IL PRESIDENTE
DELLA GIUNTA REGIONALE
PROMULGA
La seguente legge:
Art. 1
(Finalità)
1. La Regione Puglia programma, coordina e assicura sul territorio un sistema
integrato d'interventi e servizi sociali per le persone, le famiglie e i nuclei
di persone, al fine di garantire la qualità della vita, le pari opportunità, la
non discriminazione e i diritti di cittadinanza, operando per prevenire,
eliminare o ridurre gli ostacoli alla piena inclusione sociale derivante da
condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, da
inadeguatezza di reddito, difficoltà sociale e condizioni di non autonomia, in
coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione.
2. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, la Regione Puglia
ispira il sistema integrato dei servizi sociali prioritariamente al principio
di domiciliarità, in modo da favorire l'integrazione e l'inclusione sociale per
costruire comunità solidali.
TITOLO I
IL SISTEMA INTEGRATO DEI SERVIZI SOCIALI
Art. 2
(Principi generali)
1. Il sistema integrato d'interventi e servizi sociali si fonda sul rispetto
dei seguenti principi:
a) tutela della vita umana sin dal
suo inizio, così come previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la
tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della
gravidanza);
b) dignità della persona e garanzia
di riservatezza;
c) universalità di accesso al
sistema integrato dei servizi sociali;
d) libera scelta dell'utente e, ove
impossibilitato, dei suoi familiari, per l'accesso ai servizi offerti dal
sistema integrato socio-assistenziale, nel rispetto
dell'appropriatezza delle prestazioni
rispetto alle situazioni di bisogno;
e) valorizzazione delle potenzialità
e delle risorse delle persone e delle famiglie;
f)
sostegno e promozione del recupero di autonomia delle persone
diversamente abili e non autosufficienti;
g) valorizzazione del ruolo della
famiglia, quale nucleo fondamentale nelle comunità locali per la crescita, lo
sviluppo e la cura della persona;
h) estensione delle tutele ai nuclei
di persone legate da vincoli di parentela, affinità, adozione, tutela e da
altri vincoli solidaristici;
i)
partecipazione attiva dei cittadini singoli e associati,
nell'ambito dei principi di solidarietà e di auto-organizzazione;
j)
sussidiarietà.
2. La realizzazione del sistema integrato dei servizi sociali per costruire
comunità solidali s'ispira ai seguenti principi:
a) omogeneità e adeguatezza al
sistema di bisogni e di domande sociali rilevati sul territorio regionale;
b) efficienza, efficacia ed economicità;
c) flessibilità e personalizzazione
degli interventi;
d) sostenibilità delle priorità
strategiche e degli obiettivi d'intervento, rispetto all'impiego delle risorse
disponibili;
e) integrazione delle politiche sociali
con tutte le politiche di settore atte a prevenire tutte le condizioni di
disagio e di esclusione sociale;
f)
professionalità e specificità delle prestazioni professionali.
Art. 3
(Diritto alle prestazioni)
1. Il sistema integrato ha carattere di universalità e promuove l'attuazione
dei diritti di cittadinanza sociale e del sistema di responsabilità condivise
delle istituzioni pubbliche e dei soggetti sociali per la costruzione di una
comunità solidale. Hanno diritto ad accedere agli interventi e ai servizi del
sistema integrato tutte le persone residenti in Puglia.
2. I Comuni garantiscono ai cittadini di altre regioni l'accesso ai servizi
socio-assistenziali in base ad accordi interregionali, fatta salva in ogni caso
la garanzia degli interventi indifferibili.
3. I cittadini di Stati membri dell'Unione europea e i loro familiari, nonché i
cittadini stranieri di cui all'articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), accedono ai
servizi socio-assistenziali nel rispetto degli accordi internazionali e secondo
le modalità definite dal regolamento regionale di cui all'articolo 64.
4. Per i
soggetti di cui
al comma 3
e per tutti
gli interventi indifferibili, il
Comune tenuto a garantire i
servizi
socio-assistenziali è
identificato nel Comune nel cui territorio si è manifestata la necessità
dell'intervento, fatto salvo il diritto di rivalsa nei confronti del Comune di
residenza del cittadino destinatario dell'intervento e per i cittadini
stranieri in base agli accordi internazionali.
5. I criteri di partecipazione e/o compartecipazione al costo delle prestazioni
da parte dei cittadini utenti sono definiti nel regolamento regionale.
6. In base alle indicazioni del Piano regionale delle politiche sociali e del
regolamento regionale e delle disposizioni nazionali in materia di livelli
essenziali di assistenza, accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni
secondo i parametri definiti dai Comuni i cittadini in condizioni di povertà o
con reddito insufficiente o con incapacità totale o parziale di provvedere ai
propri bisogni per inabilità d'ordine sensoriale, fisico e psichico o dovuta a
pluriminorazione, con difficoltà d'inserimento nella vita sociale attiva e nel
mercato del lavoro, nonché i soggetti sottoposti a provvedimenti dell'autorità
giudiziaria che rendono necessari interventi assistenziali.
7. I soggetti di cui al presente articolo hanno diritto di accesso agli
interventi e ai servizi del sistema integrato socio-assistenziale partecipando
al costo delle prestazioni in relazione alla condizione economica secondo le
disposizioni della presente legge.
8. Il Piano regionale delle politiche sociali riserva una quota delle risorse
per l'anticipazione ai Comuni degli oneri derivanti dagli interventi di cui al
comma 3, nelle more dell'azione di rivalsa e per gli interventi dei Comuni in
ottemperanza alle ordinanze dei Tribunali per i minorenni.
Art. 4
(Strumenti e metodi per la
realizzazione del sistema)
1. Il sistema d'interventi e servizi sociali è definito dal Piano regionale
delle politiche sociali e realizzato attraverso i Piani sociali di zona,
garantendo la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali a rete
secondo gli ambiti territoriali socio-assistenziali come definiti dalla
Regione.
2. Il sistema integrato d'interventi e servizi sociali si realizza attraverso i
seguenti metodi:
a) coordinamento dell'integrazione tra i servizi
sociali e i servizi sanitari e dell'integrazione con tutte le politiche che
mirano al benessere delle persone e alla qualità della vita;
b) cooperazione interistituzionale;
c) concertazione tra i diversi livelli
istituzionali e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, gli
organismi di rappresentanza del volontariato e della cooperazione sociale, gli
ordini e le associazioni professionali, le associazioni di categoria, le
associazioni delle famiglie e degli utenti della Regione Puglia.
Art. 5
(Ambiti territoriali)
1. Gli ambiti territoriali per la gestione unitaria del sistema locale dei
servizi socio-assistenziali e socio-sanitari corrispondono alle circoscrizioni
territoriali dei distretti socio-sanitari. Il Comune capofila dell'ambito
territoriale è di norma il Comune sede del distretto socio-sanitario, salvo
diversa decisione della Conferenza dei sindaci dell'ambito territoriale.
2. La Giunta regionale, su proposta dei
Comuni interessati e sentito il parere delle Province territorialmente
competenti, può determinare un diverso assetto circoscrizionale degli ambiti
territoriali. Le modifiche nell'assetto circoscrizionale degli ambiti
territoriali devono intervenire entro la data di approvazione del Piano
regionale socio-assistenziale e, comunque, non oltre la data di decorrenza dei
termini di avvio per il lavoro di stesura dei Piani sociali di zona.
3. Le modifiche dei confini amministrativi dei distretti socio-sanitari non modificano
i confini amministrativi degli ambiti territoriali per la gestione unitaria del
sistema locale dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari, fino alla
scadenza del triennio di programmazione sociale dei Piani sociali di zona in
corso alla data delle modifiche intervenute, salvo diversa decisione degli
stessi Comuni interessati. In tal caso i Comuni dell'ambito territoriale
sociale modificano gli assetti organizzativi in relazione alle intervenute
variazioni degli assetti istituzionali, aggiornando anche obiettivi e contenuti
del vigente Piano sociale di zona.
Art. 6
(Gestione associata)
1. La gestione associata dei servizi socio-assistenziali è, di norma,
esercitata dai Comuni appartenenti allo stesso distretto socio-sanitario.
2. Il Piano regionale, in presenza di particolari condizioni socio-ambientali e
organizzative e per specifiche tipologie di servizi socio-assistenziali, può
prevedere, su proposta dei Comuni interessati e sentito il parere delle
Province territorialmente competenti, che la gestione associata sia esercitata
anche tra Comuni appartenenti a diverso distretto socio-sanitario.
3. I Comuni appartenenti allo stesso ambito territoriale, di cui all'articolo
5, determinano autonomamente la forma di gestione associata, scegliendola tra
le forme previste dagli articoli 30 e seguenti del decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti
locali), e possono attribuire l'esercizio delle funzioni socio-assistenziali a
una delle aziende pubbliche di servizi alla persona di cui al decreto
legislativo 4 maggio 2001, n. 207 (Riordino del sistema delle istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza, a norma dell'articolo 10 della legge 8
novembre 2000, n. 328), avente sede legale nel territorio dell'ambito o a
un'istituzione dotata di autonomia gestionale ai sensi dell'articolo 114 del
d.lgs. 267/2000.
4. I Comuni appartenenti allo stesso ambito territoriale definiscono
autonomamente le forme di gestione dei servizi previsti nel Piano sociale di
zona, nel rispetto di quanto previsto all'articolo 56, e possono avvalersi
anche delle aziende pubbliche di servizi alla persona di cui al d.lgs.
207/2001, aventi sede legale nel territorio dell'ambito, laddove presenti.
5. La Giunta regionale, decorso inutilmente il termine fissato nel Piano
regionale, sentita la Conferenza Regione - Enti locali, individua, ai sensi
dell'articolo 33, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000, la forma associativa e ne
disciplina la gestione con specifico regolamento per gli ambiti distrettuali
inadempienti.
6. Il regolamento di cui al comma 5 resta in vigore sino all'approvazione delle
forme di gestione da parte dei Comuni.
Art. 7
(Incentivazione delle forme
associate)
1. Il Piano regionale delle politiche sociali determina le risorse aggiuntive
da destinare, quali contributi per la gestione associata, ai Comuni con minore
dimensione demografica, così come individuati dallo stesso Piano, e individua
le forme d'incentivazione per la gestione associata da parte degli altri
Comuni.
2. Al fine d'incentivare la gestione associata del sistema di servizi e
interventi sociali e socio-sanitaria di ambito da parte dei Comuni, le forme di
incentivazione tengono conto prioritariamente della capacità di spesa delle
risorse assegnate all'ambito, dell'incidenza dei servizi a valenza di ambito o
sovracomunali sul totale dei servizi previsti con il Piano sociale di zona,
delle forme di gestione individuate per detti servizi a valenza di ambito o
sovracomunale, dell'attivazione di un sistema di accesso unico alla rete dei
servizi dell'ambito. Il Piano regionale delle politiche sociali può individuare
ulteriori variabili di esame delle diverse esperienze territoriali per
l'assegnazione delle risorse di cui al comma 1.
Art. 8
(Sistema locale dei servizi sociali)
1. Il sistema locale si articola in un insieme d'interventi e servizi
socio-assistenziali realizzati in modo coordinato e integrato con gli
interventi dei diversi settori della collettività attivati dai diversi soggetti
pubblici e privati posti in rete attraverso la programmazione definita dal
Piano sociale di zona.
2. Il Piano di zona, nell'ambito degli indirizzi del Piano regionale delle
politiche sociali, definisce i servizi e gli interventi essenziali e prevede le
modalità per far fronte alle situazioni di emergenza sociale.
3. Il Piano regionale determina le caratteristiche quantitative e qualitative
dei servizi che costituiscono livelli delle prestazioni, che devono essere
assicurati dal piano di zona.
Art. 9
(Piano regionale delle politiche
sociali)
1. La Regione approva il Piano regionale triennale delle politiche sociali in
armonia con gli altri piani di settore.
2. Il Piano regionale individua:
a) i bisogni del territorio;
b) le priorità degli interventi;
c) il riparto delle risorse;
d) i livelli essenziali delle
prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi;
e) gli indirizzi per la
realizzazione e lo sviluppo del sistema;
f)
i Comuni di minore dimensione demografica, ai fini
dell'applicazione dell'articolo 7, comma 1, della presente legge, tenuti alla
gestione associata dei servizi e fissa il termine entro cui deve essere
individuata la forma di gestione;
g) le modalità per il raccordo tra
la pianificazione regionale e quella zonale e in particolare le linee d'indirizzo
e gli strumenti per la pianificazione di zona, garantendo comunque l'uniformità
dei servizi offerti sul territorio regionale;
h) i criteri per il concorso dei
soggetti di cui all'articolo 4, comma 2, lettera c), alla definizione dei Piani
di zona;
i)
l'integrazione socio-sanitaria, in coerenza con gli obiettivi del
Piano sanitario regionale;
j)
il coordinamento per l'integrazione con le politiche
dell'educazione, dell'istruzione, della formazione professionale, dell'avviamento
al lavoro, del reinserimento nelle attività lavorative, dello sviluppo locale,
della riqualificazione urbana, dell'ambiente, della cultura, del tempo libero,
dei trasporti, delle comunicazioni, dell'urbanistica e delle politiche
abitative;
k) la quota delle risorse da
riservare per l'anticipazione ai Comuni degli oneri derivanti dagli interventi
di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 3, nelle more dell'azione di rivalsa e per
gli interventi dei Comuni in ottemperanza alle ordinanze dei Tribunali per i
minorenni;
l)
gli interventi di promozione e coordinamento delle azioni di
assistenza tecnica per l'istituzione e la gestione degli interventi sociali da
parte degli enti locali;
m) gli interventi di sperimentazione
dei modelli innovativi di servizi in grado di coordinare le risorse umane e
finanziarie presenti a livello locale e di collegarsi, inoltre, alle esperienze
sviluppate a livello europeo;
n) le altre forme di interventi
oltre a quelle contemplate nella presente legge;
o) gli interventi di promozione di
metodi e strumenti per il controllo di gestione atti a valutare l'efficacia e
l'efficienza dei servizi e i risultati delle azioni previste;
p) il programma e il finanziamento
per la formazione, la riqualificazione e l'aggiornamento del personale addetto
alle attività sociali;
q) gli indicatori per il
monitoraggio dell'efficacia, dell'efficienza e della qualità dei servizi
erogati con i Piani sociali di zona.
