanziarie rivenienti da risorse proprie di bilancio e/o dalla programmazione finanziaria dei piani sociali di zona, garantiscono gli inserimenti temporanei delle donne vittime di violenza presso le case rifugio.

2. I comuni, singoli o associati, prestano assistenza economica e alloggiativa alle donne, sole o con minori, che versino nella necessità, segnalata dai servizi preposti, di abbandonare il proprio ambiente familiare e abitativo, in quanto vittime di maltrattamenti o violenza, qualunque sia la forma agita o minacciata, e che si trovino nell’impossibilità di rientrare nell’abitazione originaria, anche in coerenza con quanto previsto dalla nuova disciplina per l’assegnazione e la determinazione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica.


Art. 10
Centri Antiviolenza


1. La Regione promuove e sostiene le attività dei centri antiviolenza a favore delle donne, sole o con minori.

2. I centri antiviolenza, pubblici o privati, organizzano ed erogano attività di ascolto e accoglienza, assistenza, aiuto e sostegno rivolti a donne vittime di violenza, sole o con minori, subita o minacciata, in qualunque forma. La metodologia di accoglienza è basata sulla relazione tra donne. I centri offrono consulenza legale, psicologica e sociale alle donne vittime di violenza, orientandole nella scelta dei servizi sociosanitari e assistenziali territoriali, indirizzandone e favorendone il percorso di reinserimento sociale e lavorativo.

3. I centri antiviolenza svolgono attività di prevenzione attraverso interventi di sensibilizzazione, formazione, attività culturali, in favore della comunità sociale, rafforzando in particolare la consapevolezza degli uomini e dei ragazzi nel processo di eliminazione di tutte le forme della violenza contro le donne. Realizzano attività di informazione sulle fenomenologie e sulle cause della violenza, al fine di prevenire e contrastare ogni forma di discriminazione e di violenza fondata sull’identità di genere e/o sull’orientamento sessuale.

4. I centri antiviolenza concorrono a svolgere attività di formazione e aggiornamento delle operatrici e degli operatori che, nei diversi ambiti di competenza, svolgono attività connesse alla prevenzione e al contrasto della violenza e al sostegno delle vittime.

5. I centri antiviolenza possono essere attivati o gestiti esclusivamente da soggetti, enti, associazioni femminili, imprese sociali, operanti sul territorio regionale, che abbiano tra i propri scopi prevalenti la prevenzione e il contrasto della violenza su donne e minori, che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne e che operino nel pieno rispetto dei principi della presente legge.

6. I centri antiviolenza mantengono costanti e funzionali rapporti, tesi anche a promuovere protocolli d’intesa e/o operativi, con le istituzioni e gli enti pubblici cui compete il pronto intervento e l’assistenza, la prevenzione e la repressione dei reati. I centri operano in stretta connessione con le case rifugio, con i servizi per la formazione e il lavoro, con le strutture educative e scolastiche, con l’associazionismo e le organizzazioni di volontariato attive nel territorio.

7. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, i soggetti gestori dei centri antiviolenza possono ottenere l’autorizzazione al funzionamento, prevista dal regolamento regionale 18 gennaio 2007, n. 4, attuativo della l.r. 10 luglio 2006, n. 19, a condizione di avere maturato almeno cinque anni di esperienza nel settore specifico e di avvalersi di personale con adeguata esperienza e formazione. I medesimi requisiti sono richiesti ai soggetti che si candidano a gestire centri antiviolenza a titolarità pubblica.

8. I centri antiviolenza, costituiti nel rispetto dei requisiti comuni ai servizi, previsti dall’articolo 37 del r.r. 4/2007, sono autorizzati con le procedure relative ai servizi di cui all’articolo 40 dello stesso regolamento.

9. I centri antiviolenza autorizzati possono istituire centri o punti di primo ascolto, in collaborazione con le associazioni femminili iscritte all’albo regionale e operanti nel settore specifico, gli enti locali e altre istituzioni.

10. Per i requisiti funzionali, organizzativi e gestionali dei centri antiviolenza, non espressamente definiti dalla presente legge, si fa rinvio all’articolo 107 del r.r. 4/2007.

11. I centri antiviolenza regolarmente autorizzati al funzionamento forniscono i dati informativi richiesti dall’Osservatorio regionale sulla violenza alle donne e ai minori nell’ambito delle attività previste all’articolo 14.



Art. 11
Case rifugio


1. Le case rifugio sono strutture che offrono accoglienza e protezione alle donne vittime di violenza, sole o con minori, nell’ambito di un programma personalizzato di sostegno, di recupero e di inclusione sociale finalizzato a ripristinare la loro autonoma individualità, nel pieno rispetto della riservatezza e dell’anonimato.

