Art. 1
Principi
1. La Regione Puglia, in coerenza con i principi
costituzionali, le leggi vigenti, le risoluzioni dell’Organizzazione delle
nazioni unite (ONU) e dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), le
risoluzioni e i programmi dell’Unione europea, riconosce che ogni forma di
violenza contro le donne rappresenta una violazione dei diritti umani
fondamentali, dell’integrità fisica e psichica, della libertà, della dignità,
della sicurezza.
2. Gli effetti della violenza di genere, di natura
fisica, sessuale, psicologica, economica e di privazione della libertà personale
costituiscono un ostacolo alla salute, al benessere, al godimento del diritto a
una cittadinanza sicura, libera e giusta, per le donne, per i minori, per le
persone con diverso orientamento sessuale, per i diversi generi.
Art. 2
Definizioni
1. Ai fini della presente legge, in conformità a quanto
previsto dall’articolo 3 della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla
prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la
violenza domestica, valgono le seguenti definizioni:
a) la “violenza contro
le donne” è una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione
contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che
provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica,
sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la
coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica -
compresi i luoghi di lavoro - che nella vita privata;
b) con il termine
“donne” sono da intendersi anche le ragazze con meno di 18 anni;
c) la
“violenza contro le donne basata sul genere” designa qualsiasi violenza diretta
contro una donna in quanto tale, quale fenomeno che colpisce le donne in modo
sproporzionato;
d) la “violenza domestica” designa tutti gli atti di
violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno
della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o
partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia
condiviso la stessa residenza con la vittima;
e) per “vittima” si intende
qualsiasi persona fisica che subisca atti o comportamenti di cui alle lettere a)
c) e d).
2. Le misure previste dalla presente legge sono poste in essere
senza alcuna discriminazione fondata sulle identità di genere, sull’orientamento
sessuale, sull’età, sulla razza, sulla lingua, sulla religione, sulle opinioni
politiche o di qualsiasi altro tipo, sulle condizioni di salute, sulla
disabilità, sullo status civile o su qualunque altra condizione.
Art. 3
Finalità
1. La Regione, nell’ambito delle attività di programmazione
di cui all’articolo
24 della legge regionale 10 luglio 2006, n. 19 (Disciplina del sistema
integrato dei servizi sociali per la dignità e il benessere delle donne e degli
uomini in Puglia), individua, fra gli obiettivi di benessere sociale da
perseguire, il contrasto e la prevenzione della violenza di genere e le misure a
sostegno delle donne e dei minori vittime di violenza e li riconosce come
priorità di intervento.
2. Con la presente legge la Regione:
a) assicura alle donne, sole o con minori, che subiscono atti
di violenza, ivi compresa la minaccia di tali atti, nel rispetto della
personale riservatezza, il diritto ad adeguati interventi di sostegno, anche
di natura economica, per consentire loro di recuperare e rafforzare la propria
autonomia, materiale e psicologica e la propria integrità fisica e la propria
dignità;
b) tutela le donne, sole o con minori, che vivono in situazioni
di disagio o difficoltà ovvero subiscono violenza o minaccia di violenza, in
tutte le sue forme, fuori o dentro la famiglia, attraverso il consolidamento
della rete dei servizi territoriali e il rafforzamento delle competenze di
tutte le professionalità che entrano in contatto con le situazioni di
violenza;
c) promuove, con il coinvolgimento degli operatori della
comunicazione, delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e delle
università, interventi di prevenzione della violenza di genere, di diffusione
della cultura della legalità, del rispetto delle differenze, dell’uguaglianza
di diritti e doveri tra i sessi, di educazione alla relazione;
d) accresce
la protezione delle vittime e l’efficacia degli interventi promuovendo
l’integrazione e la collaborazione tra tutte le istituzioni coinvolte;
e)
sostiene le attività dei centri antiviolenza;
f) favorisce l’emersione del
fenomeno della violenza di genere in tutte le sue forme.
Art. 4
Ruolo della Regione
1. La Regione, in collaborazione con gli enti locali, le
aziende sanitarie locali e gli organismi di parità, riconosce e valorizza le
pratiche di accoglienza autonome e autogestite, basate sulle relazioni tra
donne, avvalendosi delle esperienze e delle competenze espresse localmente dai
soggetti organizzati che abbiano tra i loro scopi prevalenti la lotta alla
violenza sulle donne e sui minori e la sua prevenzione.