Art. 10
(Piano sociale di zona)
1. Il Piano sociale di zona ha durata triennale ed è
definito dai Comuni singoli o associati, d'intesa con le Aziende unità
sanitarie locali (AUSL), sulla base delle indicazioni del Piano regionale e con
la piena partecipazione dei soggetti di cui all'articolo 4, comma 2, lettera
c), che, attraverso l'accreditamento o specifiche forme di concertazione,
concorrono, anche con proprie risorse, alla realizzazione del Piano.
2. Il Piano sociale di zona, adottato con accordo di
programma, definisce:
a) il sistema locale degli
interventi e dei servizi sociali garantendo i livelli essenziali delle
prestazioni e provvedendo alla localizzazione dei servizi;
b) gli obiettivi strategici e le
priorità d'intervento, nonché gli strumenti e le risorse per la loro
realizzazione;
c) le modalità organizzative dei
servizi, le risorse finanziarie strutturali e professionali, i requisiti di
qualità;
d) le modalità di rilevazione dei
dati nell'ambito del sistema informativo dei servizi sociali, le procedure e
gli strumenti per la rendicontazione economica del Piano di zona e per il
monitoraggio e la valutazione delle attività e dei risultati conseguiti
nell'ambito del Piano di zona;
e) le modalità per garantire
l'integrazione tra servizi e prestazioni;
f)
le modalità del coordinamento con gli organi periferici
dell'amministrazione scolastica, penitenziaria e giudiziaria;
g) le modalità per la collaborazione
dei servizi territoriali con i soggetti attuatori;
h) le forme di collaborazione con le
Aziende USL per la realizzazione dell'integrazione socio-sanitaria, nonché i criteri di ripartizione della spesa;
i)
gli interventi e
i servizi socio-assistenziali per i quali appare ottimale un livello di organizzazione
sovra ambito, individuando gli enti gestori tra le istituzioni pubbliche con competenze sovracomunali e dotate di autonomia
gestionale, concorrendo alla
definizione progettuale degli
stessi interventi e
attribuendo le risorse economiche
corrispondenti;
j)
il coordinamento per l'integrazione con tutte le politiche che
mirano al benessere delle persone e alla qualità della vita;
k) le iniziative di formazione e di
aggiornamento degli operatori;
l)
le forme e le modalità di partecipazione dei cittadini e degli
utenti alla programmazione e al controllo della qualità dei servizi.
3. Il Piano di zona, in caso di gestione associata, è
promosso dal Sindaco del comune sede del distretto socio-sanitario ed è
approvato con accordo di programma.
Art. 11
(Integrazione socio-sanitaria)
1. La Regione Puglia promuove, qualifica e sostiene
l'integrazione socio-sanitaria; le attività sono finalizzate a soddisfare in
modo integrato i bisogni dei cittadini in termini di recupero e mantenimento
delle autonomie personali, d'inserimento sociale e miglioramento delle
condizioni di vita e di tutela della salute.
2. I rapporti tra i soggetti erogatori degli interventi e
dei servizi socio-assistenziali e le aziende erogatrici delle prestazioni
sanitarie sono regolati sulla base degli atti d'indirizzo della Regione.
3. La Regione istituisce la Commissione regionale per
l'integrazione socio-sanitaria per elaborare gli indirizzi in materia, favorire
la diffusione e l'applicazione degli stessi, monitorare i processi
d'integrazione in atto e i risultati conseguiti, contribuire alla
programmazione finanziaria degli Assessorati alla solidarietà e alle politiche
per la salute, per quanto di propria competenza.
4. La Commissione regionale per l'integrazione
socio-sanitaria è nominata dal Presidente della Giunta regionale, sentiti gli
Assessori alla solidarietà e alle politiche per la salute, ed è composta da:
a) tre rappresentanti dei settori
afferenti all'Assessorato alla solidarietà della Regione;
b) tre rappresentanti dei settori
afferenti all'Assessorato alla sanità della Regione, di cui uno in
rappresentanza dell'ARES;
c) due esperti esterni, con
competenze specialistiche in materia di programmazione sociale e
socio-sanitaria, ai quali viene riconosciuto un gettone di presenza per le
riunioni svolte dalla Commissione.
5. La Giunta regionale provvede a definire gli obiettivi
specifici, le risorse e le modalità di funzionamento della Commissione
regionale per l'integrazione socio-sanitaria.
6. La Commissione regionale per l'integrazione socio-sanitaria presenta
semestralmente il lavoro svolto ai soggetti di cui all'articolo 4, comma 2,
lettera c), nonché ai comitati consultivi misti istituiti in seno alle AUSL, al
fine di promuovere un confronto permanente con tutti i soggetti interessati e
la concertazione sulle priorità d'intervento in campo socio-sanitario.
Art. 12
(Livelli essenziali delle
prestazioni)
1. Il sistema d'integrazione degli interventi e dei servizi sociali fornisce
risposte omogenee sul territorio finalizzate al raggiungimento dei seguenti
obiettivi d'inclusione sociale:
a) mantenimento a domicilio dei
cittadini e sviluppo della loro autonomia;
b) sostegno delle puerpere e dei
neonati e promozione dell'infanzia, dell'adolescenza e delle responsabilità
familiari a tutela dei diritti di cittadinanza dei minori e degli adulti, delle
donne in difficoltà e delle situazioni di monogenitorialità;
c) piena integrazione sociale e
lavorativa delle persone diversamente abili;
d) soddisfacimento delle esigenze di
tutela residenziale e semiresidenziale delle persone non autonome e non
autosufficienti;
e) informazione e consulenza diffuse
per favorire la fruizione delle opportunità di accesso ai servizi per le
persone e le famiglie;
f)
garanzia di ogni altro intervento qualificato a carattere
socio-assistenziale e socio-sanitario, per quanto di competenza, al fine di
garantire l'esigibilità dei diritti sociali di cui all'articolo 117, comma
secondo, lettera m), della Costituzione.
2. Nelle more della definizione dei livelli essenziali
delle prestazioni da parte dello Stato, la Regione e gli Enti locali
garantiscono le prestazioni e i servizi essenziali per assicurare il rispetto
degli obiettivi di cui al comma 1, identificabili nelle seguenti tipologie,
tenendo conto delle risorse disponibili e delle esigenze delle diverse
articolazioni territoriali:
a) il servizio sociale
professionale;
b) il servizio di segretariato
sociale per favorire l'accesso ai servizi, mediante l'informazione e la
consulenza ai cittadini;
c) il servizio di pronto intervento
sociale per le situazioni di emergenza;
d) il servizio di assistenza
domiciliare per soggetti e nuclei familiari con fragilità sociali e il servizio
di assistenza domiciliare integrata per le prestazioni di cura domiciliari
sociali e sanitarie integrate;
e) le strutture residenziali e
semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali;
f)
i centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere
comunitario;
g) il servizio di assistenza
economica.
3. I Comuni, nell'ambito dei rispettivi Piani sociali di zona, concorrono alla
programmazione, organizzazione e gestione dei livelli essenziali di assistenza
a elevata integrazione socio-sanitaria di cui all'Allegato 1C del decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di
assistenza), concorrendo alla relativa spesa, corrispondente alle prestazioni
sociali e alberghiere che accompagnano le prestazioni sanitarie a rilievo
sociale, con le risorse finanziarie assegnate al Piano di zona e con la
compartecipazione dell'utente.
Art. 13
(Sistema informativo)
1. La Regione, nell'ambito del sistema informativo dei servizi sociali di cui
all'articolo 21 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la
realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), in
collaborazione con le Province e i Comuni, singoli e/o associati, istituisce il
sistema informativo regionale dei servizi socio-assistenziali.
2. Il sistema informativo di cui al comma 1 è strumento per la tempestiva
acquisizione dei dati e delle informazioni necessarie alla conoscenza dei
bisogni sociali finalizzata alla programmazione, alla gestione e alla
valutazione delle politiche sociali.
3. La Giunta regionale emana le direttive di coordinamento cui le Province e i
Comuni devono attenersi per la raccolta dei dati e per l'acquisizione, in
particolare, di tutti gli elementi relativi:
a) alla realizzazione della banca dati
riferita ai servizi, ai progetti, alle risorse finanziarie e alla loro
destinazione per aree d'intervento di attività;
b) alla conoscenza dei bisogni
sociali e della domanda sociale espressa;
c) alla conoscenza delle risorse umane
e professionali impegnate nell'organizzazione ed erogazione dei servizi sociali
e sociosanitari.
Art. 14
(Osservatorio regionale delle
politiche sociali)
1. E' istituito presso l'Assessorato alla solidarietà l'Osservatorio regionale
delle politiche sociali. L'Osservatorio promuove, coordina e realizza le azioni
di monitoraggio sul sistema di offerta dei servizi sociali, sulla domanda di
servizi, sulla spesa sociale della Regione e degli enti locali, nonché il
monitoraggio periodico sullo stato di attuazione dei Piani sociali di zona e la
progettazione del sistema informativo sociale.
2. Nell'ambito dell'Osservatorio regionale si colloca il Centro regionale di
documentazione per le politiche per l'infanzia e l'adolescenza, che opera quale
centro regionale di raccolta e analisi di documenti e buone pratiche sulle
problematiche sociali riferite ai minori e può essere articolato per
macro-tematiche e che, in attuazione della legge 23 dicembre 1997, n. 451
(Istituzione della Commissione parlamentare per l'infanzia e dell'Osservatorio
nazionale per l'infanzia), provvede a raccogliere esclusivamente i dati
relativi ai minorenni e collabora nell'elaborazione delle politiche sociali
regionali in favore dei medesimi.
3. La Giunta regionale disciplina il funzionamento dell'Osservatorio regionale
delle politiche sociali e del Centro regionale di documentazione per le
politiche per l'infanzia e l'adolescenza, al quale fornisce risorse e strumenti
adeguati per il pieno svolgimento del programma di attività.
4. L'Osservatorio regionale delle politiche sociali si articola per aree
tematiche, nella forma di articolazioni organizzative interne, con programmi di
attività e risorse specifiche, e tra loro connesse e con un coordinamento
unico, secondo quanto disciplinato dalla Giunta regionale.
5. La Regione, nell'ambito dell'Osservatorio delle politiche sociali,
istituisce l'Osservatorio permanente sulle famiglie e le politiche familiari.
In particolare l'Osservatorio:
a) studia e analizza l'evoluzione
delle condizioni di vita delle famiglie, con particolare attenzione alle
situazioni di disagio e di violenza, al rapporto famiglia-lavoro e
famiglia-servizi, al fine di individuare le problematiche emergenti e
l'evoluzione complessiva delle esigenze familiari;
b) verifica l'efficacia degli
interventi in favore delle famiglie realizzati dalla Regione, da enti e
istituzioni pubbliche e private;
c) si avvale, per le sue attività,
delle strutture e dei servizi di ricerca e analisi della Regione;
d) si rapporta con altri Osservatori
istituiti nell'ambito della sicurezza sociale, anche al fine di creare un
sistema informativo coordinato;
e) focalizza i fenomeni di devianza
e studia i rimedi atti a prevenire e assistere le situazioni sociali marginali
per la piena tutela della dignità di ciascuna persona.
6. L'Osservatorio regionale delle
politiche sociali si articola sul territorio in una struttura regionale di
coordinamento e di raccordo operativo e nella rete degli Osservatori sociali
provinciali, che concorrono alla realizzazione del sistema informativo sociale
regionale, di cui all'articolo 13, nonché alla realizzazione del piano di
attività annuale dell'Osservatorio regionale e che possono promuovere con
risorse proprie iniziative di rilevazione, analisi e ricerca connesse al fabbisogno
conoscitivo specifico del territorio di riferimento.
Art. 15
(Finanziamento del sistema integrato)
1. Il sistema integrato degli interventi e dei servizi socio-assistenziali e
socio-educativi si realizza con il concorso delle risorse all'uopo destinate
dallo Stato, dalla Regione e dai Comuni.
2. La Regione provvede ad assegnare ai Comuni singoli e/o associati la quota
del Fondo nazionale per le politiche sociali e il Fondo regionale
socio-assistenziale.
3. Al finanziamento del sistema concorrono, altresì, le risorse provenienti dal
Fondo sanitario regionale, quelle provenienti da specifici programmi comunitari
e nazionali, nonché quelle dei soggetti del terzo settore e delle aziende
pubbliche di servizi alla persona di cui al d.lgs. n. 207/2001 che partecipano
alla realizzazione dei Piani di zona e le risorse derivanti dalla
compartecipazione degli utenti al costo delle prestazioni.
4. La Regione incentiva il concorso delle risorse private al finanziamento del
sistema integrato d'interventi e servizi sociali anche con l'utilizzo della
leva fiscale, per quanto di propria competenza, viste le leggi vigenti. A tal
fine annualmente la Giunta regionale può proporre sgravi fiscali mediante la
modulazione di aliquote differenziate per l'addizionale IRE di competenza, che
producano benefici fiscali per i contribuenti che abbiano concorso al
finanziamento del sistema locale dei servizi, con le modalità disciplinate da
apposito regolamento.
Art. 16
(Competenze dei Comuni)
1. I Comuni sono titolari di tutte le funzioni amministrative concernenti gli
interventi sociali svolti a livello locale, adottano sul piano territoriale gli
assetti organizzativi e gestionali più funzionali alla gestione della rete dei
servizi, alla spesa e al rapporto con i cittadini e concorrono alla
programmazione regionale.
