TITOLO
I
PRINCIPI
E FINALITA’
Art. 1
(Principi)
1.
La Regione Puglia opera affinché le proprie politiche e i relativi interventi di
attuazione siano ispirati ai seguenti principi:
a)
universalità
dell’esercizio dei diritti di cittadinanza di donne e uomini nel rispetto delle
culture di appartenenza;
b)
equità
nella distribuzione delle risorse, dei poteri e delle responsabilità tra i sessi
e tra le generazioni;
c)
rispetto
delle identità e valorizzazione delle differenze di genere, cultura e religione;
d)
garanzia
della partecipazione delle donne alla vita politica, economica, sociale,
culturale e civile della comunità regionale e delle comunità locali.
2.
La Regione coordina sul territorio un programma di interventi volto a promuovere
la condivisione e l’attuazione di tali principi presso tutte le amministrazioni
locali della Puglia.
3.
La presente legge interviene in attuazione:
a)
della
Costituzione italiana;
b)
del
Trattato che istituisce la Comunità europea;
c)
della
Convenzione di Pechino per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione
contro le donne;
d)
della
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;
e)
della
legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della
paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei
tempi delle città);
f)
dello
Statuto regionale;
g)
della
legge
regionale 10 luglio 2006, n. 19
(Disciplina del sistema integrato dei servizi sociali per la dignità e il
benessere delle donne e degli uomini di Puglia);
h)
della
legge
regionale 9 giugno 1980, n. 70
(Istituzione della Consulta regionale femminile);
i)
della
legge
regionale 30 aprile 1990, n. 16
(Commissione regionale per le pari opportunità fra uomo e donna in materia di
lavoro).
Art. 2
(Finalità)
1.
Al fine di favorire l’affermazione di una nuova cittadinanza solidale che
valorizzi le differenze di genere e in attuazione dei principi enunciati
nell’articolo 1, la Regione, nell’ambito delle proprie competenze e in raccordo
con le istituzioni regionali di parità, persegue le seguenti finalità:
a)
integrare
la dimensione di genere nella programmazione, attuazione e valutazione delle
strategie di sviluppo regionale;
b)
favorire
la qualità della vita attraverso la conciliazione dei tempi di lavoro, di
relazione, di cura parentale, di formazione e del tempo per sé;
c)
promuovere
e sostenere iniziative di sensibilizzazione, trasferimento e scambio di buone
pratiche volte a favorire il cambiamento verso una cittadinanza sessuata ovvero
attenta alle differenze di genere e per la rimozione di ogni forma di violenza e
abuso contro le donne;
d)
promuovere
il valore sociale della maternità attraverso interventi di sostegno alla
maternità consapevole e alla cultura della maternità e della paternità e
favorire la condivisione delle responsabilità tra i genitori nei confronti dei
figli attraverso il consolidamento di alleanze tra generi e generazioni, in
coerenza con quanto previsto dalla l.r. 19/2006;
e)
promuovere
la partecipazione delle donne nei luoghi di decisione sia in ambito pubblico che
privato, nelle assemblee elettive e nei luoghi di governo, negli enti, negli
organi e in tutti gli incarichi di nomina del Consiglio e della Giunta
regionale;
f)
promuovere
l’impiego qualificato delle donne nelle pubbliche amministrazioni e nelle
imprese private quale forma di attuazione di principio di responsabilità
sociale, favorendone la progressione di carriera e la presenza negli organi di
direzione;
g)
promuovere
l’imprenditorialità femminile, attività di accompagnamento allo start-up di
nuove imprese e azioni di formazione per le donne imprenditrici anche in
collaborazione con le associazioni datoriali;
h)
promuovere
lo sviluppo e la diffusione della società dell’informazione favorendo l’uso
delle nuove tecnologie della comunicazione anche attraverso l’incentivazione di
forme organizzative che adottino il telelavoro;
i)
promuovere
iniziative di sostegno per le donne migranti o appartenenti a minoranze etniche
che ne favoriscano l’integrazione nella vita economica, sociale, politica,
culturale e civile;
j)
promuovere
e sostenere iniziative volte a superare gli stereotipi di genere;
k)
promuovere
ricerche, studi e la raccolta sistematica di documentazione e di dati statistici
disaggregati per genere sulla condizione femminile, sulle discriminazioni, con
particolare riguardo ai fenomeni di discriminazione multipla, nonché sui
fenomeni di violenza contro le donne, garantendone la divulgazione.
TITOLO II
COORDINAMENTO DEI TEMPI DELLE CITTÀ
Art.
3
(Ambito
e obiettivi)
1.
La
Regione Puglia favorisce la qualificazione di programmi di azione per lo
sviluppo economico, lo sviluppo urbano sostenibile e l’inclusione sociale,
promuovendo il coordinamento dei tempi e degli orari nonché il monitoraggio
sulla qualità progettuale e gestionale degli spazi delle città, al fine di
sostenere le pari opportunità fra uomini e donne e di favorire la qualità della
vita attraverso la conciliazione dei tempi di lavoro, di relazione, di cura
parentale, di formazione e del tempo per sé delle persone che risiedono sul
territorio regionale, anche temporaneamente, e promuove l’uso del tempo per fini
di solidarietà sociale, impegno sociale e politico.
2.
La presente legge interviene nel rispetto delle disposizioni di cui ai capi I e
VII della L. 53/2000 e dell’articolo 50, comma 7, del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento
degli enti locali).
Art. 4
(Compiti
della Regione)
1.
Le politiche di coordinamento dei tempi e degli spazi di cui all’articolo 3 si
articolano nei livelli regionale, provinciale e comunale.
2.
La Regione, nel perseguire gli obiettivi di cui all’articolo 3 e nel rispetto
dei criteri generali di cui all’articolo 9, integra le politiche temporali nei
propri strumenti di pianificazione e programmazione generali e settoriali e
promuove l’adozione da parte dei comuni dei piani territoriali degli orari, dei
tempi e degli spazi.