2. La Regione
favorisce e sostiene attività di prevenzione, di tutela, di solidarietà e di
sostegno alle vittime della violenza, nonché percorsi di elaborazione culturale,
informazione e sensibilizzazione sul fenomeno della violenza contro le donne e i
minori.
3. La Regione, nell’ambito della normativa nazionale e regionale
in materia di formazione professionale, approva gli indirizzi per la formazione
specifica di operatrici e operatori del settore, valorizzando esperienze e
competenze consolidate dai centri antiviolenza e ponendo particolare attenzione
all’approccio di genere, anche al fine di favorire la condivisione di conoscenze
e abilità tra le figure professionali che operano nei servizi sia pubblici che
privati.
Art. 5
Interventi regionali
1. Per la realizzazione delle finalità della presente
legge, la Regione:
a) promuove la sottoscrizione, la valorizzazione e
l’attuazione di protocolli di intesa tra enti pubblici, istituzioni
scolastiche, forze dell’ordine, autorità giudiziaria, centri antiviolenza,
case rifugio e altri soggetti che operano nel campo del contrasto alla
violenza in coerenza con i principi della presente legge, per il
raggiungimento di obiettivi condivisi negli interventi di prevenzione,
protezione, tutela e cura;
b) promuove l’adozione di protocolli operativi
tra i soggetti di cui alla lettera a) allo scopo di rendere omogenei i
percorsi di accoglienza, ascolto, presa in carico e cura;
c) detta
indirizzi affinché i comuni forniscano adeguata assistenza alloggiativa alle
donne, sole o con minori, che versino nella necessità, segnalata dai servizi
preposti, di abbandonare il proprio ambiente familiare e abitativo, in quanto
vittime di violenza o di maltrattamenti, e che si trovino nell’impossibilità
di rientrare nell’abitazione originaria;
d) detta indirizzi affinché le
aziende ospedaliere e le aziende sanitarie locali garantiscano percorsi
privilegiati di accesso dedicati alle vittime di violenza, definendoli dal
punto di vista logistico, strutturale e procedurale, e promuovano una
formazione adeguata delle figure professionali impegnate nella fasi di
rilevazione, accoglienza e trattamento;
e) promuove la definizione di
protocolli operativi tra i soggetti preposti alla tutela e alla sicurezza
delle vittime, all’accertamento e alla repressione dei reati e all’attuazione
delle misure interdittive comminate, per favorire la permanenza delle donne e
dei minori nei loro contesti di vita;
f) contribuisce all’emersione del
fenomeno della violenza anche attraverso la pubblicazione dei dati raccolti
dall’Osservatorio delle politiche sociali;
g) ha la facoltà di costituirsi
parte civile nei procedimenti penali per femicidio e atti di violenza nei
confronti delle donne e dei minori, fatta eccezione per i procedimenti penali
relativi a violenze e molestie sui luoghi di lavoro per i quali si costituisce
la consigliera regionale di parità, devolvendo l’eventuale risarcimento in
favore delle vittime;
h) favorisce la realizzazione di progetti specifici
di trattamento per gli autori di reato, anche attraverso accordi di
collaborazione con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria;
i)
predispone, a integrazione e in coerenza con la programmazione sociale
regionale e locale, piani integrati di azione di durata triennale per il
contrasto alla violenza di genere, che prevedano il concorso al finanziamento
da parte delle diverse aree di policy coinvolte.
Art. 6
Tavolo interassessorile
1. La Regione istituisce il tavolo interassessorile al fine
di favorire la piena integrazione delle politiche regionali a sostegno delle
donne vittime di violenza e assicurare la più ampia condivisione di obiettivi,
interventi e azioni.
2. Il tavolo interassessorile è presieduto
dall’Assessore al Welfare o sua/o delegata/o ed è composto da una rappresentanza
politica e/o tecnica delle strutture regionali con responsabilità e competenze
in materia di:
a) politiche di salute, benessere sociale e pari opportunità;
b) politiche per l’istruzione, la formazione professionale e la cultura;
c) politiche di sviluppo economico, lavoro, inclusione sociale;
d)
politiche abitative, per l’urbanistica e l’assetto del territorio;
e)
politiche per l’immigrazione.
3. Partecipano al tavolo interassessorile la consigliera
regionale di parità, il/la responsabile dell’Ufficio garante di genere, il/la
Garante regionale dei diritti del minore, il/la Garante delle persone sottoposte
a misure restrittive della libertà personale.