2. Ai Comuni, oltre alle competenze già trasferite a norma del decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di
cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) e alle funzioni attribuite,
ai sensi dell'articolo 132, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni
e agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59),
con il decreto legislativo 30 marzo 1999, n. 96 (Intervento sostitutivo del
Governo per la ripartizione di funzioni amministrative tra regioni ed enti
locali a norma dell'articolo 4, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59 e
successive modificazioni), spettano, nell'ambito delle risorse disponibili in
base al Piano regionale e di zona, l'esercizio delle seguenti attività:
a) programmazione, progettazione,
realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete, indicazione delle
priorità e dei settori di innovazione attraverso la concertazione delle risorse
umane e finanziarie locali, con l'obbligatorio coinvolgimento dei soggetti di
cui all'articolo 4, comma 2;
b) erogazione dei servizi, delle prestazioni
economiche diverse da quelle disciplinate dall'articolo 22 della l. 328/2000 e
dei titoli di acquisto dei servizi sociali;
c) progettazione e gestione,
d'intesa con le istituzioni scolastiche autonome presenti sul territorio, degli
interventi in materia di assistenza scolastica e istruzione ai sensi
dell'articolo 5 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9 (Disposizioni urgenti
in materia sanitaria e socio-assistenziale), convertito, con modificazioni,
dalla legge 18 marzo 1993, n. 67, in applicazione dell'articolo 8,
comma 5, della l. 328/2000, nell'ambito delle misure previste nei Piani sociali
di zona per il contrasto alle povertà e per le responsabilità familiari, con
specifico riferimento alle madri sole con figli;
d) autorizzazione, accreditamento,
vigilanza e controllo dei servizi socio-assistenziali e delle strutture a ciclo
residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica o privata;
e) partecipazione al procedimento
per la definizione degli ambiti territoriali con le modalità stabilite dalla legge
regionale 30 novembre 2000, n. 22 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi
della Regione e degli enti locali);
f)
definizione dei parametri di valutazione delle condizioni di cui
all'articolo 3, comma 6, della presente legge ai fini della determinazione
dell'accesso prioritario alle prestazioni e ai servizi, coinvolgendo le
rappresentanze associative di cui all'articolo 4, comma 2.
3. Nell'esercizio delle funzioni di cui ai commi 1 e 2 i
Comuni provvedono a:
a) promuovere, nell'ambito del
sistema locale dei servizi sociali a rete, l'apporto delle risorse delle
collettività locali tramite forme innovative di collaborazione per lo sviluppo
di interventi di auto-aiuto e per favorire la reciprocità tra cittadini
nell'ambito della vita comunitaria;
b) coordinare programmi e attività
degli enti che operano nell'ambito di competenza, secondo le modalità fissate
dal regolamento regionale di cui all'articolo 64, tramite collegamenti
operativi tra i servizi che realizzano attività volte all'integrazione sociale
e intese con le AUSL per le attività socio-sanitarie e per i Piani di zona;
c) adottare strumenti per la
semplificazione amministrativa e per il controllo di gestione atti a valutare
l'efficienza, l'efficacia e i risultati delle prestazioni;
d) adottare modalità e strumenti per
la partecipazione dei soggetti di cui all'articolo 4, comma 2, alla valutazione
della qualità e dell'efficacia dei servizi e per la formulazione di proposte ai
fini della predisposizione dei programmi;
e) garantire ai cittadini i diritti
di partecipazione al controllo di qualità dei servizi, secondo le modalità
previste dagli statuti comunali, dai regolamenti e dalle carte dei servizi;
f)
promuovere interventi e servizi specifici per l'inserimento
sociale e l'integrazione socio-culturale dei cittadini stranieri immigrati,
nell'ambito della definizione dei Piani di zona;
g) promuovere l'inserimento
lavorativo di persone socialmente svantaggiate, anche mediante l'individuazione
di servizi e lavori da affidare ai sensi dell'articolo 5 della legge 8 novembre
1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali).
Art. 17
(Competenze delle Province)
1. Le Province concorrono:
a) alla programmazione del sistema
integrato d'interventi e servizi sociali;
b) alla raccolta dei dati sui
bisogni e sulle risorse rese disponibili dai Comuni e da altri soggetti
istituzionali ai fini dell'attuazione del sistema informativo regionale, a cui
le Province concorrono mediante le attività dell'Osservatorio sociale
provinciale di cui all'articolo 14;
c) all'analisi della domanda e
dell'offerta assistenziale, per promuovere approfondimenti mirati sui fenomeni
sociali più rilevanti in ambito provinciale fornendo, su richiesta degli enti
locali interessati, il supporto necessario per il coordinamento degli
interventi territoriali;
d) alla promozione e alla
realizzazione, d'intesa con i Comuni, d'iniziative di formazione, con
particolare riguardo alla formazione professionale di base e all'aggiornamento;
e) alla progettazione e gestione
degli interventi in materia di assistenza scolastica e istruzione ai sensi
dell'articolo 5 del d.l. 9/1993, convertito, con modificazioni, dalla l.
67/1993, in applicazione dell'articolo 8, comma 5, della l. 328/2000, con
specifico riferimento agli interventi per audiolesi e videolesi, nonché alla
progettazione e gestione degli interventi di cui all'articolo 3, comma 1, della
legge 28 agosto 1997, n. 284 (Disposizioni per la prevenzione della cecità e
per la riabilitazione visiva e l'integrazione sociale e lavorativa dei ciechi
pluriminorati);
f)
alla definizione e all'attuazione dei Piani di zona, anche con il
concorso all'organizzazione di specifici servizi che, di concerto con i Comuni,
vengono individuati come servizi di livello sovra-ambito nella programmazione
sociale degli ambiti territoriali.
2. Le Province esercitano le funzioni di coordinamento
delle attività di programmazione e di realizzazione della rete delle attività socio-assistenziali,
promuovono le azioni dei Comuni per la gestione associata dei servizi sociali
ed esercitano le competenze in materia di formazione professionale, secondo
quanto definito alle lettere o) e p) del comma 2 dell'articolo 18 e coordinamento
operativo dei soggetti e delle strutture che agiscono nell'ambito dei servizi
sociali, con particolare riguardo alle Istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza e al volontariato.
Art. 18
(Competenze della Regione)
1. La Regione esercita le funzioni di programmazione, coordinamento e indirizzo
per costruire un sistema integrato con tutte le politiche che mirano al
benessere delle persone e alla qualità della vita.
2. La Regione, in conformità delle disposizioni di cui all'articolo 117 della
Costituzione:
a) definisce gli ambiti territoriali
d'intervento e gli strumenti per la gestione unitaria del sistema locale dei
servizi sociali;
b) approva il Piano regionale delle
politiche socio-sanitarie e assegna le risorse finanziarie;
c) esercita l'attività di
monitoraggio e valutazione dell'efficacia e dell'efficienza della spesa;
d) promuove e finanzia lo sviluppo
dei servizi, la tutela dei diritti sociali e la sperimentazione degli
interventi innovativi;
e) promuove, finanzia e coordina le
azioni di assistenza tecnica per l'istituzione e la gestione degli interventi
sociali da parte degli enti locali;
f)
definisce i requisiti minimi e le procedure per l'autorizzazione
delle strutture e dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari pubblici e
privati;
g) definisce i requisiti e le
procedure per l'accreditamento delle strutture e dei servizi
socio-assistenziali e socio-sanitari pubblici e privati;
h) determina le modalità per
l'esercizio della vigilanza sulle strutture e sui servizi socio-assistenziali
pubblici e privati;
i)
istituisce e gestisce i registri regionali delle strutture e dei
servizi socio-assistenziali pubblici e privati autorizzati all'esercizio delle
attività ai sensi dell'articolo 16, comma 2, lettera d);
j)
definisce i requisiti di qualità per la gestione dei servizi e per
l'erogazione delle prestazioni;
k) definisce i criteri per la
concessione da parte dei Comuni dei titoli di acquisto dei servizi sociali;
l)
definisce i criteri generali per la determinazione del concorso da
parte degli utenti al costo delle prestazioni;
m) determina i criteri per la
definizione delle tariffe che i Comuni sono tenuti a corrispondere ai soggetti
titolari delle strutture e dei servizi accreditati;
n) individua le figure professionali
sociali, disciplina i percorsi formativi, nei limiti delle proprie competenze,
in stretta connessione con il sistema universitario e della formazione
professionale regionale e il contenuto professionale dei servizi sociali;
o) promuove, finanzia e realizza
iniziative informative e di assistenza formativa e tecnica rivolte ai soggetti
pubblici per sostenere il percorso di programmazione sociale negli ambiti
territoriali, nonché iniziative informative e formative, anche con il concorso
delle Province, per i soggetti pubblici e privati operanti nel settore dei servizi
sociali per favorire il concorso alla progettazione sulle iniziative
comunitarie e l'accesso ai fondi dell'Unione Europea;
p) disciplina l'attività di
controllo dell'efficacia e dell'efficienza dei servizi sul territorio e di
valutazione dei risultati delle azioni previste;
q) disciplina le modalità per il
concorso degli enti locali alla programmazione regionale e la partecipazione
dei soggetti di cui all'articolo 4, comma 2;
r) esercita il potere sostitutivo
nei casi e con le modalità previste dalla vigente normativa;
s) disciplina le procedure
amministrative, le modalità per la presentazione dei reclami da parte degli
utenti delle prestazioni sociali e l'istituzione degli uffici di tutela degli
utenti;
t)
disciplina le modalità di partecipazione e di promozione civica,
d'intesa con le diverse espressioni della cittadinanza attiva, per lo sviluppo
dei servizi e la realizzazione d'interventi innovativi e di tutela dei diritti
sociali nelle fasi della programmazione, verifica e controllo;
u) definisce i criteri generali per
le procedure di rilascio della concessione di nuovi trattamenti economici a
favore degli invalidi civili e per i raccordi con la fase dell'accertamento
sanitario e per gli eventuali benefici aggiuntivi di cui all'articolo 130,
comma 2, del d.lgs. 112/1998;
v) assume i provvedimenti
contingibili e urgenti d'interesse non esclusivamente comunale.
Art. 19
(Concorso del terzo settore)
1. La Regione e gli enti locali riconoscono il ruolo e la rilevanza
sociale ed economica dei soggetti del terzo settore e valorizzano l'apporto
delle organizzazioni di volontariato, delle cooperative sociali e delle
associazioni di promozione sociale, degli enti di patronato e delle fondazioni
attraverso azioni per il sostegno e la qualificazione dei soggetti operanti.
2. I soggetti del terzo settore di cui all'articolo 4,
comma 2, partecipano alla programmazione e alla progettazione del sistema
integrato d'interventi e servizi sociali.
3. Le organizzazioni di volontariato, le cooperative sociali, le associazioni
di promozione sociale, iscritte nei rispettivi registri regionali, concorrono
alla realizzazione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali
anche mediante la stipula di convenzioni per l'erogazione di servizi e
prestazioni compatibili con la natura e le finalità statutarie, avvalendosi
delle modalità individuate dalla Regione con il regolamento di cui all'articolo
64 e con il Piano regionale delle politiche sociali, per valorizzare il loro
apporto all'erogazione dei servizi.
4. Ai fini dell'applicazione del comma 3, gli enti locali possono stipulare
convenzioni con le organizzazioni di volontariato, nonché con gli enti di
patronato e con le fondazioni, allo scopo di valorizzarne la funzione sociale,
riconoscendo le spese per il perseguimento delle finalità statutarie, laddove
le attività siano coerenti con gli obiettivi del Piano sociale di zona e
adeguate a integrare la rete dei servizi, che sarà realizzata dai soggetti
pubblici e privati chiamati a gestire i servizi previsti. Gli altri soggetti di
cui al comma 3 possono essere chiamati alla gestione di interventi e servizi,
così come previsti nei Piani sociali di zona, mediante affidamenti, concessione
di pubblici servizi, ovvero altre modalità previste e disciplinate nel
regolamento regionale di cui all'articolo 64 e nei rispettivi regolamenti
comunali.
5. La Regione e gli enti locali assicurano la partecipazione dei cittadini e
degli utenti al controllo della qualità dei servizi, anche favorendo l'attività
delle associazioni di tutela degli utenti e delle organizzazioni sindacali.
6. Il regolamento regionale individua gli strumenti e le modalità per
assicurare la partecipazione dei cittadini e degli utenti.
Art. 20
(Istituzioni pubbliche di assistenza
e beneficenza)
1. Le Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, anche come trasformate
ai sensi della legge regionale 30 settembre 2004, n. 15 (Riforma delle
Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e disciplina delle aziende
pubbliche dei servizi alle persone), e successive modificazioni, partecipano,
quali soggetti attivi, alla programmazione, all'organizzazione e alla gestione
del sistema d'interventi e servizi sociali.
Art. 21
(Altri soggetti)
1. I soggetti privati operanti nel settore dei servizi socio-assistenziali
partecipano alla realizzazione e alla gestione dei servizi nel rispetto delle
disposizioni di cui alla presente legge.
2. La Regione promuove la diffusione della cultura della
responsabilità sociale di impresa nel tessuto imprenditoriale pugliese, anche
con azioni sperimentali, e definisce un sistema di incentivi che promuovano il
contributo delle imprese al sostegno di iniziative di utilità sociale.
3. La Regione riconosce la funzione sociale delle attività di oratorio promosse
dalle parrocchie e dagli enti ecclesiastici della Chiesa cattolica, nonché
dagli enti delle altre confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato
un'intesa ai sensi dell'articolo 8, comma terzo, della Costituzione, sia in
fase di programmazione delle priorità di inclusione sociale, sia in fase di
attuazione, nell'ambito della stesura del Piano sociale di zona da parte degli
enti locali, che possono stipulare convenzioni con le parrocchie e gli enti
suddetti, allo scopo di valorizzarne la funzione sociale, riconoscendo le spese
per lo svolgimento delle attività più tipiche degli stessi, laddove tali
attività siano coerenti con gli obiettivi del Piano stesso.
TITOLO II
FAMIGLIA NEL SISTEMA INTEGRATO DEI SERVIZI
Art. 22
(Famiglia nel sistema integrato dei servizi)
1. Il sistema
integrato d'interventi e servizi sociali valorizza il ruolo della famiglia,
così come riconosciuta dall'articolo 29 della Costituzione, quale nucleo
essenziale della società, indispensabile per la crescita, per lo sviluppo e la
cura delle persone, per la tutela della vita umana, del diritto di tutti i
cittadini all'informazione, alle prestazioni essenziali, alla flessibilità
degli interventi e alla libera scelta dei servizi, nonché al perseguimento
della condivisione delle responsabilità tra uomini e donne.
2. A tal fine la Regione promuove la tutela e il potenziamento delle risorse di
solidarietà della famiglia, attraverso il sostegno alla formazione di nuove
famiglie, attraverso la valorizzazione dell'associazionismo familiare,
attraverso l'integrazione tra strutture pubbliche, strutture di privato sociale
e reti parentali.