3.
La Giunta regionale stabilisce, entro centottanta giorni dalla data di entrata
in vigore della presente legge, con regolamento (1) , i
criteri e le modalità per la predisposizione e l’attuazione dei piani
territoriali degli orari e degli spazi e per la costituzione, la promozione e il
sostegno delle banche dei tempi di cui all’articolo 27 della l. 53/2000, nonché
per il monitoraggio e la valutazione degli interventi.
4.
A tale scopo, la Giunta regionale istituisce, entro trenta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, un gruppo di lavoro interassessorile di
coordinamento presieduto dall’Assessore alla solidarietà o suo delegato e
composto dagli Assessori con delega all’urbanistica, alla sanità, ai trasporti,
al lavoro e politiche formative, allo sviluppo economico, alla cultura e alla
programmazione o loro delegati, e dall’Ufficio garante di genere di cui
all’articolo 17 e dagli Uffici di presidenza della Commissione pari opportunità
e della Consulta regionale femminile. Tale gruppo di lavoro può avvalersi
dell’apporto specialistico di esperti in progettazione urbana, analisi delle
organizzazioni, progettazione sociale, comunicazione sociale, politiche del
lavoro e della formazione, con compiti consultivi in ordine al coordinamento
degli orari della città, nonché alla valutazione dei risultati e degli impatti
sulle comunità locali dei piani territoriali degli orari, dei tempi e degli
spazi.
5.
La Regione promuove, di concerto con la Consigliera regionale di parità, la
costituzione di un tavolo permanente di partenariato sulle politiche di genere,
quale luogo di confronto tra i componenti del gruppo di lavoro di cui al comma 4
e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, delle associazioni di
categoria e delle associazioni datoriali, delle istituzioni regionali di parità,
delle associazioni delle autonomie locali e del terzo settore, al fine di
favorire un’intesa in merito all’applicazione della presente legge.
6.
La Giunta regionale, sentite le organizzazioni di cui al comma 5, entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge definisce la
composizione, i compiti e le modalità di funzionamento del tavolo permanente di
partenariato sulle politiche di genere.
7.
La Regione promuove corsi di qualificazione e riqualificazione del personale
impiegato nella progettazione dei piani territoriali degli orari, dei tempi e
degli spazi e nei progetti di riorganizzazione dei servizi.
8.
La Regione, ricevuti i piani territoriali dei tempi dai Comuni, li trasmette al
Comitato interministeriale per la programmazione economica, indicandone, ai soli
fini dell’articolo 28 della l. 53/2000, l’ordine di priorità.
(1) Vedi, al riguardo, il Reg.
11 novembre 2008, n. 21.
Art. 5
(Compiti
delle province)
1.
Le province, nel perseguire gli obiettivi di cui all’articolo 3 e nel rispetto
dei criteri generali di cui all’articolo 9, integrano le politiche temporali nei
propri strumenti di pianificazione e programmazione generali e settoriali e
partecipano, attraverso i tavoli di concertazione e gli strumenti regionali di
programmazione negoziata, all’attuazione e verifica dei piani territoriali degli
orari, dei tempi e degli spazi.
2.
Le province concorrono alla realizzazione dei corsi di qualificazione e di
formazione del personale degli enti locali coinvolto nella progettazione dei
piani territoriali degli orari, dei tempi e degli spazi e nella loro attuazione,
nonché nella organizzazione del sistema integrato dei servizi per l’inclusione
sociale, soprattutto a favore delle pari opportunità di genere, a livello
territoriale.
3.
Le province, mediante gli Osservatori provinciali delle politiche sociali,
concorrono alle azioni di monitoraggio periodico sullo stato di attuazione delle
politiche per il coordinamento e l’amministrazione dei tempi e degli orari nelle
città e negli ambiti territoriali e intervengono a sostegno della diffusione
delle buone pratiche in questo ambito di intervento.
4.
Le Consigliere provinciali di parità e l’Ufficio di presidenza della Commissione
pari opportunità partecipano, quali componenti effettive, al coordinamento
interistituzionale provinciale di cui all’articolo 17
della l.r.
19/2006.
Art. 6
(Compiti
dei comuni)
1.
I comuni, nel perseguire gli obiettivi di cui all’articolo 3 e nel rispetto dei
criteri generali di cui all’articolo 9 e degli indirizzi regionali, definiscono
e approvano i piani territoriali degli orari, dei tempi e degli spazi e
provvedono agli atti gestionali necessari, in modo integrato con le rispettive
programmazioni delle politiche sociali, di cui ai piani sociali di zona, sentita
la Commissione pari opportunità, nel pieno rispetto del principio di
concertazione con le parti sociali e gli altri agenti territoriali.
2.
I comuni, nell’ambito delle rispettive competenze, promuovono la sperimentazione
e la diffusione di iniziative per l’armonizzazione dei tempi e degli orari delle
città, nonché le iniziative a sostegno del mutuo aiuto familiare e di
sensibilizzazione rispetto ai temi connessi al perseguimento degli obiettivi di
cui all’articolo 3.
3.
L’inosservanza degli adempimenti di cui al comma 1 dà luogo all’esercizio del
potere sostitutivo della Regione ai sensi dell’articolo 18,
lettera r), della l.r.
19/2006.
4.
I comuni possono istituire gli Uffici tempi e spazi della città, quali strutture
interne all’amministrazione, con funzioni di gestione, consulenza e
coordinamento degli interventi e con il fine di garantire a tutti i cittadini un
migliore rapporto con l’ente, i suoi servizi e, in generale, un più efficace
autogoverno del tempo individuale e una più vantaggiosa fruizione degli spazi
pubblici.
Art. 7
(Compiti
delle altre amministrazioni)
1.