4. Il tavolo
interassessorile:
a) formula proposte alla Giunta regionale in ordine alle
azioni e agli interventi di cui alla presente legge, con particolare
riferimento al potenziamento e alla qualificazione dei servizi per la
prevenzione e il contrasto del fenomeno, alle misure per gli inserimenti
socio-lavorativi delle donne vittime di violenza e agli interventi per
garantire adeguata assistenza economica e alloggiativa, anche avvalendosi dei
dati di monitoraggio e di analisi forniti dall’Osservatorio regionale di cui
all’articolo 14;
b) assicura l’integrazione delle risorse finanziarie
necessarie alla realizzazione degli interventi dei piani integrati di azione
di cui all’articolo 5.
Art. 7
Task-force permanente antiviolenza
1. E’ istituita la task-force permanente antiviolenza a cui
partecipano, in relazione ai temi da affrontare, rappresentanti dei centri
antiviolenza e delle case rifugio, del sistema giudiziario, penitenziario e
delle forze dell’ordine, del sistema degli enti locali, del sistema educativo,
dell’istruzione e della ricerca, delle associazioni e degli ordini professionali
interessati e del partenariato sociale e istituzionale.
2. La task-force
è coordinata dal/dalla dirigente del Servizio regionale competente, che la
convoca secondo composizione variabile, sulla base dell’ordine del giorno.
3. La task-force si dota di un disciplinare di funzionamento interno al
fine di definire le modalità di lavoro e di raccordo sia con il Tavolo
interassessorile che con i soggetti di cui al comma 1.
4. La task-force
svolge le seguenti attività:
a) individua interventi di protezione, sostegno e
reinserimento delle vittime di violenza;
b) definisce protocolli d’intesa
e protocolli operativi per la standardizzazione delle procedure di presa in
carico;
c) definisce protocolli operativi tra i soggetti preposti alla
tutela e alla sicurezza delle vittime, all’accertamento e alla repressione dei
reati e all’attuazione delle misure interdittive comminate, per favorire la
permanenza delle donne e dei minori nei loro contesti di vita;
d) analizza
i dati di monitoraggio, con il supporto dell’Osservatorio regionale di cui
all’articolo 14, al fine di individuare priorità di intervento e definire
azioni mirate;
e) individua azioni e strumenti di monitoraggio, in
collaborazione con l’Osservatorio regionale, al fine di poter rilevare
specifiche forme di violenza sommersa, quali quelle agite su donne disabili o
su persone con diverso orientamento sessuale;
f) organizza momenti di
confronto e condivisione sul tema con il partenariato sociale e istituzionale.
Art. 8
Interventi delle Autonomie locali
1. Nell’ambito delle previsioni di cui alla l.r. 19/2006, i
comuni singoli o associati in ambiti territoriali e le aziende sanitarie locali,
attraverso le rispettive articolazioni territoriali, concorrono alla
realizzazione delle attività di cui alla presente legge, in coerenza con gli
interventi regionali di cui all’articolo 5.
2. I comuni, singoli o
associati in ambiti territoriali, e le aziende sanitarie locali, tramite i
distretti sociosanitari, possono stipulare apposite convenzioni con i centri
antiviolenza e le case rifugio regolarmente autorizzati e iscritti negli
appositi registri regionali, al fine di garantire alle donne esposte alla
violenza, sole o con minori, interventi di prevenzione, protezione, tutela e
trattamento, accompagnandole nel percorso di fuoriuscita dalle situazioni di
violenza.
3. Gli enti locali individuano i bisogni formativi degli
operatori e delle operatrici che intervengono sul fenomeno, promuovono e
favoriscono la realizzazione di iniziative di aggiornamento e formazione, anche
avvalendosi della collaborazione dei centri antiviolenza.
Art. 9
Assistenza economica e alloggiativa
1. I comuni, singoli o associati, nell’ambito delle
disponibilità finanziarie rivenienti da risorse proprie di bilancio e/o dalla
programmazione finanziaria dei piani sociali di zona, garantiscono gli
inserimenti temporanei delle donne vittime di violenza presso le case
rifugio.
2. I comuni, singoli o associati, prestano assistenza economica
e alloggiativa alle donne, sole o con minori, che versino nella necessità,
segnalata dai servizi preposti, di abbandonare il proprio ambiente familiare e
abitativo, in quanto vittime di maltrattamenti o violenza, qualunque sia la
forma agita o minacciata, e che si trovino nell’impossibilità di rientrare
nell’abitazione originaria, anche in coerenza con quanto previsto dalla nuova
disciplina per l’assegnazione e la determinazione dei canoni di locazione degli
alloggi di edilizia residenziale pubblica.