Art. 23
(Obiettivi)
1. Nel quadro dell'indirizzo e programmazione e dell'erogazione dei servizi
sociali a favore della famiglia, la Regione individua i seguenti obiettivi:
a) favorire la formazione di nuove
famiglie attraverso interventi che concorrono a eliminare gli ostacoli di
natura economica e sociale che ne impediscono la nascita e lo sviluppo, in
coerenza con gli articoli 29 e 31 della Costituzione;
b) predisporre specifici programmi
di sostegno, anche personalizzati, a fronte di situazioni di disagio e/o che
violano la dignità della persona umana;
c) sostenere il ruolo delle famiglie
che si fanno carico dei percorsi di cura di persone anziane e non
autosufficienti, prevalentemente centrati sull'assistenza domiciliare;
d) valorizzare la corresponsabilità
dei genitori nei confronti dei figli e il loro compito educativo e
d'istruzione, favorendo la solidarietà tra generazioni anche per la permanenza
dell'anziano nel proprio contesto di vita;
e) promuovere iniziative di mutuo
sostegno tra famiglie e creare reti di solidarietà nonché forme di
auto-organizzazione e imprenditorialità per favorire le funzioni familiari
particolarmente nell'attenzione ai bambini, agli adolescenti, agli anziani, ai
disabili;
f)
promuovere le iniziative delle reti sociali e delle organizzazioni
del privato sociale tendenti a sviluppare la responsabilità delle famiglie e la
capacità ad assumere in pienezza le proprie funzioni educative e sociali,
nonché a sostenere i percorsi per l'affido e l'adozione di minori;
g) conciliare e armonizzare i tempi
di vita e di lavoro, riconoscendo il diritto delle donne e degli uomini ad
assolvere agli impegni di cura senza rinunciare all'attività lavorativa, anche
sostenendo iniziative di mutualità tese allo sviluppo della solidarietà e al
miglioramento del rapporto tra le generazioni;
h) garantire parità di trattamento
tra utenti di scuole statali e paritarie, secondo il principio di eguaglianza e
nei limiti del dettato costituzionale, con riferimento agli interventi per
l'integrazione e il sostegno scolastico e per il diritto allo studio dei
minori;
i)
affiancare le coppie nella costruzione di un nuovo progetto di
vita e nel consolidamento del loro ruolo genitoriale, anche programmando
interventi economici e di erogazione dei servizi per l'infanzia, con
particolare riferimento alle prime fasi di vita dei figli, fino al compimento
del trentaseiesimo mese di vita.
Art. 24
(Priorità di intervento)
1. Per il raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 23, comma 1, la
Regione con il Piano regionale delle politiche sociali, ovvero con linee guida
di indirizzo, previa concertazione con gli enti locali, le organizzazioni
sindacali e con le associazioni delle famiglie più rappresentative a livello
regionale, indica le priorità strategiche di intervento in favore delle
famiglie, da realizzare nei Piani sociali di zona, nell'ambito delle risorse
assegnate a ciascun ambito territoriale per la realizzazione degli stessi
Piani.
2. La Regione favorisce l'assistenza a domicilio come risposta personalizzata
ai bisogni di ciascuno dei suoi membri, particolarmente se portatori di
handicap o anziani, anche assistendo, con idoneo sostegno economico o assegno
di cura, il necessario lavoro di cura di cui si fanno carico gli stessi
componenti del nucleo familiare, a condizione che tale lavoro di cura sia parte
integrante di un complessivo programma assistenziale individualizzato rivolto a
consentire la permanenza a domicilio di persone anche parzialmente prive di
autonomia fisica o psichica, ma che comunque non necessitano del ricovero in
strutture residenziali.
3. La Regione, in collaborazione con le AUSL e i Comuni, promuove lo sviluppo
delle attività dei consultori pubblici e privati per la valorizzazione
personale e sociale della maternità e della paternità responsabile, la tutela
dei minori e delle donne in difficoltà, l'unità e la stabilità familiare, il
ruolo genitoriale. La Regione sostiene lo sviluppo del servizio ostetrico sul
territorio, anche a domicilio, a sostegno della donna in stato di gravidanza e
del nucleo che si prepara ad accogliere una nuova vita.
4. La Regione promuove iniziative di educazione e informazione a sostegno del
ruolo svolto nei percorsi di crescita dei ragazzi e delle ragazze in età
pre-adolescenziale e sostiene, di concerto con gli enti locali,
l'organizzazione di servizi territoriali di aggregazione e animazione sociale
rivolti ai minori in età pre-adolescenziale e adolescenziale.
5. La Regione favorisce l'informazione, la consulenza, il sostegno e
l'assistenza alle vittime di violenze sessuali, con particolare riguardo ai
minori che abbiano subito maltrattamenti e abusi, cura la sensibilizzazione
delle comunità locali sulle problematiche connesse all'abuso e al
maltrattamento dei minori e delle donne e promuove la realizzazione di servizi
e interventi correttivi specializzati.
6. La Regione Puglia valorizza e sostiene i servizi di consulenza e di
mediazione familiare gestiti dagli enti locali, dall'associazionismo o dalle
organizzazioni di volontariato, promuovendone l'utilizzo coordinato nell'ambito
della programmazione regionale e locale secondo quanto previsto e nei limiti
del Piano regionale delle politiche sociali di cui all'articolo 9. I consultori
pubblici e privati autorizzati devono assicurare la realizzazione di programmi
di formazione dei giovani al futuro ruolo di coniugi e di genitori, nonché
programmi formativi e informativi riguardanti la procreazione responsabile.
7. La Regione promuove la ricerca, lo studio e l'informazione sulle tematiche
relative alla famiglia, articolando una specifica sezione dedicata alle
politiche familiari nell'ambito dell'Osservatorio regionale delle politiche
sociali di cui all'articolo 14.
Art. 25
(Politiche per il sostegno
dell'educazione e della crescita di minori)
1. La Regione, nella definizione degli strumenti attuativi per assicurare un effettivo
diritto allo studio, al fine di favorire il superamento delle limitazioni
derivanti da condizioni di disagio economico, può prevedere, tra l'altro,
interventi e contributi per progetti destinati alla prevenzione e recupero
degli abbandoni e della dispersione scolastica, anche mediante l'attivazione di
un servizio di psicologia scolastica.
2. In particolare la Regione finanzia annualmente progetti mirati e iniziative
sperimentali per il potenziamento dei servizi per la prima infanzia, come
individuati nel regolamento regionale di cui all'articolo 64, per il sostegno
dei percorsi per l'affido e l'adozione, per la protezione sociale delle madri
sole con figli, per la promozione di attività ludiche ed educative per
l'infanzia e di iniziative a sostegno del tempo libero, nonché per il sostegno
economico in situazioni di difficoltà e con figli fino ai trentasei mesi di
età.
3. Gli interventi di cui ai commi 1 e 2, nonché degli articoli 24 e 28, sono
promossi dalla Regione nell'ambito delle risorse annualmente attribuite al
Fondo nazionale per le politiche sociali di competenza regionale e al Fondo
globale socio-assistenziale regionale e sono realizzati dai Comuni associati in
ambiti territoriali, in modo integrato con i rispettivi Piani sociali di zona,
con il concorso di tutti i soggetti pubblici, privati e del terzo settore.
Art. 26
(Consulta delle associazioni
familiari)
1. E' istituita la Consulta regionale pugliese delle associazioni familiari
composta da:
a) il Presidente della Giunta
regionale o Assessore delegato;
b) un rappresentante del Forum
regionale delle associazioni familiari;
c) un rappresentante delle
associazioni di volontariato iscritte nel registro delle associazioni di
volontariato ai sensi della
legge regionale 16 marzo 1994, n. 11 (Norme di attuazione della legge-quadro sul volontariato);
d) un rappresentante delle
cooperative sociali iscritte nel registro delle cooperative sociali ai sensi
della legge
regionale 1 settembre 1993, n. 21 (Iniziative regionali a sostegno delle cooperative sociali
e norme attuative della legge 8 novembre 1991, n. 381);
e) un rappresentate delle Province
designato dall'UPI;
f)
un rappresentante dei Comuni designato dall'ANCI Puglia;
g) una rappresentante della
Commissione regionale pari opportunità;
h) il dirigente dell'Ufficio competente
per le politiche per le famiglie, nell'ambito del Settore sistema integrato
servizi sociali della Regione;
i)
tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali regionali più
rappresentative a livello nazionale.
2. La Consulta é nominata con decreto del Presidente della
Giunta regionale, elegge nel proprio seno il Presidente e delibera un proprio
regolamento interno per l'organizzazione e la disciplina dei lavori.
3. La Consulta dura in carica per la legislatura nel corso
della quale è stata insediata.
4. La Consulta esprime pareri e formula proposte in ordine
alla predisposizione degli atti di programmazione regionale che riguardano la
politica per la famiglia, nonché in ordine all'attuazione della medesima.
5. La Consulta è istituita senza oneri a carico del
bilancio regionale.
TITOLO III
CARATTERE UNIVERSALISTICO
DELLE POLITICHE
SOCIALI
Art. 27
(Carattere universalistico dei servizi)
1. In ottemperanza a quanto previsto
dagli articoli 2 e 3 della Costituzione, il sistema integrato dei servizi
sociali ha un carattere universalistico ed è teso a promuovere la dignità e il
benessere di ogni uomo e di ogni donna in Puglia.
2. Il sistema integrato dei servizi destinati alla
famiglia, diversi da quelli individuati al comma 2 dell'articolo 22, sono
estesi ai nuclei di persone legate, così come previsto all'articolo 4, comma 1,
del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223
(Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente), da
vincoli di parentela, affinità, adozione, tutela e da altri vincoli
solidaristici, purché aventi una coabitazione abituale e continuativa e dimora
nello stesso Comune. Salvo che per le persone legate da parentela o affinità,
per coabitazione abituale e continuativa s'intende quella tra due o più persone
che perduri da almeno due anni.
Art. 28
(Conciliazione dei tempi di vita e di
lavoro e armonizzazione dei tempi delle città)
1. La Regione promuove iniziative sperimentali per favorire
la stipula di accordi tra le organizzazioni imprenditoriali e le organizzazioni
sindacali e i soggetti del privato sociale, che consentano forme di
articolazione dell'attività lavorativa capaci di sostenere la conciliazione dei
tempi di vita e di lavoro, anche in attuazione della legge 8 marzo 2000, n. 53
(Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto
alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città).
2. La Regione promuove iniziative sperimentali, di concerto
con le amministrazioni locali, volte a sostenere percorsi per l'armonizzazione
dei tempi e degli orari delle città con i tempi di cura della famiglia, con
specifico riferimento all'organizzazione dei tempi delle attività
amministrative al servizio dei cittadini, all'attivazione di centri di
conciliazione e all'incentivazione della costituzione di banche del tempo e
altre forme di auto-organizzazione e mutualità familiari.
3. Al fine dell'attuazione delle iniziative di cui ai commi
precedenti, la Regione può destinare risorse del Fondo nazionale per le
politiche sociali, del Fondo globale socio-assistenziale e del Fondo per
l'armonizzazione dei tempi delle città di cui all'articolo 8 della l. 53/2000,
nonché altre risorse regionali, nazionali e comunitarie finalizzate al
perseguimento degli stessi scopi.
Art. 29
(Politiche abitative)
1. La Regione, anche al fine di agevolare le famiglie e i
nuclei di persone in stato di bisogno, con particolare riferimento a quelli numerosi
o con persone anziane o non autosufficienti in condizioni economiche disagiate,
promuove l'integrazione tra le politiche d'inclusione sociale e le politiche
abitative, con il sostegno per gli affitti, con il sostegno all'acquisto di
un'abitazione, con gli interventi per l'emergenza alloggiativa degli sfrattati
e affianca i Comuni nella realizzazione di programmi di edilizia residenziale
pubblica e di programmi di riqualificazione urbana rivolti anche all'incremento
dell'offerta di alloggi nelle aree urbane a maggiore tensione abitativa.
2. Al fine di sostenere il diritto alla casa per tutti i
cittadini pugliesi la Regione può destinare risorse del Fondo nazionale per le
politiche sociali e del Fondo globale socio-assistenziale, secondo quanto previsto
e nei limiti del Piano regionale delle politiche sociali di cui all'articolo 9, a integrazione delle risorse
regionali, nazionali e comunitarie destinate alle politiche abitative.
Art. 30
(Garante regionale dei diritti del
minore)
1. Al fine di assicurare sul territorio regionale la piena
attuazione dei diritti e degli interessi individuali e collettivi dei minori,
ai sensi di quanto previsto dalla legge 27 maggio 1991, n. 176 (Ratifica ed
esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20
novembre 1989), dalla Carta Europea dei diritti del fanciullo adottata a
Strasburgo il 25 gennaio 1996 e dall'articolo 50, comma 2, lettera a), dello
Statuto della Regione Puglia, è istituito presso il Consiglio regionale
l'Ufficio del Garante regionale dei diritti del minore, a cui è affidata la
protezione e la tutela non giurisdizionale dei diritti dell'infanzia, degli
adolescenti e dei minori residenti o temporaneamente presenti sul territorio
regionale.
2. L'Ufficio, in collaborazione e
stretto raccordo con i competenti Assessorati regionali, nonché con gli enti e
le istituzioni che si occupano di minori, promuove:
a) la diffusione di una cultura
rispettosa dei diritti per l'infanzia e l'adolescenza;
b) iniziative a favore
dell'esercizio dei diritti di cittadinanza da parte dei minori;
c) la collaborazione con enti locali
e istituzioni scolastiche per agevolare l'obbligo scolastico anche da parte dei
minori che vivono in contesti sociali a rischio di esclusione;
d) le azioni per la prevenzione
dell'abuso e del maltrattamento familiare e iniziative nei confronti delle
famiglie;
e) le azioni per accogliere le
segnalazioni in merito a violazioni dei diritti di minori e per sollecitare le
amministrazioni competenti nell'adozione di interventi adeguati per rimuovere
le cause che ne impediscono la tutela e il rispetto dei diritti;
f)
le iniziative, anche in collaborazione con le istituzioni della
giustizia minorile, per il rispetto dei diritti dei minori sottoposti a
provvedimenti restrittivi e per la prevenzione della devianza minorile, rivolte
a insegnanti, forze di polizia e altri operatori pubblici;
g) il rispetto del principio di pari
opportunità tra donne e uomini, anche attraverso la promozione di azioni
positive in raccordo con la Consigliere regionale di parità di cui alle legge
10 aprile 1991, n. 125 (Azioni positive per la realizzazione della parità
uomo-donna nel lavoro);
h) la sensibilizzazione presso gli
organi d'informazione, a mezzo di stampa, radio, televisione e web, nei
confronti dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ivi inclusa la
vigilanza sulla programmazione televisiva e su ogni altra forma di
comunicazione audiovisiva e telematica, affinché siano salvaguardati e tutelati
i bambini e le bambine, in ordine alla rappresentazione della realtà rispetto
alla percezione infantile;
i)
il sostegno tecnico e legale agli operatori dei servizi sociali e
propone alla Giunta regionale lo svolgimento di attività di formazione;
j)
l'istituzione di un elenco regionale di tutori o curatori a cui
possano attingere anche i giudici competenti;
k) la verifica delle condizioni e
degli interventi volti all'accoglienza e all'inserimento del minore straniero
non accompagnato;
l)
la formulazione di proposte ovvero di pareri su atti normativi e
di indirizzo che riguardino l'infanzia e l'adolescenza, di competenza della
Regione e degli enti locali.