Le pubbliche amministrazioni con uffici centrali o periferici sul territorio
regionale si conformano agli obiettivi di cui all’articolo 3, comma
1, in
attuazione dell’articolo 26, comma 1, della l. 53/2000 e dell’articolo 2,
comma 1, lettera e), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme
generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche).
Art. 8
(Principi
di cooperazione e di sussidiarietà)
1.
L’esercizio delle funzioni in materia di coordinamento e amministrazione dei
tempi e degli orari e di monitoraggio sulla qualità progettuale e gestionale
degli spazi si attua nel rispetto del principio di coordinamento e leale
cooperazione fra i livelli di cui all’articolo 4, comma 1, nonché del principio
di sussidiarietà.
2.
Gli strumenti regionali e provinciali di cui agli articoli 4 e 5 forniscono gli
indirizzi che, sulla base dei principi di sussidiarietà verticale,
differenziazione e adeguatezza, sono essenziali per assicurare l’esercizio
unitario delle funzioni a livello regionale o provinciale.
3.
Nella predisposizione dei piani territoriali degli orari e degli indirizzi di
cui al comma 2, sono coinvolti i soggetti sociali e istituzionali, pubblici e
privati, che abbiano un ruolo rilevante in materia, ivi compresi gli organismi
che promuovono le pari opportunità tra uomini e donne nei rispettivi territori
di riferimento, il cui parere deve essere acquisito preventivamente, come
precisato nel comma 4 dell’articolo 10.
Art. 9
(Criteri
generali di coordinamento e amministrazione
dei tempi e degli orari)
1.
I comuni, nel rispetto della l. 53/2000, realizzano il coordinamento e
l’amministrazione degli orari dei servizi pubblici, di pubblico interesse o
generale, ivi compresi gli uffici centrali e periferici delle amministrazioni
pubbliche, gli esercizi commerciali e i pubblici esercizi, le attività di
trasporto, socio-sanitarie, di formazione e istruzione, culturali, sportive,
turistiche e di spettacolo.
2.
Ai fini di cui al comma 1, i comuni redigono i piani territoriali degli orari
attenendosi ai seguenti criteri generali:
a)
accessibilità
e fruibilità temporale dei servizi pubblici e privati, promovendo il
coordinamento tra orari e localizzazione dei servizi, favorendo la pluralità di
offerta, agevolando l’accesso all’informazione con particolare riguardo alle
aree urbane e alle aree a rischio di spopolamento;
b)
accessibilità
e fruibilità degli orari dei servizi socio-educativi, assistenziali e sanitari,
per durata media e per articolazione giornaliera, funzionali agli orari delle
attività lavorative prevalenti sul territorio, nel rispetto di quanto previsto
dal regolamento
regionale 18 gennaio 2007, n. 4,
attuativo della l.r.
19/2006;
c)
corrispondenza
degli orari e della frequenza dei trasporti pubblici con le esigenze di
razionalizzazione della mobilità urbana ed extraurbana, anche attraverso
l’utilizzo di forme di mobilità alternative all’uso dell’auto privata;
d)
organizzazione
degli orari di biblioteche, musei ed enti culturali in modo da consentirne
un’ampia fruizione, mediante l’aumento della durata giornaliera di apertura,
anche con estensione alle fasce serali, e della durata settimanale di tutti i
mesi dell’anno;
e)
riqualificazione
degli spazi urbani per migliorare i circuiti di socialità e promuovere percorsi
di mobilità attenti alle pratiche di vita quotidiana delle diverse fasce di età,
anche attraverso l’utilizzo della progettazione partecipata quale buona prassi
per il recupero di aree periferiche e/o degradate e per un nuovo organico
rapporto tra cittadinanza e territorio;
f)
l’uso
del tempo per fini di reciproca solidarietà e interesse, favorendo e
promuovendo, in particolare, la costituzione di associazioni per la gestione
delle “banche del tempo”.
Art. 10
(Criteri
per l’adozione dei piani territoriali degli orari)
1.
Il piano territoriale degli orari è lo strumento di indirizzo strategico che, a
livello di ambito territoriale, così come individuato dall’articolo 5
della l.r.
19/2006,
ovvero a livello comunale, realizza il coordinamento e l’amministrazione degli
orari. I comuni, nella redazione dei piani territoriali degli orari, si
attengono ai criteri di cui all’articolo 9, comma 2.
2.
Il piano territoriale degli orari indica le modalità di raccordo con gli
strumenti generali e settoriali di programmazione e pianificazione del
territorio di riferimento e si articola in politiche e progetti, anche
sperimentali o graduali.
3.
Il piano territoriale, per ciascuno dei progetti o degli interventi proposti,
indica:
a)
l’ambito
territoriale di applicazione;
b)
le
esigenze e le criticità alle quali s’intende dare risposta;
c)
le
misure previste per raggiungere gli obiettivi;
d)
il
partenariato attivato e gli attori coinvolti;
e)
i
target di destinatari per le singole azioni previste;
f)
gli
adempimenti necessari per l’attuazione, il cronoprogramma delle attività e il
piano finanziario;
g)
le
modalità di integrazione con gli interventi e i servizi del sistema integrato di
welfare locale;
h)
le
modalità di gestione, controllo e monitoraggio sull’attuazione delle misure;
i)
le
azioni di informazione e comunicazione che verranno promosse per diffondere la
conoscenza degli strumenti e dei servizi adottati.
4.
Il piano è adottato di norma dal coordinamento istituzionale dell’ambito
territoriale, ovvero altro organismo istituito per la gestione associata
dell’ambito territoriale, così come individuati dell’articolo 5
della l.r.
19/2006
e in coerenza con la forma di gestione associata adottata dai comuni, previo
parere obbligatorio dei comitati pari opportunità degli enti pubblici e privati
interessati dagli interventi del piano e approvazione da parte di ciascun comune
dell’ambito territoriale.
5.