Art. 10
Centri Antiviolenza
1. La Regione promuove e sostiene le attività dei centri
antiviolenza a favore delle donne, sole o con minori.
2. I centri
antiviolenza, pubblici o privati, organizzano ed erogano attività di ascolto e
accoglienza, assistenza, aiuto e sostegno rivolti a donne vittime di violenza,
sole o con minori, subita o minacciata, in qualunque forma. La metodologia di
accoglienza è basata sulla relazione tra donne. I centri offrono consulenza
legale, psicologica e sociale alle donne vittime di violenza, orientandole nella
scelta dei servizi sociosanitari e assistenziali territoriali, indirizzandone e
favorendone il percorso di reinserimento sociale e lavorativo.
3. I
centri antiviolenza svolgono attività di prevenzione attraverso interventi di
sensibilizzazione, formazione, attività culturali, in favore della comunità
sociale, rafforzando in particolare la consapevolezza degli uomini e dei ragazzi
nel processo di eliminazione di tutte le forme della violenza contro le donne.
Realizzano attività di informazione sulle fenomenologie e sulle cause della
violenza, al fine di prevenire e contrastare ogni forma di discriminazione e di
violenza fondata sull’identità di genere e/o sull’orientamento sessuale.
4. I centri antiviolenza concorrono a svolgere attività di formazione e
aggiornamento delle operatrici e degli operatori che, nei diversi ambiti di
competenza, svolgono attività connesse alla prevenzione e al contrasto della
violenza e al sostegno delle vittime.
5. I centri antiviolenza possono
essere attivati o gestiti esclusivamente da soggetti, enti, associazioni
femminili, imprese sociali, operanti sul territorio regionale, che abbiano tra i
propri scopi prevalenti la prevenzione e il contrasto della violenza su donne e
minori, che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra
donne e che operino nel pieno rispetto dei principi della presente legge.
6. I centri antiviolenza mantengono costanti e funzionali rapporti, tesi
anche a promuovere protocolli d’intesa e/o operativi, con le istituzioni e gli
enti pubblici cui compete il pronto intervento e l’assistenza, la prevenzione e
la repressione dei reati. I centri operano in stretta connessione con le case
rifugio, con i servizi per la formazione e il lavoro, con le strutture educative
e scolastiche, con l’associazionismo e le organizzazioni di volontariato attive
nel territorio.
7. A decorrere dalla data di entrata in vigore della
presente legge, i soggetti gestori dei centri antiviolenza possono ottenere
l’autorizzazione al funzionamento, prevista dal regolamento regionale 18 gennaio
2007, n. 4, attuativo della l.r. 10 luglio 2006, n. 19, a condizione di avere
maturato almeno cinque anni di esperienza nel settore specifico e di avvalersi
di personale con adeguata esperienza e formazione. I medesimi requisiti sono
richiesti ai soggetti che si candidano a gestire centri antiviolenza a
titolarità pubblica.
8. I centri antiviolenza, costituiti nel rispetto
dei requisiti comuni ai servizi, previsti dall’articolo 37 del r.r. 4/2007, sono
autorizzati con le procedure relative ai servizi di cui all’articolo 40 dello
stesso regolamento.
9. I centri antiviolenza autorizzati possono
istituire centri o punti di primo ascolto, in collaborazione con le associazioni
femminili iscritte all’albo regionale e operanti nel settore specifico, gli enti
locali e altre istituzioni.
10. Per i requisiti funzionali,
organizzativi e gestionali dei centri antiviolenza, non espressamente definiti
dalla presente legge, si fa rinvio all’articolo 107 del r.r. 4/2007.
11.
I centri antiviolenza regolarmente autorizzati al funzionamento forniscono i
dati informativi richiesti dall’Osservatorio regionale sulla violenza alle donne
e ai minori nell’ambito delle attività previste all’articolo 14.
Art. 11
Case rifugio
1. Le case rifugio sono strutture che offrono accoglienza e
protezione alle donne vittime di violenza, sole o con minori, nell’ambito di un
programma personalizzato di sostegno, di recupero e di inclusione sociale
finalizzato a ripristinare la loro autonoma individualità, nel pieno rispetto
della riservatezza e dell’anonimato.
2. Alle case rifugio è garantita la
segretezza dell’ubicazione per la sicurezza delle vittime di violenza.
3. La metodologia di accoglienza è basata sulla relazione tra donne.
4. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, i
soggetti gestori delle case rifugio possono ottenere l’autorizzazione al
funzionamento, prevista dal r.r.