3. Per lo svolgimento dei compiti di cui al comma 2, l'Ufficio del Garante regionale
dei diritti del minore;
a) stipula apposite convenzioni con
soggetti pubblici e privati per lo svolgimento di specifiche attività;
b) stabilisce accordi e intese con
ordini professionali e associazioni di categoria, nonché con organismi che si
occupano di infanzia e adolescenza;
c) sostiene studi, ricerche e scambi
di esperienze negli ambiti della tutela dei diritti dell'infanzia e
dell'adolescenza;
d) attiva interventi sostitutivi in
caso di inadempienza o gravi ritardi nell'azione degli enti locali a tutela dei
minori;
e) collabora con l'Assessorato
regionale competente per l'avvio di campagne di comunicazione e di
sensibilizzazione contro il maltrattamento e l'abuso a danno dei minori, per il
sostegno dell'affido di minori, per la promozione del ruolo genitoriale.
4. L'Ufficio del Garante regionale dei diritti del minore ha sede presso il
Consiglio regionale e si avvale di apposita struttura nonché opera in stretto
raccordo con le strutture regionali competenti in materia di politiche e di
servizi sociali.
5. La Giunta regionale approva, entro centottanta giorni dalla data di entrata
in vigore della presente legge, il regolamento per la composizione e il
funzionamento dell'Ufficio del Garante regionale dei diritti del minore.
6. La Presidenza dell'Ufficio del Garante regionale dei diritti del minore
viene assegnata all'Unicef nella persona del rappresentante regionale
pro-tempore.
Art. 31
(Ufficio del Garante delle persone
sottoposte a misure restrittive della libertà personale)
1. E' istituito, presso il Consiglio regionale, l'Ufficio del Garante regionale
delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, di
seguito denominato Garante, nell'ambito del territorio della Regione Puglia, al
fine di contribuire a garantire, in conformità ai principi fondamentali della
Costituzione e nell'ambito delle competenze regionali, i diritti delle persone
presenti negli istituti penitenziari, negli istituti penali per minori, nei
centri di prima accoglienza e nei centri di assistenza temporanea per
stranieri, nelle strutture sanitarie in quanto sottoposti al trattamento
sanitario obbligatorio.
2. Il Garante svolge le seguenti funzioni:
a) assume ogni iniziativa volta ad
assicurare che le misure di restrizione della libertà personale siano attuate
in conformità dei principi e delle norme stabiliti dalla Costituzione, dalle
convenzioni internazionali sui diritti umani, dalle leggi dello Stato e dai
regolamenti. In particolare assume ogni iniziativa volta ad assicurare che ai
soggetti interessati siano erogate le prestazioni inerenti al diritto alla
salute, all'istruzione e alla formazione professionale e ogni altra prestazione
finalizzata al recupero, alla reintegrazione sociale e all'inserimento nel
mondo del lavoro;
b) segnala agli organi regionali
eventuali fattori di rischio o di danno per i soggetti interessati, dei quali
venga a conoscenza in qualsiasi forma, su indicazione sia degli stessi soggetti
sia di associazioni o di organizzazioni non governative che svolgano attività
inerenti a quanto segnalato;
c) si attiva nei confronti
dell'amministrazione interessata affinché questa assuma le necessarie
iniziative volte ad assicurare le prestazioni di cui alla lettera a);
d) interviene nei confronti degli
enti interessati e delle strutture regionali in caso di accertate omissioni o
inosservanze di quanto disposto dalle norme vigenti, per le rispettive
competenze, che compromettano l'erogazione delle prestazioni di cui alla
lettera a) e, qualora dette omissioni o inosservanze perdurino, propone agli
organi regionali titolari della vigilanza su tali strutture ed enti le
opportune iniziative, ivi compreso l'esercizio dei poteri sostitutivi;
e) propone agli organi regionali gli
interventi amministrativi e legislativi da intraprendere per contribuire ad
assicurare il pieno rispetto dei diritti dei soggetti interessati e, su
richiesta degli stessi organi, esprime pareri su atti amministrativi e
legislativi che possono riguardare anche detti soggetti;
f)
propone all'Assessorato regionale competente iniziative concrete
d'informazione e promozione culturale sui temi dei diritti e delle garanzie
delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale;
g) informa dello svolgimento delle
funzioni di cui al comma 1 costantemente il Presidente della Giunta regionale.
3. L'Ufficio del Garante ha sede
presso il Consiglio regionale. Per il suo finanziamento è istituito il Servizio
del Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della
libertà personale, la cui dotazione organica è stabilita con deliberazione del
Consiglio regionale, sentito il Garante. Il personale assegnato è individuato
nell'organico regionale e dipende funzionalmente dal Garante. Il Garante può,
inoltre, avvalersi di esperti da consultare su specifici temi e problemi,
nonché della collaborazione di associazioni di volontariato e di enti di
ricerca.
4. Il Garante, d'intesa con gli Assessori proponenti, promuove la
sottoscrizione di protocolli d'intesa tra la Regione e le amministrazioni
statali per:
a) attivare all'interno degli
istituti penitenziari strumenti informativi e di supporto ai detenuti in relazione
agli interventi rientranti nelle materie di competenza regionale per le
finalità di cui al comma 1;
b) prevedere anche altre forme di
collaborazione volte ad agevolare lo svolgimento delle sue funzioni.
5. Il Garante presenta ogni anno, entro il 30 aprile, al
Consiglio regionale una relazione sugli accertamenti espletati, sui risultati
di essi e sui provvedimenti normativi e organizzativi di cui intende segnalare
la necessità. Il Consiglio regionale discute la relazione in apposita sessione,
convocata entro trenta giorni dalla data di presentazione della stessa.
6. La Giunta regionale approva, entro centottanta giorni dalla data di entrata
in vigore della presente legge, il regolamento per la composizione e il
funzionamento dell'Ufficio del Garante regionale delle persone sottoposte a
misure restrittive della libertà personale.
Art. 32
(Interventi sociali per lo sviluppo e la riqualificazione
urbana)
1. Nell'ambito dei programmi di riqualificazione urbana promossi e finanziati
dalla Regione Puglia a valere su risorse comunitarie, nazionali e regionali
finalizzate, sono individuati gli interventi a valenza sociale volti ad
assicurare un reale miglioramento nelle condizioni di vita dei cittadini residenti
in un quartiere o in un Comune oggetto di interventi.
2. A tal fine i programmi di riqualificazione urbana di cui al comma 1
prevedono, quali elementi qualificanti e da considerare parte integrante dei
programmi stessi, investimenti per accrescere la dotazione di infrastrutture
sociali del territorio oggetto dell'intervento, la qualità e l'offerta di
soluzioni abitative per i residenti, la dotazione di verde urbano e di aree
attrezzate a servizi per favorire l'aggregazione sociale, la rete del trasporto
urbano e la dotazione di piste ciclabili e pedonali, impianti semaforici e
segnaletica dedicata al fine di favorire la mobilità accessibile e sicura nei
contesti urbani per diversamente abili, bambini e ragazzi, persone anziane.
3. Gli interventi di cui al comma 2 si integrano con la rete dei servizi e
degli interventi sociali di cui il Piano sociale di zona dell'ambito
territoriale interessato prevede la realizzazione.
Art. 33
(Interventi di sostegno economico e
contrasto alle povertà)
1. La Regione promuove la conoscenza e la programmazione di interventi mirati
per il contrasto di tutte le forme di povertà derivanti da insufficienza dei
mezzi economici per il sostentamento delle persone e dei nuclei familiari.
2. Nell'ambito del sistema integrato d'interventi e servizi sociali, la Regione
promuove l'introduzione di forme di sostegno economico delle persone e delle
famiglie, a integrazione del reddito e in relazione alle differenti condizioni
di disagio economico, purché tali sostegni economici siano strettamente
integrati con:
a) l'offerta di servizi di
socializzazione e cura per le persone in condizione di povertà, anche
temporanea, per le quali non è utile definire percorsi di inserimento o di
reinserimento lavorativo o che risultano inserite nel mondo del lavoro con
forme contrattuali flessibili che determinano discontinuità del reddito da
lavoro (contributo sociale per l'integrazione del reddito);
b) la frequenza di percorsi
scolastici di ogni ordine, nonché con l'offerta di percorsi di formazione professionale
e di inserimento lavorativo, per le persone in condizione di povertà che
possono essere inserite in percorsi di recupero graduale dell'autonomia e
dell'autosufficienza economica, anche mediante la stretta collaborazione con i
Centri territoriali per l'impiego, per lo sviluppo di percorsi per
l'autoimprenditorialità e di interventi a sostegno dell'incontro tra domanda e
offerta di lavoro (reddito minimo di inserimento);
c) l'offerta di servizi
complementari all'assistenza domiciliare di persone fragili di cui il nucleo
familiare si fa carico (assegno di cura);
d) altre forme di sostegno economico
a integrazione del reddito, quali i contributi per l'alloggio, i servizi del
pronto intervento sociale e altri, così come potranno essere individuati dalla
Regione e dai Comuni attraverso i Piani sociali di zona.
3. La Regione promuove misure specifiche in favore delle
famiglie numerose, in termini di interventi di agevolazioni fiscali e
tributarie, nei limiti delle competenze proprie e degli enti locali in materia
e nei limiti delle risorse disponibili, nonché per accrescerne le opportunità e
le priorità di accesso ai servizi e per favorirne la partecipazione alla
definizione delle politiche sociali e familiari.
4. Il Settore programmazione sociale e integrazione socio-sanitaria predispone
e la Giunta regionale approva, entro un anno dalla data di entrata in vigore
della presente legge e previa concertazione con le associazioni degli enti
locali, con le organizzazioni sindacali e con le principali rappresentanze dei
soggetti del terzo settore, il Piano regionale per il contrasto alla povertà, a
integrazione del Piano regionale delle politiche sociali, che viene finanziato
con risorse aggiuntive individuate dalla Giunta regionale tra i fondi
comunitari, nazionali e regionali rivolti alle politiche d'inclusione sociale.
5. In coerenza con gli indirizzi della Regione, i Comuni prevedono nei
rispettivi Piani sociali di zona gli interventi mirati al contrasto alle
povertà, a valere sulle risorse assegnate dalla Regione per l'attuazione degli
stessi piani e sulle risorse proprie comunali apportate a cofinanziamento,
derivanti anche dalla contestuale razionalizzazione di tutte le forme di
sostegno economico attuate sul proprio territorio.
6. I Comuni, per sostenere le responsabilità individuali e familiari nel
superamento delle condizioni di povertà, in alternativa a interventi di
sostegno economico e in presenza di situazioni temporanee di gravi difficoltà
finanziarie, possono concedere prestiti sull'onore a tasso zero secondo piani
di restituzione concordati e funzionali al raggiungimento di obiettivi
condivisi nell'ambito di un progetto personalizzato. A tal fine i Comuni
sottoscrivono apposite convenzioni con istituti di credito e con la finanza
etica, rimanendo a carico dei Comuni l'onere degli interessi, nell'ambito di
quanto sarà definito nel Piano regionale per il contrasto alla povertà e nei
rispettivi Piani sociali di zona.
7. La Regione individua e promuove azioni di sostegno e aiuto finalizzate a
favorire l'autonomia, l'integrazione sociale, l'inserimento lavorativo e la
mobilità delle persone diversamente abili residenti nel territorio regionale,
nell'ambito delle attribuzioni rivenienti dalle vigenti norme nazionali e
regionali in materia. A tal fine promuove, con le modalità che saranno definite
nel regolamento regionale di cui all'articolo 64, la concessione di specifici
contributi in favore di persone diversamente abili, loro tutori o altre persone
dello stesso nucleo familiare che intendano guidare autovetture per cui è
necessario il possesso della patente A, B o C speciali, al fine di concorrere
al sostegno della spesa per l'acquisizione delle patenti speciali, per
l'adattamento di veicoli di uso privato destinati alla mobilità di cittadini
con gravi disabilità, per l'adattamento e la manutenzione degli strumenti di
guida a favore dei titolari di patenti A, B o C speciali con disabilità motorie
permanenti.
Art. 34
(Politiche per le persone immigrate)
1. La Regione Puglia, in attuazione dei principi indicati nello Statuto,
nell'ambito delle proprie competenze ai sensi dell'articolo 117 della
Costituzione e del Testo Unico emanato con d.lgs. 286/1998, e ispirandosi ai
principi e ai valori della "Dichiarazione fondamentale dei diritti
dell'uomo" e della "Carta dei diritti fondamentali dell'Unione
Europea", promuove iniziative rivolte ad attribuire a tutte le persone
immigrate e alle loro famiglie che dimorano o risiedono nel territorio della
Regione Puglia e che dimostrino di avere rispettato le vigenti disposizioni
normative in materia di flussi migratori, condizioni di uguaglianza con i
cittadini italiani nel godimento dei diritti civili e concorre a rimuovere le
cause che ne ostacolano l'inserimento nell'organizzazione sociale, culturale ed
economica della Regione.
2. Le politiche per le persone immigrate sono rivolte a favorirne
l'accoglienza, a prevenire e contrastare fenomeni di esclusione sociale e
quindi di emarginazione e devianza, a promuovere la piena integrazione sociale
e culturale delle persone immigrate nelle comunità locali in cui vivono. La
Regione Puglia concorre ad assicurare condizioni di vita dignitose agli
immigrati ospitati temporaneamente nei centri di accoglienza con iniziative adeguate
da realizzare in raccordo con i Comuni sul cui territorio insistono tali
centri.