Le città capoluogo obbligatoriamente e tutti i comuni che vogliano accedere ai
contributi di cui all’articolo 11 devono concertare la riorganizzazione
territoriale degli orari a livello di ambito territoriale di cui all’articolo 5
della l.r.
19/2006
e devono assicurarne la piena integrazione con gli interventi e i servizi
previsti nel piano sociale di zona nonché promuoverne l’adozione con le stesse
modalità di progettazione partecipata previste per il piano di zona nel
regol. reg.
4/2007.
6.
I comuni inviano alla Regione e alla provincia di riferimento il piano
territoriale degli orari approvato e predispongono gli atti gestionali necessari
alla sua attuazione, garantendo modalità di lavoro intersettoriali tali da
assicurare il coinvolgimento di tutti gli assessorati interessati dagli
interventi previsti.
Art. 11
(Contributi
economici per i piani territoriali degli orari)
1.
La Giunta regionale, al fine di concedere contributi agli ambiti territoriali
per la progettazione e l’attuazione dei piani territoriali degli orari, può
individuare le risorse finanziarie a valere sui fondi nazionali e comunitari per
quanto riguarda gli investimenti e le categorie di spesa ammissibili.
2.
Ai fini dell’assegnazione dei contributi, sono considerati in via prioritaria i
piani che contemplano le seguenti tipologie di progetti:
a)
progetti
che favoriscano l’accessibilità delle informazioni e dei servizi della pubblica
amministrazione, anche attraverso la semplificazione delle procedure e
l’introduzione di servizi informatizzati e connessi in rete;
b)
progetti
che coinvolgano il sistema scolastico e definiscano nuove articolazioni degli
orari di apertura e chiusura e di utilizzo degli spazi, anche con il supporto
delle famiglie, con l’obiettivo ulteriore di combattere la dispersione
scolastica, favorire l’inclusione sociale, prevenire forme di violenza
giovanile;
c)
progetti
finalizzati alla promozione della partecipazione al recupero di aree urbane
periferiche e/o degradate da parte di bambini, anziani, nuclei familiari;
d)
progetti
in grado di promuovere una nuova articolazione degli orari e di utilizzo degli
spazi attraverso la valorizzazione delle differenze nelle abilità e nelle
culture;
e)
progetti
che prevedano, tra gli altri interventi, la creazione di strutture permanenti
per l’informazione sulle politiche dei tempi della città/ambito territoriale e
sui servizi per le politiche di pari opportunità quali ad esempio i centri di
conciliazione;
f)
progetti
che prevedano interventi a favore di piccoli comuni e territori a rischio di
spopolamento;
g)
progetti
che, attraverso politiche temporali, contribuiscano alla riduzione delle
emissioni di gas inquinanti nel settore dei trasporti;
h)
altri
progetti, in ogni caso dotati dei requisiti di cui all’articolo 10, promossi dai
soggetti di cui al comma 3.
3.
L’analisi e la valutazione delle domande di contributo sono svolte dal gruppo di
lavoro interassessorile di cui al comma 4 dell’articolo 4.
Art. 12
(Contributi
regionali per la costituzione,la promozione e il sostegno delle banche dei
tempi)
l.
La Regione, in ottemperanza alle finalità di cui all’articolo 2, comma 1,
lettera b), sostiene la promozione da parte dei comuni di associazioni
denominate “banche dei tempi” aventi esclusivamente gli scopi indicati
dall’articolo 27, comma 1, della l. 53/2000 e operanti nel territorio regionale.
2.
Per le finalità di cui al comma 1, la Regione, ai sensi dell’articolo 8, può
erogare annualmente contributi ai comuni che:
a)
promuovano
e sostengano la costituzione di banche dei tempi disponendo a loro favore locali
e strumenti in comodato d’uso, ovvero servizi;
b)
organizzino
una costante attività di promozione e informazione dell’esistenza e
dell’attività svolta dalle banche dei tempi, anche mediante l’inserimento di
spazi su siti on-line o su altri mezzi di comunicazione;
c)
organizzino
la formazione dei soggetti aderenti alle associazioni banche dei tempi.
3.
La Giunta regionale, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
legge di bilancio, determina i criteri e le modalità di erogazione dei
contributi di cui al comma 2.
Art. 13
(Obblighi
dei beneficiari dei contributi)
1.
La concessione dei contributi di cui agli articoli 4 e 11 comporta per i comuni
l’obbligo di realizzare le iniziative sovvenzionate dalla Regione.
2.
I Comuni sono, altresì, tenuti a presentare idoneo resoconto sull’utilizzo dei
finanziamenti percepiti nell’anno precedente.
3.
Il corretto rendiconto costituisce elemento determinante per la concessione dei
contributi successivi.
Art. 14
(Attività
di promozione, ricerca e formazione)
1.
La Giunta regionale, sentita la Commissione pari opportunità, promuove e
realizza, anche di concerto con le province, attività di informazione e
comunicazione volte a favorire l’esercizio delle funzioni in materia di
coordinamento e amministrazione dei tempi e degli orari, nonché a diffondere la
conoscenza delle buone prassi adottate.
2.
La Giunta regionale, sentita la Commissione pari opportunità, promuove azioni di
ricerca volte a migliorare le conoscenze scientifiche e specialistiche in
materia di politiche temporali, anche mediante accordi con il sistema
universitario.
3.
La Giunta regionale, sentita la Commissione pari opportunità, promuove e
realizza, in collaborazione con le province, corsi di formazione specialistica
di qualificazione e riqualificazione rivolti agli operatori e al personale
impegnati nella progettazione e attuazione dei piani territoriali degli orari,
avvalendosi anche dell’apporto degli organismi di pari opportunità esistenti sul
territorio.