2. Alle case rifugio è garantita la segretezza dell’ubicazione per la sicurezza delle vittime di violenza.

3. La metodologia di accoglienza è basata sulla relazione tra donne.

4. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, i soggetti gestori delle case rifugio possono ottenere l’autorizzazione al funzionamento, prevista dal r.r. 4/2007, a condizione di avere maturato almeno cinque anni di esperienza nel settore specifico e di avvalersi di personale con adeguata esperienza e formazione. I medesimi requisiti sono richiesti ai soggetti che si candidano a gestire le case rifugio a titolarità pubblica.

5. Le case rifugio, costituite nel rispetto dei requisiti comuni alle strutture, previsti dall’ articolo 36 del r.r. 4/2007, sono autorizzate con le procedure previste agli articoli 38 e39 dello stesso regolamento.

6. Per i requisiti strutturali, organizzativi e gestionali delle case rifugio si fa rinvio agli articoli 80 e 81 del r.r. 4/2007.

7. Le case rifugio regolarmente autorizzate al funzionamento forniscono i dati informativi richiesti dall’Osservatorio regionale sulla violenza alle donne e ai minori nell’ambito delle attività previste all’articolo 14.


Art. 12
Lavoro di rete e formazione


1. I centri antiviolenza e le case rifugio, nel rispetto della riservatezza e dell’anonimato delle ospiti, operano in collaborazione con la rete dei servizi sociali e sanitari territoriali e con le forze dell’ordine, al fine di garantire la massima sicurezza e protezione alle donne che subiscono violenza, sole o con figli minori, e un percorso di presa in carico integrata e globale.

2. I percorsi di formazione e di aggiornamento delle figure professionali che operano nel settore seguono un approccio integrato alle fenomenologie della violenza, al fine di garantire il riconoscimento delle diverse dimensioni della violenza subita dalle donne a livello relazionale, fisico, psicologico, sociale, culturale o economico e la loro riconducibilità alle diseguaglianze di genere. I percorsi di formazione e di aggiornamento promuovono l’integrazione fra le figure professionali del pubblico e del privato.



Art. 13
Linee guida regionali in materia di maltrattamento e violenza
in danno dei minori


1. La Regione adotta, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le “Linee guida regionali in materia di maltrattamento e violenza in danno dei minori”, allo scopo di garantire i loro diritti contro ogni forma di maltrattamento, violenza, ivi compresa la violenza assistita, sfruttamento, a salvaguardia del loro sviluppo fisico, psicologico, cognitivo, spirituale, morale e sociale e di fornire orientamenti organizzativi e operativi agli operatori dei servizi territoriali, socio-sanitari, scolastici ed educativi, per realizzare interventi tempestivi, uniformi, integrati, nei diversi settori di intervento.

 

Art. 14
Osservatorio regionale
sulla violenza alle donne e ai minori


1. Nell’ambito dell’Osservatorio regionale delle Politiche sociali, di cui all’ articolo 14 della l.r. 19/2006, è istituita la sezione “Osservatorio regionale sulla violenza alle donne e ai minori”, di seguito Osservatorio.

2. L’Osservatorio si avvale della collaborazione di tutti i soggetti che sul territorio rappresentano punti di osservazione del fenomeno.

3. L’Osservatorio predispone idonei strumenti e realizza le attività di monitoraggio attraverso la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati forniti da tutti i soggetti operanti nel settore, al fine di sviluppare la conoscenza delle problematiche relative alla violenza sulle donne e sui minori e armonizzare le varie metodologie di intervento adottate nel territorio.



Art. 15
Comunicazione e rapporti con i media


1. La Regione promuove forme di partenariato e di collaborazione con i soggetti che operano nell’ambito dell’informazione e della comunicazione per l’adozione di modelli comunicativi che:

a) non contengano immagini o rappresentazioni di violenza contro le donne e i minori o che incitino ad atti di violenza;
b) non utilizzino linguaggio discriminatorio, deformante rispetto alla realtà, oltraggioso e offensivo delle identità di genere;
c) trasmettano messaggi pertinenti e non fuorvianti rispetto alla trattazione dei casi di violenza;
d) non utilizzino il corpo delle donne e dei minori in modo offensivo della dignità della persona;
e) non assimilino l’immagine o parti del corpo ad oggetti o ai prodotti pubblicizzati;
f) non accompagnino l’immagine delle donne e dei generi tutti ad altra immagine che richiami o evochi atti o attributi sessuali;
g) non trasmettano messaggi pubblicitari discriminatori o degradanti basati sul genere e sugli stereotipi di genere sotto qualunque forma;
h) siano attenti alla rappresentazione dei generi, rispettosi dell’identità di uomini e donne, coerenti con l’evoluzione dei ruoli nella società.