3. La Regione promuove l'articolazione del sistema integrato degli interventi e
dei servizi sociali e gli specifici interventi rivolti alla tutela e promozione
sociale delle persone immigrate, perseguendo le seguenti finalità, in stretto
raccordo con i Comuni, per le rispettive competenze:
a) individuare e rimuovere gli
ostacoli di carattere economico, sociale e culturale alla piena integrazione,
allo scopo di garantire alle persone immigrate pari opportunità di accesso
all'abitazione, al lavoro, all'istruzione e alla formazione professionale, ai
percorsi di cura e assistenza sociale per tutte le situazioni di fragilità e a
rischio di devianza;
b) individuare e rimuovere eventuali
condizioni di marginalità sociale;
c) promuovere la comunicazione e la
reciproca conoscenza tra cittadini stranieri immigrati e italiani, singoli e
associati, anche attraverso centri interculturali;
d) contrastare fenomeni che
comportano atti di violenza o di sfruttamento, anche sessuale, delle persone
immigrate, con specifico riferimento alle donne e ai minori;
e) garantire, nell'ambito delle
proprie competenze, percorsi di assistenza e tutela rivolti a minori stranieri
non accompagnati, nonché di reinserimento di minori dimessi da istituti penali
minorili;
f)
garantire il rispetto per la cultura di origine e la pratica
religiosa, purché non in contrasto con le leggi vigenti in Italia e nel
rispetto dei diritti umani.
4. Oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell'articolo
117, comma secondo, lettera m), della Costituzione, nonché dell'articolo 12
della presente legge, in coerenza con le finalità espresse al comma 3, sono
compresi tra gli interventi e i servizi per le persone immigrate:
a) l'attivazione di percorsi
integrati di inserimento sociale, scolastico, formativo e lavorativo, favorendo
la comunicazione e la convivenza interculturale;
b) la promozione della
partecipazione degli immigrati alle attività culturali, educative e ricreative
delle comunità locali, nonché la promozione di attività di recupero della
cultura e della lingua di origine, al fine di garantire il rispetto
dell'identità personale delle persone immigrate;
c) l'accesso ai servizi offerti sul
territorio, culturali, di trasporto, amministrativi, sociali e sanitari,
mediante l'attivazione di specifiche campagne d'informazione e interventi di
mediazione culturale, consulenza legale, orientamento, formazione. In
particolare, in applicazione della Convenzione internazionale dei diritti del
fanciullo (1990), si provvede a iscrivere al Servizio Sanitario Nazionale (SSN)
tutti i minori presenti nel territorio regionale;
d) la predisposizione di progetti
mirati a favore di cittadini stranieri in situazioni di particolare fragilità,
quali profughi, rifugiati, richiedenti asilo, vittime di tratta;
e) la predisposizione di interventi
a sostegno abitativo per le persone immigrate, capaci di affrontare le
emergenze abitative, anche a carattere temporaneo, che le interessino;
f)
la predisposizione di specifici interventi finalizzati al
contrasto del lavoro sommerso;
g) la realizzazione di appositi
corsi di formazione per il personale degli uffici pubblici che si occupano di
gestione delle politiche per le persone immigrate;
h) la promozione, d'intesa con i
Comuni, di progetti sperimentali per i problemi abitativi dei Rom, attraverso
il reperimento di aree attrezzate sia per le situazioni di transito che per
quelle residenziali.
Art. 35
(Azioni e interventi. Competenze dei
Comuni)
1. Le iniziative e le attività previste dalla presente legge sono realizzate
sulla base della rilevazione dei bisogni operata dagli enti locali, dalle
associazioni e dalle forze sociali, per conseguire un'azione territorialmente
equilibrata e integrata.
2. I Comuni concorrono alla programmazione e realizzano gli interventi per le
persone immigrate in modo da garantire la massima integrazione con la rete
degli interventi e dei servizi sociali promossa con i Piani sociali di zona,
anche considerando le pari opportunità di accesso a tale rete per le persone
immigrate.
3. Ogni ambito territoriale organizza, in modo integrato con la rete dei
servizi d'accesso previsti nel Piano sociale di zona, un apposito servizio per
gli immigrati con compiti di osservazione, informazione, assistenza legale,
mediazione culturale e linguistica, intermediazione abitativa. Detto servizio
deve essere organizzato in modo da estendere i suoi effetti su tutti i Comuni
dell'ambito territoriale ed è prioritariamente rivolto agli immigrati vittime
di discriminazioni per motivi etnici, razziali, religiosi, sessuali.
4. I Comuni dedicano alla realizzazione degli interventi e dei servizi in
favore delle persone immigrate, ove si tratti di interventi specifici e
dedicati rispetto alla rete dei servizi sociali, una quota di risorse
finalizzate dei trasferimenti ricevuti dalla Regione, di cui all'articolo 67,
secondo quanto previsto dal Piano regionale delle politiche sociali, oltre a
eventuali risorse aggiuntive di provenienza comunitaria, nazionale e regionale.
Art. 36
(Programmazione e sostegno. Competenze della Regione)
1. La Regione partecipa, anche con l'apporto di risorse proprie, a iniziative
nazionali e comunitarie rivolte a promuovere l'accoglienza, l'inclusione
sociale e l'inserimento lavorativo di persone immigrate.
2. La Regione programma e promuove, con il Piano regionale delle politiche
sociali, ovvero con linee guida di indirizzo mirate, iniziative concernenti
attività sociali integrate con attività culturali, diritto allo studio,
inserimento nel mercato del lavoro e formazione professionale, attività
economiche di sostegno all'autoimprenditorialità e all'emersione del sommerso,
specificamente nel lavoro di cura, interventi socio-assistenziali e sanitari,
diritto alla casa, assicurando agli immigrati di cui all'articolo 34, comma 1, l'estensione degli interventi e
delle azioni previste a favore dei cittadini pugliesi, oltre a specifiche
iniziative concernenti la tutela dei minori immigrati.
Art. 37
(Albo dei centri di accoglienza)
1. E' istituito l'Albo regionale dei centri di accoglienza per gli immigrati.
2. La Giunta regionale disciplina con il regolamento regionale di cui
all'articolo 64 i criteri strutturali e gestionali cui i centri devono
uniformarsi per ottenere l'iscrizione all'Albo e le modalità di iscrizione.
3. I Comuni interessati autorizzano l'istituzione di non più di due centri di
accoglienza nel proprio territorio; nel quadro delle norme regolamentari
regionali, i Comuni espletano compiti di gestione, controllo e vigilanza sui
centri di accoglienza.
4. L'iscrizione all'Albo regionale dei centri di accoglienza costituisce
condizione indispensabile per l'ammissione ai finanziamenti e alla stipula
delle convenzioni di cui all'articolo 38, comma 2, del d. lgs. 286/1998.
5. Ai Comuni inferiori ai 20 mila abitanti, sede di centri di accoglienza con
permanenza media di duecento unità giornaliere su base annua, vengono
attribuite risorse rivenienti dalla legge
regionale 12 maggio 1980, n. 42 (Norme organiche per l'attuazione del diritto allo studio),
calcolando al doppio il numero degli alunni ammessi ai vari servizi e per
l'articolo 15 della legge
regionale 4 maggio 1999, n. 17 (Misure di rilievo finanziario per la programmazione regionale e
la razionalizzazione della spesa - Collegato alla legge di bilancio di
previsione per l'esercizio finanziario 1999 e bilancio pluriennale 1999/2001),
calcolando al doppio il numero dei residenti.
6. Nelle more dell'istituzione dell'Albo regionale dei centri di accoglienza,
le disposizioni di cui al comma 5, fermo restando l'ammontare delle risorse
rivenienti dalla l.r. 42/1980, nonché dall'articolo 15 della l.r.
17/1999, si
applicano direttamente nei confronti dei Comuni sede dei centri di accoglienza
riconosciuti con decreto del Ministro per la solidarietà sociale ai sensi del
decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 (Regolamento
recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma
dell'articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), su
richiesta del Sindaco che attesta la permanenza media di duecento unità
giornaliere su base annua con riferimento all'anno precedente.
Art. 38
(Centri di accoglienza già in
funzione)
1. I centri di accoglienza in funzione alla data di entrata in vigore della
presente legge in collaborazione con le Prefetture e/o i Comuni possono
continuare la propria attività adottando metodologie di gestione sempre meglio
ispirate al criterio del rispetto dei diritti delle persone e della dignità
umana, nonché di tutte le norme igieniche e sulla sicurezza vigenti.
2. Le strutture e l'organizzazione interna dei centri devono successivamente
essere adeguate entro termini perentori alle norme regolamentari di cui
all'articolo 37.
TITOLO IV
TIPOLOGIE, STANDARD, AUTORIZZAZIONE
E ACCREDITAMENTO
Art. 39
(Criteri)
1. Nel presente titolo sono definiti i criteri per l'autorizzazione,
l'accreditamento e la vigilanza delle strutture socio-assistenziali a gestione
pubblica o a gestione privata.
2. L'iscrizione nei registri
regionali delle strutture e dei servizi socio-assistenziali garantisce ai
cittadini la qualità delle prestazioni.
Art. 40
(Strutture e servizi soggetti ad autorizzazione)
1. Sono soggette all'autorizzazione e al funzionamento tutte le strutture e i
servizi socio-assistenziali già operanti e quelli di nuova istituzione che,
indipendentemente dalla denominazione dichiarata, sono rivolti a:
a) minori, per interventi
socio-assistenziali ed educativi integrativi o sostitutivi della famiglia;
b) disabili e affetti da malattie
croniche invalidanti e/o progressive e terminali, per interventi
socio-assistenziali o socio-sanitari finalizzati al mantenimento e al recupero
dei livelli di autonomia della persona e al sostegno della famiglia;
c) anziani, per interventi
socio-assistenziali o socio-sanitari finalizzati al mantenimento e al recupero
delle residue capacità di autonomia della persona e al sostegno della famiglia;
d) persone affette da AIDS che
necessitano di assistenza continua e risultano prive del necessario supporto
familiare o per le quali la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente
o definitivamente impossibile o contrastante con il progetto individuale;
e) persone con problematiche
psico-sociali che necessitano di assistenza continua e risultano prive del
necessario supporto familiare o per le quali la permanenza nel nucleo familiare
sia temporaneamente o definitivamente impossibile o contrastante con il
progetto individuale;
f)
adulti con problematiche sociali per i quali la permanenza nel
nucleo familiare sia temporaneamente o permanentemente impossibile o
contrastante con il progetto individuale;
g) adulti e nuclei familiari che si
trovino in specifiche situazioni di difficoltà economica, connesse a forme
estreme di povertà, anche temporanee, a difficoltà abitative, ovvero a
provvedimenti di restrizione delle libertà personali mediante regimi detentivi
disposti dall'autorità giudiziaria;
h) persone immigrate e loro nuclei
familiari.
2. Per le strutture di cui alle lettere b), c), d) ed e)
del comma 1 che chiedono di erogare anche prestazioni socio-sanitarie, fatto
salvo il rispetto dei requisiti richiesti per le prestazioni sanitarie,
l'autorizzazione alla realizzazione e al funzionamento di cui al comma 1 è
rilasciata in conformità delle disposizioni di cui all'articolo 8 ter del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in
materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n.
421), con specifico riferimento all'autorizzazione rilasciata dal Comune e
subordinata alla verifica di compatibilità prevista per le strutture di cui
all'articolo 5, comma 1, lettera a), punto 1), della legge
regionale 28 maggio 2004, n. 8 (Disciplina in materia di autorizzazione alla realizzazione e
all'esercizio, all'accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle
strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private).
Art. 41
(Strutture per minori)
1. Le strutture per minori che erogano interventi socio-assistenziali ed
educativi integrativi o sostitutivi della famiglia sono distinti secondo le
seguenti tipologie:
a) comunità familiare;
b) comunità educativa;
c) comunità di pronta accoglienza;
d) comunità alloggio o gruppo
appartamento per adolescenti;
e) centro socio-educativo diurno e
di aggregazione per pre-adolescenti e adolescenti;
f)
centro aperto polivalente;
g) asili nido.
2. La comunità familiare è struttura educativa
residenziale, caratterizzata da bassa intensità assistenziale, destinata alla
convivenza stabile di un piccolo gruppo di minori con due o più adulti che
assumono le funzioni genitoriali.
3. La comunità educativa è struttura residenziale a carattere comunitario di
tipo familiare caratterizzata dalla convivenza di un gruppo di minori con
un'équipe di operatori professionali che svolgono la funzione educativa come
attività di lavoro. Se la struttura accoglie anche minori con problematiche
psico-sociali, le prestazioni socio-sanitarie eventualmente richieste sono a
carico del Servizio Sanitario Regionale (SSR).
4. La comunità di pronta accoglienza è struttura educativa residenziale a
carattere comunitario caratterizzata dalla temporaneità dell'accoglienza di un
piccolo gruppo di minori con un gruppo di educatori che a turno assumono la
funzione di adulto di riferimento svolgendo attività lavorativa.
5. La comunità alloggio o gruppo appartamento per adolescenti è struttura
educativa residenziale a carattere comunitario caratterizzata dalla convivenza
di un gruppo di giovani, con la presenza, limitata ad alcuni momenti della
giornata, di operatori professionali che a turno assumono la funzione di adulto
di riferimento.
6. Il centro socio-educativo diurno è struttura di prevenzione e recupero
aperta a tutti i minori che, attraverso la realizzazione di un programma di
attività e servizi socio-educativi, culturali, ricreativi e sportivi, mira in
particolare al recupero di minori con problemi di socializzazione o esposti al
rischio di dispersione scolastica, emarginazione e di devianza e opera in
stretto collegamento con i servizi sociali dei comuni e con le istituzioni
scolastiche, nonché con i servizi di cui ai commi 3 e 4. Se la struttura
accoglie anche minori con problematiche psico-sociali, le prestazioni
socio-sanitarie eventualmente richieste sono a carico del SSR.
7. Il centro aperto polivalente è una struttura aperta a tutti i minori del
territorio e opera, preferibilmente, in raccordo con i servizi sociali dei
comuni e con le istituzioni scolastiche, attraverso la progettazione e la
realizzazione di interventi di socializzazione ed educativo-ricreativi miranti
a promuovere il benessere della comunità e contrastare fenomeni di marginalità
e disagio minorile.
8. L'asilo nido è un servizio educativo e sociale aperto ai minori in età
compresa tra i tre mesi e i tre anni che concorre con le famiglie alla loro
crescita e formazione, nel quadro di una politica per la prima infanzia e delle
garanzie del diritto all'educazione, nel rispetto dell'identità individuale,
culturale e religiosa. Questo servizio è organizzato anche come micro-nido,
come asilo nido aziendale, ovvero come sezioni primavera, per l'accoglienza dei
bambini da ventiquattro a trentadue mesi connessa alla riforma nazionale della
scuola e il regolamento regionale ne disciplina gli standard strutturali e
organizzativo-funzionali.