4/2007, a condizione di avere maturato almeno cinque anni di esperienza nel
settore specifico e di avvalersi di personale con adeguata esperienza e
formazione. I medesimi requisiti sono richiesti ai soggetti che si candidano a
gestire le case rifugio a titolarità pubblica.
5. Le case rifugio,
costituite nel rispetto dei requisiti comuni alle strutture, previsti dall’ articolo
36 del r.r. 4/2007, sono autorizzate con le procedure previste agli articoli
38 e39
dello stesso regolamento.
6. Per i requisiti strutturali,
organizzativi e gestionali delle case rifugio si fa rinvio agli articoli
80 e 81
del r.r. 4/2007.
7. Le case rifugio regolarmente autorizzate al funzionamento
forniscono i dati informativi richiesti dall’Osservatorio regionale sulla
violenza alle donne e ai minori nell’ambito delle attività previste all’articolo
14.
Art. 12
Lavoro di rete e formazione
1. I centri antiviolenza e le case rifugio, nel rispetto
della riservatezza e dell’anonimato delle ospiti, operano in collaborazione con
la rete dei servizi sociali e sanitari territoriali e con le forze dell’ordine,
al fine di garantire la massima sicurezza e protezione alle donne che subiscono
violenza, sole o con figli minori, e un percorso di presa in carico integrata e
globale.
2. I percorsi di formazione e di aggiornamento delle figure
professionali che operano nel settore seguono un approccio integrato alle
fenomenologie della violenza, al fine di garantire il riconoscimento delle
diverse dimensioni della violenza subita dalle donne a livello relazionale,
fisico, psicologico, sociale, culturale o economico e la loro riconducibilità
alle diseguaglianze di genere. I percorsi di formazione e di aggiornamento
promuovono l’integrazione fra le figure professionali del pubblico e del
privato.
Art. 13
Linee guida regionali in materia di
maltrattamento e violenza
in danno dei minori
1. La Regione adotta, entro centottanta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge, le “Linee guida regionali in materia
di maltrattamento e violenza in danno dei minori”, allo scopo di garantire i
loro diritti contro ogni forma di maltrattamento, violenza, ivi compresa la
violenza assistita, sfruttamento, a salvaguardia del loro sviluppo fisico,
psicologico, cognitivo, spirituale, morale e sociale e di fornire orientamenti
organizzativi e operativi agli operatori dei servizi territoriali,
socio-sanitari, scolastici ed educativi, per realizzare interventi tempestivi,
uniformi, integrati, nei diversi settori di intervento.
Art. 14
Osservatorio regionale
sulla violenza alle donne
e ai minori
1. Nell’ambito dell’Osservatorio regionale delle Politiche
sociali, di cui all’ articolo
14 della l.r. 19/2006, è istituita la sezione “Osservatorio regionale sulla
violenza alle donne e ai minori”, di seguito Osservatorio.
2.
L’Osservatorio si avvale della collaborazione di tutti i soggetti che sul
territorio rappresentano punti di osservazione del fenomeno.
3.
L’Osservatorio predispone idonei strumenti e realizza le attività di
monitoraggio attraverso la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati forniti
da tutti i soggetti operanti nel settore, al fine di sviluppare la conoscenza
delle problematiche relative alla violenza sulle donne e sui minori e
armonizzare le varie metodologie di intervento adottate nel territorio.
Art. 15
Comunicazione e rapporti con i media
1. La Regione promuove forme di partenariato e di
collaborazione con i soggetti che operano nell’ambito dell’informazione e della
comunicazione per l’adozione di modelli comunicativi che:
a) non contengano immagini o rappresentazioni di violenza
contro le donne e i minori o che incitino ad atti di violenza;
b) non
utilizzino linguaggio discriminatorio, deformante rispetto alla realtà,
oltraggioso e offensivo delle identità di genere;
c) trasmettano messaggi
pertinenti e non fuorvianti rispetto alla trattazione dei casi di violenza;
d) non utilizzino il corpo delle donne e dei minori in modo offensivo
della dignità della persona;
e) non assimilino l’immagine o parti del
corpo ad oggetti o ai prodotti pubblicizzati;
f) non accompagnino
l’immagine delle donne e dei generi tutti ad altra immagine che richiami o
evochi atti o attributi sessuali;
g) non trasmettano messaggi pubblicitari
discriminatori o degradanti basati sul genere e sugli stereotipi di genere
sotto qualunque forma;
h) siano attenti alla rappresentazione dei generi,
rispettosi dell’identità di uomini e donne, coerenti con l’evoluzione dei
ruoli nella società.