TITOLO
III
INTERVENTI
A SOSTEGNO DELL’EQUA DISTRIBUZIONE DEL LAVORO DI CURA TRA I SESSI E DI
PROMOZIONE DEL VALORE SOCIALE DELLA MATERNITÀ E DELLA PATERNITÀ
Art. 15
(Iniziative
regionali per la costituzione di patti sociali territoriali di genere) (2)
1.
In
coerenza con quanto previsto dagli articoli 23,
24
e 28
della l.r.
19/2006 e in attuazione dell’articolo 9 della l. 53/2000, come sostituito
dal comma 1254 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la Regione
promuove, nell’ambito del percorso per la stesura e approvazione del piano
sociale di zona, la stipula di accordi territoriali, denominati “patti sociali
di genere”, tra province, comuni, organizzazioni sindacali e imprenditoriali,
sistema scolastico, aziende sanitarie locali e consultori per azioni a sostegno
della maternità e della paternità e per sperimentare formule di organizzazione
dell’orario di lavoro nelle pubbliche amministrazioni e nelle imprese private
che favoriscano la riconciliazione tra vita professionale e vita privata e
promuovano un’equa distribuzione del lavoro di cura tra i sessi.
2.
I patti sociali di genere sono volti a:
a)
promuovere
e divulgare con azioni mirate la cultura della conciliazione e la
corresponsabilizzazione dei padri nella cura e nella crescita dei figli e nei
lavori di cura;
b)
promuovere
e diffondere l’utilizzo dei congedi di maternità e parentali in una logica
territoriale di equilibrio tra la fruizione dei congedi e la disponibilità di
servizi di cura;
c)
incrementare
la quantità e la qualità dei servizi alla persona disponibili sul territorio
regionale in osservanza delle disposizioni del regol. reg. 4/2007;
d)
garantire
il valore sociale della maternità e della paternità e sostenere la genitorialità
come scelta consapevole soprattutto presso le fasce più deboli della popolazione
pugliese attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione;
e)
promuovere
processi di contrattazione decentrata per estendere alle lavoratrici e ai
lavoratori precari le tutele riconosciute ai lavoratori a tempo indeterminato;
f)
promuovere
corsi di aggiornamento per donne e uomini che rientrano dopo il congedo
obbligatorio e facoltativo di maternità e parentale;
g)
favorire
l’utilizzo del part-time per motivi parentali anche attraverso l’attivazione di
meccanismi di incentivazione economica;
h)
favorire
l’inserimento lavorativo delle donne in particolari condizioni di disagio, quali
madri sole con figli minori di tre anni, donne immigrate, famiglie monoparentali
con carichi di cura;
i)
realizzare
progetti di formazione dei lavoratori che, sulla base di accordi contrattuali,
prevedano quote di riduzione dell’orario di lavoro, nonché progetti di
formazione presentati direttamente dai lavoratori di cui all’articolo 6 della l.
53/2000.
(2) Con Delib.G.R. 15
dicembre 2009, n. 2473 sono state approvate, ai sensi del presente
articolo, le linee-guida e lo schema di protocollo d'intesa con l'Ufficio della
Consigliera regionale di parità.(Allegata)
Art. 16
(Strumenti
per la costituzione dei patti sociali territoriali di genere)
1.
Al fine di perseguire gli obiettivi di cui all’articolo 15, comma 2, la Giunta
regionale può promuovere la massima integrazione tra le risorse finanziarie
comunitarie per quanto riguarda gli investimenti, le risorse nazionali destinate
alle politiche di conciliazione e di inclusione, altre risorse locali
finalizzate al perseguimento degli stessi scopi e le risorse apportate dal
sistema degli enti locali, delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali.
2.
Per quanto previsto al comma 1, il gruppo di lavoro interassessorile di cui
all’articolo 4, comma 4, sentito il tavolo permanente di partenariato per le
politiche di genere, definisce apposite linee guida per l’accompagnamento agli
ambiti territoriali alla definizione dei progetti mirati di cui alla presente
legge.
3.
Le linee guida di cui al comma 2 definiscono anche le modalità del concorso
all’attuazione degli obiettivi di cui alla presente legge da parte delle
organizzazioni del volontariato e della cooperazione sociale, degli ordini e
delle associazioni professionali, delle associazioni di categoria, delle
associazioni e dei movimenti femminili iscritti all’albo di cui all’articolo 22.
TITOLO IV
INTEGRAZIONE DELLE POLITICHE
DI GENERE NELLA REGIONE
PUGLIA
Art. 17
(Integrazione
di genere in tutte le attività regionali e sistema di
governo)
1.
La Giunta regionale dà attuazione alla presente legge in coerenza con il
principio comunitario del “doppio binario”, ovvero attraverso l’adozione di
specifici provvedimenti, nonché attraverso l’integrazione trasversale dei
principi di pari opportunità di genere (mainstreaming di genere)
nell’adozione ed esecuzione delle disposizioni normative, nella definizione
delle politiche e in tutte le attività regionali.
2.
Allo scopo di cui al comma 1 istituisce l’Ufficio garante di genere, la cui
responsabilità è affidata a un dirigente dell’Assessorato alla solidarietà, con
la funzione di integrare la dimensione di genere e di fornire una valutazione di
merito sui programmi e gli atti di indirizzo regionali, con riferimento
all’applicazione dei principi di pari opportunità e della dimensione di genere
in tutti i principali atti regionali. L’Ufficio garante di genere svolge, sulla
base dei criteri definiti dalla Giunta regionale, attività di monitoraggio e
valutazione sull’attuazione della presente legge, riconducendone i risultati
all’interno del bilancio di genere.
3.