Art. 42
(Strutture per disabili)
1. Le strutture per disabili sono distinte secondo le seguenti tipologie:
a) comunità alloggio/gruppo
appartamento;
b) comunità socio-riabilitativa;
c) residenza protetta o residenza
socio-sanitaria assistenziale, a bassa e media intensità assistenziale;
d) centro diurno socio-educativo e/o
riabilitativo.
2. La comunità alloggio/gruppo appartamento è struttura
residenziale a bassa intensità assistenziale, parzialmente autogestita,
destinata a soggetti maggiorenni, privi di validi riferimenti familiari, in
situazione di handicap fisico, intellettivo o sensoriale che mantengano una
buona autonomia tale da non richiedere la presenza di operatori in maniera
continuativa.
3. La comunità socio-riabilitativa è struttura residenziale socio-assistenziale
a carattere comunitario destinata a soggetti privi del sostegno familiare o per
i quali la permanenza nel nucleo familiare sia valutata temporaneamente o
definitivamente impossibile o contrastante con il progetto individuale. La
struttura è finalizzata a garantire una vita quotidiana significativa, sicura e
soddisfacente a persone in situazione di compromissione funzionale, con nulla o
limitata autonomia e assicura l'erogabilità d'interventi socio-sanitari non
continuativi assimilabili alle forme di assistenza rese a domicilio. In
presenza di utenti minori, l'équipe di operatori è integrata con le figure
professionali adeguate in relazione alle specifiche esigenze.
4. La residenza protetta o residenza socio-sanitaria assistenziale a bassa e
media intensità assistenziale è struttura residenziale socio-assistenziale
destinata a persone in situazione di handicap con gravi deficit psico-fisici
che richiedono un alto grado di assistenza alla persona con interventi di tipo
educativo, assistenziale e riabilitativo a elevata integrazione
socio-sanitaria.
5. Il centro diurno socio-educativo, anche all'interno o in collegamento con le
strutture di cui ai commi 3 e 4, è struttura socio-assistenziale a ciclo diurno
finalizzata al mantenimento e al recupero dei livelli di autonomia della
persona e al sostegno della famiglia. Il centro è destinato a soggetti
diversamente abili, anche psico-sensoriali, con notevole compromissione delle
autonomie funzionali, ovvero pazienti psichiatrici stabilizzati, e per i quali
non è prevedibile nel breve periodo un percorso di inserimento lavorativo e
assicura l'erogabilità delle prestazioni riabilitative di carattere
socio-sanitario.
Art. 43
(Strutture per anziani)
1. Le strutture per anziani sono distinte secondo le seguenti tipologie:
a) comunità alloggio/gruppo
appartamento;
b) casa alloggio;
c) casa di riposo;
d) residenza protetta o residenza
socio-sanitaria assistenziale a bassa e media intensità assistenziale;
e) centro diurno.
2. La comunità alloggio/gruppo appartamento è struttura
residenziale autogestita, a bassa intensità assistenziale, consistente in un
nucleo di convivenza a carattere familiare per anziani autosufficienti che
necessitano di una vita comunitaria e di reciproca solidarietà.
3. La casa alloggio è struttura residenziale a prevalente accoglienza
alberghiera, a bassa intensità assistenziale, costituita da un insieme di
alloggi di piccola dimensione e varia tipologia dotati di tutti gli accessori
per consentire una vita autonoma e da servizi collettivi, destinata ad anziani
autosufficienti.
4. La casa di riposo è struttura residenziale a prevalente accoglienza
alberghiera destinata a ospitare, temporaneamente o permanentemente, anziani
autosufficienti che per loro scelta preferiscono avere servizi collettivi
anziché gestire in maniera autonoma la propria vita o che hanno dei limitati
condizionamenti di natura fisica, psichica, economica o sociale nel condurre
una vita autonoma.
5. La residenza protetta o residenza sanitaria assistita a bassa e media
intensità assistenziale è struttura residenziale, a prevalente accoglienza
alberghiera e a integrazione socio-sanitaria, destinata a ospitare,
temporaneamente o permanentemente, anziani non autosufficienti con limitazioni
fisiche e/o psichiche non in grado di condurre una vita autonoma, ma che non
necessitano di prestazioni sanitarie complesse.
6. Il centro diurno è struttura socio-assistenziale a regime semiresidenziale
costituente luogo d'incontro e di relazioni in grado di permettere, anche
all'interno o in collegamento con le strutture di cui ai commi 3, 4 e 5, l'erogabilità delle prestazioni
che rispondano a specifici bisogni della popolazione anziana.
Art. 44
(Strutture per persone con
problematiche psico-sociali)
1. Le strutture per persone con problematiche psico-sociali sono distinte
secondo le seguenti tipologie:
a) casa famiglia per persone con
problematiche psico-sociali;
b) comunità alloggio/gruppo
appartamento per ex tossicodipendenti.
2. La casa famiglia per persone con problematiche
psico-sociali è struttura residenziale a carattere prevalentemente sociale e a
bassa intensità assistenziale sanitaria, per accoglienza temporanea o
permanente, consistente in un nucleo, anche autogestito, di convivenza a
carattere familiare per persone con problematiche psico-sociali definitivamente
uscite dal circuito sanitario/psichiatrico, prive di validi riferimenti
familiari, ovvero persone con disturbi mentali per le quali si reputi opportuno
l'allontanamento dal nucleo familiare e/o che necessitano di sostegno nel
mantenimento del livello di autonomia e nel percorso di inserimento o
reinserimento sociale e/o lavorativo.
3. La comunità alloggio/gruppo appartamento per ex tossicodipendenti è
struttura residenziale temporanea o permanente a bassa intensità assistenziale,
a carattere familiare, autogestito da soggetti privi di validi riferimenti
familiari o per i quali si reputi opportuno l'allontanamento dal nucleo
familiare o che necessitano di sostegno nel percorso di autonomia e di
inserimento o reinserimento sociale.
Art. 45
(Strutture per adulti con
problematiche sociali)
1. Le strutture
per persone adulte con problematiche sociali sono distinte secondo le seguenti
tipologie:
a) comunità alloggio/gruppo
appartamento per gestanti e madri con figli a carico;
b) alloggio sociale per adulti in
difficoltà, anche immigrati;
c) centro pronta accoglienza per
adulti;
d) centro di accoglienza per
detenuti ed ex detenuti;
e) centro sociale rieducativo per
detenuti;
f)
casa rifugio per donne, anche con figli minori, vittime di
violenza o vittime della tratta a fine di sfruttamento sessuale.
2. La comunità alloggio/gruppo appartamento per gestanti e
madri con figli a carico è struttura residenziale a bassa intensità
assistenziale, a carattere temporaneo o permanente, consistente in un nucleo
autogestito di convivenza a carattere familiare per gestanti e madri con figli
a carico, prive di validi riferimenti familiari o per le quali si reputi
opportuno l'allontanamento dal nucleo familiare e che necessitano di sostegno
nel percorso d'inserimento o reinserimento sociale.
3. L'alloggio sociale per adulti in difficoltà è struttura che offre una
risposta temporanea alle esigenze abitative e di accoglienza di persone con
difficoltà di carattere sociale prive del sostegno familiare o per le quali la
permanenza nel nucleo familiare sia valutata temporaneamente o permanentemente
impossibile o contrastante con il progetto individuale.
4. Il centro di pronta accoglienza per adulti è struttura residenziale a
carattere comunitario destinata esclusivamente alle situazioni di emergenza.
5. Il centro di accoglienza per detenuti ed ex detenuti è struttura
residenziale a carattere comunitario che offre ospitalità completa e/o diurna a
persone già o ancora sottoposte a misure restrittive della libertà personale.
Analoghe strutture possono essere destinate all'accoglienza e all'assistenza di
immigrati con permesso di soggiorno.
6. Il centro sociale rieducativo per detenuti è struttura a carattere
comunitario e a ciclo diurno, aperta a persone sottoposte a provvedimenti di
restrizione delle libertà personali da parte dell'autorità giudiziaria,
mediante un regime detentivo, a cui venga consentito di trascorrere parte del
giorno fuori dall'Istituto di pena, per partecipare ad attività lavorative,
istruttive e comunque utili al reinserimento sociale, in base a un programma di
trattamento concordato tra il direttore dell'istituto di pena e il responsabile
del centro.
7. La casa rifugio per donne, anche con figli minori, vittime di violenza o
vittime della tratta a fine di sfruttamento sessuale è struttura residenziale a
carattere comunitario che offre ospitalità e assistenza a donne vittime di
violenza fisica e/o psicologica, con o senza figli, e a donne vittime della
tratta e sfruttamento sessuale, per le quali si renda necessario il distacco
dal luogo in cui è avvenuta la violenza e l'inserimento in una comunità.
Art. 46
(Servizi socio-assistenziali)
1. Sono
classificabili servizi socio-assistenziali:
a) tutte le prestazioni erogate
nell'ambito delle strutture soggette alla disciplina della presente legge;
b) il servizio di segretariato
sociale;
c) lo sportello sociale o
d'informazione sociale;
d) il servizio di pronto intervento
sociale;
e) il servizio sociale
professionale;
f)
le prestazioni di assistenza domiciliare;
g) le ludoteche;
h) il centro ludico per la prima
infanzia
i)
il tutor;
j)
i servizi socio-assistenziali di cui alla legge
regionale 9 giugno 1987, n. 16 (Norme organiche per l'integrazione scolastica degli
handicappati);
k) il centro di ascolto per le
famiglie e i servizi di sostegno alla famiglia e alla genitorialità;
l)
i servizi di mediazione;
m) le comunità -familiari;
n) l'affido minori;
o) l'affido adulti;
p) l'affido anziani;
q) il servizio civile degli anziani;
r) il servizio di telefonia sociale;
s) i servizi socio-educativi
innovativi e sperimentali per la prima infanzia;
t)
i servizi di contrasto della povertà e della devianza;
u) i servizi educativi per il tempo
libero;
v) gli interventi educativi di
strada;
w) i centri sociali polivalenti per
disabili, minori, anziani;
x) il centro antiviolenza;
y) gli sportelli per l'integrazione
socio-sanitaria-culturale degli immigrati;
z) ogni altro servizio individuato
nel regolamento regionale di cui all'articolo 62.
2. I servizi socio-assistenziali di cui alle lettere a),
b), e) ed f) del comma 1 sono erogati secondo gli standard fissati dal
regolamento regionale di cui all'articolo 64 garantendo in ogni caso:
a)
la presenza di figure professionali qualificate in relazione alla
tipologia del servizio;
b)
la presenza di un coordinatore responsabile del servizio;
c)
la pubblicizzazione delle tariffe praticate con l'indicazione
delle prestazioni offerte, in conformità della carta dei servizi come definita dalla presente
legge;
d)
la predisposizione di piani individualizzati di assistenza
definiti in un apposito registro degli utenti;
e)
l'integrazione con i servizi socio-sanitari;
f)
le attività integrative aperte al contesto sociale;
g)
l'applicazione dei contratti di lavoro e dei relativi accordi
integrativi, nonché la regolarità contributiva e previdenziale.
3. I servizi socio-assistenziali di cui alle lettere e),
f), g), h), i), m), n), o), p), x) e w) sono erogati nel rispetto dei criteri
fissati dal regolamento regionale di cui all'articolo 64.
Art. 47
(Definizione dei servizi
socio-assistenziali)
1. Il servizio di segretariato sociale opera quale sportello unico per
l'accesso ai servizi socio-assistenziali e svolge attività d'informazione, di
ascolto e di orientamento sui diritti di cittadinanza con caratteristiche di
gratuità per l'utenza. Il segretariato sociale può articolare l'accesso unico
ai servizi anche mediante sportelli sociali o di informazione sociale
distribuiti sul territorio e rivolti a fornire le prime informazioni sui
diritti, le opportunità e i servizi ai cittadini, nonché la prima assistenza
per la predisposizione delle istanze per l'accesso alle prestazioni.
2. Il servizio sociale professionale è finalizzato alla lettura e
decodificazione della domanda sociale, alla presa in carico della persona,
della famiglia e/o del gruppo sociale, alla predisposizione di progetti
personalizzati, all'attivazione e integrazione dei servizi e delle risorse in
rete, all'accompagnamento e all'aiuto nel processo di promozione ed
emancipazione; svolge uno specifico ruolo nei processi di pianificazione e
coordinamento della rete dei servizi sociali e socio-sanitari; deve essere
garantito da professionisti assistenti sociali iscritti all'Albo; assume un
ruolo d'interventi professionali proprio e di livello essenziale per osservare
e gestire i fenomeni sociali, erogare prestazioni d'informazioni, consulenza e
aiuto professionale. Rispetto alla tipologia di intervento, si distingue in:
a) servizio di segretariato sociale;
b) gestione sociale del caso (case
management);
c) osservazione, pianificazione,
direzione e coordinamento delle politiche socio-assistenziali e
socio-sanitarie;
d) servizio di pronto intervento per
le situazioni di emergenza sociale.
3. Il servizio di pronto intervento per le situazioni di
emergenza sociale è un servizio sempre funzionante, che affronta l'emergenza e
l'urgenza sociale in tempi rapidi e in maniera flessibile, strettamente collegato
con i servizi sociali territoriali.
4. Il servizio di assistenza e di educativa domiciliare consiste:
a) in interventi da fornire ai
cittadini al fine di favorire la permanenza nel proprio ambiente di vita;
b) in prestazioni di tipo
socio-assistenziale, anche domiciliari, per malati affetti da disturbi mentali,
da malattie croniche invalidanti e/o progressivo-terminali;
c) in servizi per il reinserimento
dei minori a rischio di devianza (maestri di strada e formazione integrata in
botteghe).
5. Il servizio di ludoteca consiste in un insieme di
attività educative, ricreative e culturali aperto a minori in età compresa tra
i tre e i cinque anni e tra i sei e i dieci anni, per i quali s'intende
promuovere le esperienze di gioco e ha lo scopo di favorire lo sviluppo
personale, la socializzazione, l'educazione all'autonomia e alla libertà di
scelta al fine di valorizzare le capacità creative ed espressive.
6. L'affido minori è un servizio a carattere temporaneo prestato da famiglie
che assicura a soggetti minori in situazione di disagio il sostegno alla vita
quotidiana in un contesto relazionale familiare.