2. La Regione, anche attraverso le attività promosse
dall’Osservatorio sulla comunicazione di genere, realizza azioni di monitoraggio
dei modelli comunicativi e promuove il confronto e la formazione sul tema.
Art. 16
Programmi antiviolenza
1. La Regione sostiene programmi antiviolenza a favore
delle donne vittime di violenza, sole o con minori, finalizzati all’accoglienza,
al sostegno e all’accompagnamento, tramite percorsi personalizzati, con
l’obiettivo di supportarle durante tutto il percorso di fuoriuscita dalla
violenza medesima.
2. I programmi antiviolenza integrano quanto già
previsto dai locali piani sociali di zona o da altre misure specifiche di
intervento.
3. I programmi antiviolenza possono essere presentati dai
centri antiviolenza, regolarmente autorizzati al funzionamento e iscritti nel
registro regionale, anche in partenariato con gli enti locali, con le aziende
sanitarie locali, con altri enti pubblici, con gli organismi di parità, con i
servizi per l’impiego e con le associazioni femminili, iscritte all’albo
regionale e operanti nel settore specifico, e le imprese sociali che abbiano tra
i propri scopi prevalenti il contrasto alla violenza su donne e minori.
4. I programmi antiviolenza prevedono:
a) progetti di presa in carico individualizzati volti al
superamento della situazione di disagio derivante dalla violenza subita, al
reinserimento socio-lavorativo, all’accompagnamento verso percorsi di
autonomia e di autodeterminazione;
b) percorsi di ospitalità per le donne,
sole o con minori, che si trovino in situazioni di pericolo per l’incolumità
psichica e/o fisica propria e/o dei minori, finalizzati a garantire, insieme
all’accoglienza di emergenza, un progetto personalizzato complessivo volto al
superamento della situazione di disagio e alla fuoriuscita dalla violenza;
c) attività di sensibilizzazione e di informazione sul tema rivolte alla
cittadinanza, con particolare attenzione ai giovani e agli adolescenti e ai
luoghi di lavoro pubblici e privati, al fine di favorire l’emersione del
fenomeno;
d) percorsi di formazione rivolta ad operatrici e operatori che,
nei diversi ambiti istituzionali, svolgono attività connesse alla prevenzione
e al contrasto della violenza;
e) progetti di percorsi mirati, anche
terapeutici, nei confronti degli autori degli atti di violenza.
Art. 17
Valorizzazione delle pratiche
basate sulle
relazioni fra donne
1. La Regione sostiene le pratiche di accoglienza autonome
e autogestite basate sulle relazioni fra donne, attribuendo la priorità alle
associazioni femminili per gli interventi e le attività previste dalla presente
legge e favorendone il coinvolgimento.
Art. 18
Finanziamento degli interventi
1. La Regione, nella programmazione delle politiche di cui
al comma 4 dell’articolo 6 della presente legge, individua le risorse
finanziarie e le modalità di finanziamento.
2. Il Piano regionale di
salute e il Documento di indirizzo economico funzionale (DIEF) del Servizio
sanitario regionale, unitamente al Piano regionale delle politiche sociali,
individuano le misure e le risorse di propria competenza destinate
all’attuazione degli interventi di cui alla presente legge.
3. La Giunta
regionale può finanziare iniziative di rilevanza regionale, anche a carattere
sperimentale, e definisce il concorso al finanziamento da parte delle diverse
aree di policy.
4. La Giunta regionale definisce le modalità di
finanziamento dei centri antiviolenza e dei programmi antiviolenza.
Art. 19
Cumulabilità dei finanziamenti
1. I finanziamenti assegnati con la presente legge sono
cumulabili con quelli previsti da altri programmi europei, statali o regionali,
purché non sia da questi diversamente stabilito, secondo le procedure e le
modalità previste dai programmi medesimi.
Art. 20
Norma finanziaria
1. Gli oneri derivanti dalla presente legge, che si
quantificano in euro 900 mila, trovano copertura a valere sugli stanziamenti già
previsti a legislazione vigente sul capitolo 784010 - U.P.B. 05.02.01.
La presente legge è dichiarata urgente e sarà pubblicata sul
Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi e per gli effetti dell’ art.
53, comma 1 della L.R. 12/05/2004, n° 7 “Statuto della Regione Puglia” ed
entrerà in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. E’ fatto obbligo a
chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione Puglia.