Per il perseguimento degli obiettivi della presente legge è prevista
l’integrazione funzionale tra il “Centro risorse regionale per l’integrazione
delle donne nella vita economica e sociale”, creato attraverso il progetto
WEFNET. cofinanziato dal Programma d’iniziativa comunitaria (PIC) INTERREG III B
CADSES, di cui l’Assessorato al lavoro è capofila, l’Ufficio garante di genere e
le istituzioni regionali di parità al fine di accrescere le conoscenze e le
capacità progettuali di amministratori di enti pubblici e di operatori impegnati
nella promozione delle politiche di genere. Il Centro risorse regionale per le
donne, coordinato dall’Ufficio garante di genere, rappresenta il momento di
raccordo delle istituzioni di parità regionali ed è composto dalla Commissione
pari opportunità, dalla Consulta femminile, dalla Consigliera di parità
regionale, dal Comitato pari opportunità della Regione Puglia e dal Gruppo di
animazione delle pari opportunità per i fondi strutturali.
4.
Il Centro risorse regionale per le donne svolge attività di informazione,
animazione, raccordo con gli organismi di parità del territorio e supporto alla
progettazione rivolta in particolare agli organismi di parità, ai servizi di
consulenza rivolti alle donne, anche con l’obiettivo di promuovere progetti di
sviluppo locale che favoriscano l’inserimento delle donne nella vita economica e
sociale.
5.
Il Centro risorse regionale per le donne all’atto del proprio insediamento si
dota di apposito regolamento di organizzazione.
6.
Il Centro risorse regionale per le donne predispone annualmente la relazione
sull’attività svolta e il documento programmatico per l’anno successivo
attraverso le modalità definite dall’articolo 22.
Art. 18
(Azioni
positive per le pari opportunità)
1.
La Regione persegue una politica di pari opportunità fra uomini e donne
nell’organizzazione del personale regionale e nello sviluppo della carriera e
adotta piani di azioni positive tendenti ad assicurare la rimozione degli
ostacoli che, di fatto, impediscono la piena realizzazione di pari opportunità
di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne e una concreta partecipazione delle
donne a occasioni di avanzamento professionale per favorire il riequilibrio
della presenza femminile nelle attività e nelle posizioni gerarchiche ove
sussiste un divario fra generi non inferiore a due terzi.
2.
I piani di azioni positive sono redatti dal Comitato pari opportunità della
Regione Puglia, hanno durata triennale e sono diretti specificamente a:
a)
promuovere
l’inserimento delle donne nelle attività, nei settori professionali e nei
livelli nei quali sono insufficientemente rappresentate e favoriscono il
riequilibrio della presenza femminile in particolare nelle attività e nei
livelli di più elevata responsabilità;
b)
valorizzare,
nell’ambito dell’organizzazione del lavoro, l’utilizzo degli istituti del
rapporto di lavoro finalizzati alla conciliazione dei tempi lavorativi con i
tempi di cura e di assistenza;
c)
offrire
alle donne occasioni di formazione e aggiornamento professionale valutabili ai
fini dello sviluppo della carriera;
d)
facilitare
il reinserimento delle lavoratrici madri a seguito del godimento dei congedi per
maternità;
e)
promuovere
agevolazioni per familiari dei portatori di disabilità.
3.
La Regione favorisce la diffusione del piano di azioni positive tra gli enti
locali pugliesi attraverso il Centro risorse regionale per le donne di cui
all’articolo 17 e le Consigliere di parità regionali e provinciali. A tale
scopo, riconosce tra gli indicatori per la concessione di incentivi per la
gestione associata, di cui all’articolo 7
della l.r.19/2006,
il principio delle pari opportunità di genere.
Art. 19
(Bilancio
di genere)
1.
La
Regione nella relazione di accompagnamento al bilancio di previsione e al
rendiconto finanziario inserisce il bilancio di genere come strumento di
monitoraggio e di valutazione dell’impatto delle politiche regionali su uomini e
donne.
2.
Allo scopo di cui al comma 1, la Giunta regionale affida all’Ufficio garante di
genere, che può essere affiancato da esperti in materia, la valutazione di
genere sui documenti di bilancio.
3.
La Regione favorisce la diffusione del bilancio di genere tra gli enti locali
pugliesi attraverso l’attività di animazione, sensibilizzazione e informazione
del Centro risorse regionale per le donne. A tale scopo riconosce tra gli
indicatori per la concessione di incentivi per la gestione associata, di cui
all’articolo 7
della l.r.
19/2006,
il principio delle pari opportunità di genere.
Art. 20
(Statistiche
di genere)
1.
Tutte le statistiche prodotte dagli uffici regionali o realizzate nell’ambito di
attività finanziate dalla Regione devono adeguare la rilevazione, l’elaborazione
e la diffusione dei dati statistici in termini di genere.
Art. 21
(Rapporto
annuale sulla condizione femminile)
1.
La Giunta regionale predispone annualmente, attraverso il Centro risorse
regionale per le donne e con il supporto dell’Istituto pugliese di ricerche
economiche e sociali (IPRES), a titolo gratuito, un rapporto annuale sulla
condizione delle donne in Puglia che non solo documenti la condizione economica
e lavorativa delle donne, ma rilevi i fenomeni di violenza e abuso contro le
donne, i fenomeni di discriminazione multipla e analizzi la condizione delle
donne immigrate. Il rapporto è trasmesso al Consiglio regionale e inviato agli
enti locali e alle organizzazioni economiche e sociali.
Art. 22
(Registro delle associazioni e dei movimenti
femminili) (3)
1. È istituito presso il Settore sistema
integrato dei servizi sociali dell'Assessorato alla solidarietà, il registro
regionale delle associazioni e dei movimenti femminili e delle cooperative non
profit di genere che è pubblicato annualmente, entro il 30 giugno, sul
Bollettino ufficiale della Regione Puglia con gli aggiornamenti intervenuti .
(4) (5)
2. Possono iscriversi al registro di cui al
comma 1 le associazioni, i movimenti, le organizzazioni femminili e le
cooperative non profit di genere che abbiano sede operativa nel territorio
pugliese e il cui statuto o atto costitutivo preveda attività finalizzate a
contribuire all'effettiva attuazione del principio di parità e di pari
opportunità tra uomo e donna, diffondendone i principi, promuovendo e
valorizzando la condizione femminile. (6)
3. L'iscrizione è condizione necessaria per:
(7)
a) ottenere contributi e/o finanziamenti
regionali, in caso di associazioni regolarmente costituite;
b) usufruire di iniziative e progetti
d'informazione, di formazione e di ricerca.