2. La Regione, anche attraverso le attività promosse dall’Osservatorio sulla comunicazione di genere, realizza azioni di monitoraggio dei modelli comunicativi e promuove il confronto e la formazione sul tema.


Art. 16
Programmi antiviolenza


1. La Regione sostiene programmi antiviolenza a favore delle donne vittime di violenza, sole o con minori, finalizzati all’accoglienza, al sostegno e all’accompagnamento, tramite percorsi personalizzati, con l’obiettivo di supportarle durante tutto il percorso di fuoriuscita dalla violenza medesima.

2. I programmi antiviolenza integrano quanto già previsto dai locali piani sociali di zona o da altre misure specifiche di intervento.

3. I programmi antiviolenza possono essere presentati dai centri antiviolenza, regolarmente autorizzati al funzionamento e iscritti nel registro regionale, anche in partenariato con gli enti locali, con le aziende sanitarie locali, con altri enti pubblici, con gli organismi di parità, con i servizi per l’impiego e con le associazioni femminili, iscritte all’albo regionale e operanti nel settore specifico, e le imprese sociali che abbiano tra i propri scopi prevalenti il contrasto alla violenza su donne e minori.

4. I programmi antiviolenza prevedono:

a) progetti di presa in carico individualizzati volti al superamento della situazione di disagio derivante dalla violenza subita, al reinserimento socio-lavorativo, all’accompagnamento verso percorsi di autonomia e di autodeterminazione;
b) percorsi di ospitalità per le donne, sole o con minori, che si trovino in situazioni di pericolo per l’incolumità psichica e/o fisica propria e/o dei minori, finalizzati a garantire, insieme all’accoglienza di emergenza, un progetto personalizzato complessivo volto al superamento della situazione di disagio e alla fuoriuscita dalla violenza;
c) attività di sensibilizzazione e di informazione sul tema rivolte alla cittadinanza, con particolare attenzione ai giovani e agli adolescenti e ai luoghi di lavoro pubblici e privati, al fine di favorire l’emersione del fenomeno;
d) percorsi di formazione rivolta ad operatrici e operatori che, nei diversi ambiti istituzionali, svolgono attività connesse alla prevenzione e al contrasto della violenza;
e) progetti di percorsi mirati, anche terapeutici, nei confronti degli autori degli atti di violenza.


Art. 17
Valorizzazione delle pratiche
basate sulle relazioni fra donne


1. La Regione sostiene le pratiche di accoglienza autonome e autogestite basate sulle relazioni fra donne, attribuendo la priorità alle associazioni femminili per gli interventi e le attività previste dalla presente legge e favorendone il coinvolgimento.


Art. 18
Finanziamento degli interventi


1. La Regione, nella programmazione delle politiche di cui al comma 4 dell’articolo 6 della presente legge, individua le risorse finanziarie e le modalità di finanziamento.

2. Il Piano regionale di salute e il Documento di indirizzo economico funzionale (DIEF) del Servizio sanitario regionale, unitamente al Piano regionale delle politiche sociali, individuano le misure e le risorse di propria competenza destinate all’attuazione degli interventi di cui alla presente legge.

3. La Giunta regionale può finanziare iniziative di rilevanza regionale, anche a carattere sperimentale, e definisce il concorso al finanziamento da parte delle diverse aree di policy.

4. La Giunta regionale definisce le modalità di finanziamento dei centri antiviolenza e dei programmi antiviolenza.



Art. 19
Cumulabilità dei finanziamenti


1. I finanziamenti assegnati con la presente legge sono cumulabili con quelli previsti da altri programmi europei, statali o regionali, purché non sia da questi diversamente stabilito, secondo le procedure e le modalità previste dai programmi medesimi.


Art. 20
Norma finanziaria


1. Gli oneri derivanti dalla presente legge, che si quantificano in euro 900 mila, trovano copertura a valere sugli stanziamenti già previsti a legislazione vigente sul capitolo 784010 - U.P.B. 05.02.01.

La presente legge è dichiarata urgente e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi e per gli effetti dell’ art. 53, comma 1 della L.R. 12/05/2004, n° 7 “Statuto della Regione Puglia” ed entrerà in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione Puglia.