4. La Giunta regionale, con propria delibera di
indirizzo al Settore sistema integrato dei servizi sociali, definisce:
a) i criteri per la formazione del registro;
(8)
b) i soggetti che possono presentare domanda di
iscrizione e i requisiti che devono possedere;
c) le modalità per l'iscrizione;
d) le modalità di cancellazione dal registro.
(9)
5. Il Centro risorse regionale per le donne
convoca, con cadenza almeno annuale, l'assemblea regionale delle associazioni e
dei movimenti femminili iscritti al registro regionale ai fini della
predisposizione e discussione della relazione annuale dell'attività svolta e del
documento programmatico per l'anno successivo di cui all'articolo 17.
(10)
(4) Comma così modificato
dall’art. 17,
comma 1, lettera b),L.R.
6 febbraio 2013, n. 7 e per effetto di quanto disposto dalla lettera a) del
medesimo comma 1.
(5) Ai sensi della
Delib.G.R. 31 gennaio 2008, n. 67 era stato istituito, presso il Settore sistema
integrato Servizi sociali dell'Assessorato alla solidarietà l'albo(ora registro)
delle associazioni, dei movimenti femminili e delle cooperative non profit di
genere di cui al presente comma.
(6) Comma così modificato
per effetto di quanto disposto dall’art. 17,
comma 1, lettera a), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7.
(7) Alinea così
modificato dall’art. 17,
comma 1, lettera c), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7 e per effetto di quanto disposto dalla lettera a) del
medesimo comma 1, a decorrere dal giorno stesso della sua
pubblicazione.
(8) Lettera così
modificata per effetto di quanto disposto dall’art.17,
comma 1, lettera a), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7.
(9) Lettera così
modificata per effetto di quanto disposto dall’art. 17,
comma 1, lettera a), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7.
(10) Comma così
modificato per effetto di quanto disposto dall’art. 17,
comma 1, lettera a), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7.
Art. 23
(Comunicazione
istituzionale)
1.
La Regione, nelle proprie attività di comunicazione istituzionale, opera per:
a)
introdurre
la prospettiva di genere favorendo l’attenzione sui temi della parità tra donne
e uomini;
b)
valorizzare
il ruolo della donna in ambito sociale, professionale e politico e promuoverne
un’immagine positiva;
c)
promuovere
una rappresentazione maschile e femminile coerente con l’evoluzione dei
rispettivi ruoli nel mercato del lavoro, nelle istituzioni e nella società,
contrastando in modo attivo gli stereotipi di genere.
2.
I criteri previsti al comma 1 devono essere integrati in tutte le attività di
comunicazione finanziate dalla Regione come condizione vincolante alla
finanziabilità delle stesse attività..
Art. 24
(Funzione
del Comitato regionale per le comunicazioni)
1.
Al fine di garantire che ogni forma di comunicazione pubblica tenga conto degli
obiettivi previsti dalla presente legge, il Comitato regionale per le
comunicazioni (CORECOM), nell’ambito dell’attività di consulenza, di gestione e
di controllo della Regione in materia di comunicazione, esercita attività di
monitoraggio sull’informazione locale e sui contenuti della programmazione
televisiva e radiofonica con il compito di evidenziare eventuali caratteri
discriminatori e segnalarli al Consiglio regionale.
TITOLO
V
RAPPRESENTANZA E PARTECIPAZIONE DELLE DONNE
Art. 25
(Rappresentanza
delle donne
nella vita politica e sociale)
1.
La Regione, al fine di sostenere attivamente il principio della partecipazione
democratica tra i sessi nella vita politica e sociale, sia nelle competizioni
elettorali che nell’assegnazione degli incarichi di propria competenza,
promuove:
a)
l’adozione,
da parte dei partiti politici, di piani di azione che includano le misure e le
azioni che devono essere adottate per garantire il rispetto della previsione del
comma 3 dell’articolo 3
della legge
regionale 28 gennaio 2005, n. 2 (Norme per l’elezione del Consiglio
regionale e del Presidente della Giunta regionale). A tale scopo,
la Giunta
regionale con atto di indirizzo, disciplina l’utilizzo delle risorse versate dai
partiti e dai movimenti politici in ragione del mancato rispetto della
previsione di cui all’articolo 3,
comma 3, della l.r.
2/2005;
b)
l’istituzione
da parte delle pubbliche amministrazioni delle commissioni permanenti per le
pari opportunità in seno agli organi legislativi di ciascun ente, composti dai
consiglieri di maggioranza e minoranza e in cui siano rappresentati entrambi i
generi affinché svolgano funzioni di studio e di ricerca, istruttorie,
consultive e di proposta sugli atti fondamentali di competenza degli organi cui
è demandata la funzione legislativa;
c)
l’istituzione
della Rete regionale delle elette quale organismo di promozione e valorizzazione
della presenza delle donne nelle istituzioni elettive e nella vita politica;
d)
la
costituzione di una banca dati di curricula delle donne, presso l’Ufficio
garante di genere, per facilitare l’individuazione delle professionalità più
idonee a ricoprire gli incarichi di direzione di competenza della Giunta
regionale.
2.
L’Ufficio garante di genere verifica, in occasione delle nomine di diretta
competenza della Giunta regionale, che sia rispettato il principio della
rappresentanza democratica dei due sessi, mettendo a disposizione, qualora
necessario, i curricula raccolti all’interno della banca dati.
3.
La Regione, in
presenza di una persistente condizione di sottorappresentanza del genere
femminile e nel rispetto di criteri obiettivi di comparazione, può assicurare
alle donne una quota non superiore al 50 per cento nelle nomine di propria
competenza e dei propri enti strumentali, nonché nell’affidamento degli
incarichi.
Art. 26
(Qualità
della presenza delle donne nel mondo del lavoro
e nella vita economica)
1.
La Regione
promuove presso il sistema imprenditoriale pugliese l’adozione di piani per
l’uguaglianza di genere nelle imprese, in grado di declinare il principio di
responsabilità sociale secondo principi di pari opportunità, producendo elementi
di innovazione del modello imprenditoriale. Tali piani sono elaborati con il
concorso delle associazioni sindacali e datoriali e da queste monitorati.
2.
La Giunta
regionale promuove politiche premiali per le imprese che adottino tali piani
attribuendo il “marchio di genere” secondo modalità definite dalla Giunta
regionale.
3.
La Regione
promuove, altresì, l’iniziativa economica delle donne, con particolare riguardo
alle donne immigrate, attraverso appositi sistemi di incentivazione, quali ad
esempio l’istituzione di un fondo di garanzia per l’imprenditoria femminile, il
microcredito e l’adozione di iniziative volte a migliorarne il rapporto con il
sistema creditizio.
4.
La Regione si
impegna a promuovere l’integrazione e le pari opportunità per le donne immigrate
mediante la creazione di centri interculturali che ne contrastino l’isolamento
sociale e culturale e stabilisce politiche premiali per iniziative private che
ne promuovano l’occupazione.
TITOLO
VI
DISPOSIZIONI
FINALI
Art. 27
(Clausola
valutativa)
1.
La
Giunta
regionale, per il tramite dell’Ufficio garante di genere, relaziona annualmente
al Consiglio regionale, in occasione della presentazione del rapporto annuale
sulla condizione femminile in Puglia, con un’informativa alla Commissione
competente.
2.
La relazione di cui al comma 1 riferisce in particolare circa:
a)
l’attività
posta in essere e le iniziative attivate in attuazione della presente legge;
b)
i
risultati ottenuti dalla Giunta regionale, in termini quantitativi e
qualitativi, per la promozione delle politiche di genere;
c)
le
attività di promozione e informazione promosse e adottate al fine di divulgare
la conoscenza degli incentivi e delle iniziative a favore delle politiche di
genere;
d)
le
criticità emerse nella realizzazione degli interventi e gli eventuali correttivi
apportati, con specifico riferimento alle modalità di allocazione delle risorse
stanziate.
3.
La relazione prevista al comma 2 e gli eventuali documenti consiliari che ne
concludono l’esame sono resi pubblici, con le modalità stabilite dal Presidente
del Consiglio regionale d’intesa con il Presidente della Commissione consiliare
competente.
Art. 28
(Norma
finanziaria)
1.
All’onere derivante dall’attuazione della presente legge si provvede con le
risorse vincolate statali e comunitarie da imputare ai seguenti capitoli di
nuova istituzione di entrata e di spesa:
UPB.
7.1.1 - “Interventi regionali in materia di servizi socio-assistenziali”
Capitoli
di entrata
-
(CNI)
Trasferimenti in conto capitale per la realizzazione dei piani degli orari delle
pubbliche amministrazioni (risorse FESR 20072013 assegnate Asse “Inclusione
sociale e servizi per la qualità della vita e l’attrattività territoriale” per
la linea di intervento “Interventi per la conciliazione dei tempi di vita e di
lavoro”);
-
(CNI)
Trasferimenti di parte corrente per la realizzazione dei piani degli orari delle
pubbliche amministrazioni (articolo 28 della l. 53/2000; l. 296/2006- articolo
1, comma 1250 e seguenti;
-
(CNI)
Trasferimenti in conto capitale per interventi per la conciliazione vita-lavoro
nel sistema privato (risorse FESR 2007-2013 assegnate Asse “Inclusione sociale e
servizi per la qualità della vita e l’attrattività territoriale” per la linea di
intervento “Interventi per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”);
-
(CNI)
Trasferimenti di parte corrente per interventi per la conciliazione vita-lavoro
nel sistema privato (articolo 9 della l. 53/2000; l. 296/2006 - articolo 1,
comma 1250 e seguenti).
Capitoli
di spesa
-
(CNI)
Spese in conto capitale per la realizzazione dei piani degli orari delle
pubbliche amministrazioni (risorse FESR 2007-2013 assegnate Asse “Inclusione
sociale e servizi per la qualità della vita e l’attrattività territoriale” per
la linea di intervento “Interventi per la conciliazione dei tempi di vita e di
lavoro”);
-
(CNI)
Spese correnti per la realizzazione dei piani degli orari delle pubbliche
amministrazioni (articolo 28 della l. 53/2000; l. 296/2006 -articolo 1, comma
1250 e seguenti);
-
(CNI)
Spese in conto capitale per interventi per la conciliazione vita-lavoro nel
sistema privato (risorse FESR 2007-2013 assegnate Asse “Inclusione sociale e
servizi per la qualità della vita e l’attrattività territoriale” per la linea di
intervento “Interventi per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”);
-
(CNI)
Spese correnti per interventi per la conciliazione vita-lavoro nel sistema
privato (articolo 9 della l. 53/2000; l. 296/2006 - articolo 1, comma 1250 e
seguenti).
2.
Alla relativa quantificazione si provvederà in sede di approvazione del bilancio
di previsione della Regione Puglia per l’esercizio finanziario 2007.
3
Gli effetti finanziari della presente legge decorrono dalla data di entrata in
vigore della legge regionale di approvazione del bilancio di previsione per
l’esercizio finanziario 2007.
La
presente legge sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi e
per gli effetti dell’art. 53,
comma 1 della L.R.
12/05/2004, n° 7
“Statuto della Regione Puglia”.
E’
fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della
Regione Puglia.
Data
a Bari, addì 21 marzo 2007