7. Il centro ludico per la prima infanzia consiste in un insieme di attività
socio-educative-ricreative per i minori in età compresa tra i sei e i trentasei
mesi, destinato a favorire il benessere psico-fisico e le opportunità di
socializzazione dei bambini. Si caratterizza come luogo di vita per i bambini
capace di fornire risposte flessibili e differenziate in relazione alle
esigenze delle famiglie e nel rispetto delle opportunità educative, di
socialità e di comunicazione per i bambini e in cui sono previsti orari ridotti
di permanenza continuativa nell'arco della giornata.
8. Il tutor è un servizio che assume la responsabilità d'interventi personalizzati
nell'ambito di progetti assistenziali definiti per ogni specifico caso.
9. La comunità familiare consiste nel servizio di accoglienza offerto da nuclei
familiari o sul modello familiare a minori e persone temporaneamente prive di
adeguati supporti familiari. E' assimilabile a tale tipologia la casa-famiglia,
che si caratterizza per l'accoglienza multiutenza per età e situazione di
bisogno, con una capacità limitata di accoglienza e un rapporto
operatori/utenti adeguato ai casi di particolare gravità.
10. Il centro di ascolto per le famiglie offre uno spazio di accoglienza,
ascolto, consulenza specialistica a coppie con figli minori, a coppie e a
singoli, al fine di promuovere azioni che aumentino il benessere personale, la
qualità delle relazioni interpersonali, le capacità genitoriali, le capacità di
auto-organizzazione e di autonomia progettuale del singolo e rispetto al nucleo
in cui vive.
11. Il servizio di mediazione offre risposte specifiche alle difficoltà causate
da relazioni conflittuali o da assenza di relazioni; consente la realizzazione
di interventi di mediazione familiare, sociale, culturale nonché l'attivazione
di uno spazio neutro, quale contenitore o percorso qualificato per la gestione
degli incontri tra bambini e genitori, finalizzata alla ricostruzione del
binomio genitore-bambino in un luogo terzo e in un tempo distinto dallo
svolgersi della vita quotidiana.
12. L'affido adulti è un servizio prestato da famiglie finalizzato ad
assicurare a persone in difficoltà o prive di assistenza il sostegno alla vita
quotidiana in un contesto relazionale familiare.
13. L'affido anziani è un servizio prestato da famiglie che assicura a persone
anziane, in difficoltà o prive di assistenza, il sostegno alla vita quotidiana
finalizzato ad escludere forme di assistenza al di fuori di un contesto
relazionale familiare.
14. I centri sociali polivalenti per disabili, minori e anziani consistono in
strutture aperte alla partecipazione anche non continuativa di utenti alle
attività ludico-ricreative, di socializzazione, di animazione, in cui sono
garantite le prestazioni minime connesse alla socializzazione, alla
organizzazione delle attività, ai presidi di garanzia per la salute e
l'incolumità degli utenti durante lo svolgimento delle attività del centro.
15. Il servizio civile degli anziani consiste nell'attività prestata da persone
anziane in programmi di pubblica utilità finalizzata a valorizzare il ruolo
della persona anziana nella società.
16. Il servizio di telefonia consiste nell'aiuto rivolto a tutti i cittadini,
da assicurare nei tempi e nei modi adeguati al bisogno, per l'accesso alle
prestazioni fruibili sul territorio.
17. Il centro antiviolenza consiste in un insieme di servizi d'informazione,
ascolto e accoglienza, a cui può rivolgersi ogni donna in momentanea difficoltà
dovuta a qualsiasi forma di violenza. Il centro eroga informazioni sui presidi
sanitari, psicologici e legali a supporto della donna che abbia subito
violenza, svolge colloqui di accoglienza e gestisce una linea telefonica di
pronto intervento, offre consulenze psico-sociali, socio-educative, legali e
psicologiche, assiste la donna nella ricerca del lavoro e nel reperimento di
un'adeguata sistemazione alloggiativa.
18. Gli sportelli per l'integrazione socio-sanitaria-culturale degli immigrati
erogano servizi d'informazione e orientamento, assistenza legale e
amministrativa, mediazione culturale e linguistica, intermediazione abitativa,
tutoraggio per l'accesso ai servizi per l'accesso ai servizi della persona immigrata
e della sua famiglia, nonché svolgono la funzione di monitoraggio e
osservazione dei bisogni, delle condizioni di vita e del rispetto dei diritti
delle persone immigrate; per il funzionamento degli sportelli sono impiegate
figure professionali qualificate tra cui la figura del mediatore
interculturale, di nazionalità italiana e di nazionalità straniera, avendo cura
di rappresentare le principali aree geografiche di provenienza degli immigrati
fruitori dei servizi in un comune o ambito territoriale.
Art. 48
(Titoli per l'acquisto di servizi)
1. I Comuni possono assicurare, su richiesta, le prestazioni assistenziali
mediante titoli validi per l'acquisto di servizi socio-assistenziali presso i
soggetti accreditati al fine di garantire un percorso assistenziale attivo
d'integrazione o reintegrazione sociale dei soggetti beneficiari.
2. I criteri e le modalità per la concessione dei titoli sono stabiliti dal
Piano regionale delle politiche sociali e dal regolamento regionale di cui
all'articolo 64.
Art. 49
(Autorizzazione)
1. Le strutture e i servizi socio-assistenziali sono autorizzati dai Comuni
competenti per territorio in conformità delle disposizioni di cui alla presente
legge e del regolamento regionale di cui all'articolo 64.
2. Il provvedimento di autorizzazione individua la denominazione e l'ubicazione
della struttura, la sede legale e amministrativa del soggetto proprietario e/o
gestore, il legale rappresentante, i servizi socio-assistenziali e
socio-sanitari erogati, la ricettività, la natura pubblica o privata.
3. Le modifiche agli elementi a base del provvedimento di autorizzazione, gli
ampliamenti e le trasformazioni delle strutture determinano la decadenza
dell'autorizzazione.
4. Nelle more dell'approvazione del regolamento regionale,
i Comuni rilasciano autorizzazione provvisoria sulla base dei requisiti minimi
di cui al regolamento approvato con decreto del Ministro per la solidarietà
sociale 21 maggio 2001, n. 308 (Requisiti minimi strutturali e organizzativi
per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo
residenziale e semiresidenziale, a norma dell'articolo 11 della legge 8
novembre 2000, n. 328) e, in quanto compatibili, alle disposizioni regionali
vigenti in materia di standard strutturali e assistenziali e di procedimenti
autorizzativi.
5. I servizi e le strutture socio-assistenziali per minori e per anziani
iscritte rispettivamente all'Albo di cui alla legge
regionale 31 agosto 1981, n. 49 (Interventi promozionali per la realizzazione e il potenziamento
dei servizi di assistenza sociale a favore delle persone anziane), che alla
data di entrata in vigore della presente legge siano in possesso di autorizzazione
provvisoria ai sensi dell'articolo 28, comma 5, della legge
regionale 25 agosto 2003, n. 17 (Sistema integrato d'interventi e servizi sociali in
Puglia), e dei regolamenti regionali 9 maggio 1983, n. 1 (Standard strutturali
organizzativi dei Servizi istituiti con la l.r. 49/1981) e 23
giugno 1993, n. 1
(Modifiche e integrazioni al regolamento 6 giugno 1990, n. 1 - Apertura e
funzionamento dei servizi residenziali e non residenziali per minori:
determinazione degli standard relativi), la mantengono fino alla approvazione
del regolamento regionale di cui all'articolo 64 della presente legge. Tali
strutture devono provvedere all'adeguamento ai requisiti di legge e di
regolamento entro tre anni dalla data di entrata in vigore del suddetto
regolamento.
6. I Comuni dispongono per la provvisoria autorizzazione entro e non oltre il
termine di novanta giorni dalla data della richiesta, decorso il quale
l'autorizzazione provvisoria s'intende concessa.
7. I servizi e le strutture socio-assistenziali per le quali non era prescritta
l'autorizzazione regionale, operanti alla data di entrata in vigore della l.
328/2000, su richiesta di parte sono provvisoriamente autorizzate dai Comuni
competenti per territorio, che dispongono contestualmente il termine entro cui
deve provvedersi all'adeguamento ai requisiti di legge e di regolamento.
8. In ogni caso il termine di cui ai commi 5 e 7, da definirsi dai Comuni in
relazione all'entità e all'impegno finanziario richiesto, non può essere
superiore a tre anni dalla data di entrata in vigore del regolamento regionale
di cui all'articolo 64.
9. Decorso il termine di validità dell'autorizzazione provvisoria, in assenza
di adeguamento ai requisiti di legge e di regolamento regionale, la stessa
decade automaticamente.
10. Per le strutture di cui all'articolo 42, comma 4 e all'articolo 43, comma
5, la verifica di compatibilità prescritta dall'articolo 8 ter del comma 3 del
d.lgs. n. 502/1992 è effettuata dalla Giunta regionale, su proposta
dell'Assessore regionale ai servizi sociali, in relazione agli obiettivi del
Piano regionale socio-assistenziale e del Piano regionale socio-sanitario.
11. Restano ferme le disposizioni adottate in attuazione della legge 18
febbraio 1999, n. 45 (Disposizioni per il Fondo nazionale di intervento per la
lotta alla droga e in materia di personale dei Servizi per le
tossicodipendenze), in materia di strutture e servizi destinati al recupero e
alla riabilitazione dalla tossicodipendenza.
Art. 50
(Requisiti minimi per l'autorizzazione)
1. Le strutture soggette ad autorizzazione, oltre a rispettare i requisiti
prescritti dalle norme di carattere generale e, in particolare, dalle
disposizioni in materia di urbanistica, di edilizia, di prevenzione incendi, di
igiene e sicurezza, di contratti di lavoro, devono possedere i requisiti minimi
previsti dalla presente legge e dal regolamento regionale di cui all'articolo
64.
2. Nelle more dell'approvazione del regolamento regionale si applicano i
requisiti previsti dalla presente legge, dal d.m. per la solidarietà sociale
308/2001 e, in quanto compatibili, dalla l.r.
49/1981, dal regol.
reg. 1/1983 e
dal regol.
reg. 1/1993.
Art. 51
(Comunicazione avvio attività)
1. I servizi di cui all'articolo 46, comma 1, a eccezione di quelli previsti
dalla lettera a), sono automaticamente autorizzati con la comunicazione di
avvio dell'attività da parte del titolare in conformità delle modalità
stabilite dalla presente legge.
Art. 52
(Permanenza dei requisiti di
autorizzazione)
1. La permanenza dei requisiti per l'esercizio delle attività autorizzate ai
sensi della presente legge è garantita dai titolari delle strutture e dei
servizi socio-assistenziali a mezzo di autocertificazione da presentare con
cadenza annuale al Comune che ha rilasciato l'autorizzazione e che è competente
per la vigilanza sulle strutture autorizzate. La Regione, in accordo e in
collaborazione con i Comuni, svolge azioni periodiche di verifica e controllo,
anche con visite ispettive in loco da realizzare a campione, per le quali può
avvalersi di organismi di controllo, da individuare secondo i criteri definiti
nel regolamento regionale di cui all'articolo 64.
2. La Regione riconosce la certificazione di qualità conseguita e rinnovata
periodicamente dalle strutture e dai servizi socio-assistenziali quale
strumento essenziale per la crescita delle organizzazioni e il mantenimento
della qualità dei servizi e la pone tra i criteri preferenziali per la
valutazione delle proposte nelle procedure di affidamento dei servizi, di cui
all'articolo 55, secondo quanto disciplinato nel regolamento regionale di cui
all'articolo 64.
3. I requisiti e le modalità d'iscrizione all'Albo degli organismi di
controllo, la validità e le caratteristiche dei controlli sono definiti dal
regolamento regionale, che deve stabilire:
a) i requisiti di qualità per la
gestione dei servizi e per l'erogazione delle prestazioni;
b) gli indici oggettivi di qualità;
c) i casi che determinano la
cancellazione dall'Albo degli organismi di controllo;
d) la periodicità della
certificazione.
Art. 53
(Registri)
1. Presso il Settore sistema integrato servizi sociali della Regione sono
istituiti i seguenti registri regionali articolati per provincia:
a) registro delle strutture e dei servizi
autorizzati all'esercizio delle attività socio-assistenziali destinate ai
minori;
b) registro delle strutture e dei
servizi autorizzati all'esercizio delle attività socio-assistenziali destinate
ai disabili;
c) registro delle strutture e dei
servizi autorizzati all'esercizio delle attività socio-assistenziali destinate
agli anziani;
d) registro delle strutture e dei
servizi autorizzati all'esercizio delle attività socio-assistenziali destinate
alle persone con problematiche psico-sociali;
e) registro delle strutture e dei
servizi autorizzati all'esercizio delle attività socio-assistenziali destinate
agli adulti con problematiche sociali.
2. I registri, in forma cartacea e/o informatica,
contengono in ordine cronologico d'iscrizione la denominazione e l'ubicazione
della struttura, la sede legale e amministrativa del soggetto proprietario e/o
gestore, il legale rappresentante, i servizi socio-assistenziali e
socio-sanitari erogati, la ricettività, gli estremi dei provvedimenti
concernenti l'autorizzazione al funzionamento e l'iscrizione al registro, la
natura pubblica o privata.
3. I Comuni, entro quindici giorni dall'adozione, trasmettono all'Assessorato
regionale ai servizi sociali, ai fini dell'esercizio delle competenze
regionali, i provvedimenti concernenti le autorizzazioni al funzionamento, le
relative modifiche e le revoche previste dalla presente legge e dal regolamento
regionale di cui all'articolo 64.
4. Il dirigente del Settore sistema integrato servizi sociali della Regione,
entro trenta giorni dalla data di ricevimento del provvedimento del Comune,
dispone, in conformità del regolamento regionale, l'iscrizione, le modifiche e
le revoche nei rispettivi registri.
5. Nel caso di non conformità del provvedimento del Comune alle disposizioni
vigenti, il dirigente del Settore Sistema integrato servizi sociali, con
motivato atto di diniego, restituisce il provvedimento al Comune.
6. L'iscrizione nel registro determina la legittimità all'esercizio delle
attività delle strutture e dei servizi autorizzati e comporta l'obbligo per i
soggetti gestori di indicare nella denominazione sociale e in tutte le forme di
pubblicità gli estremi d'iscrizione nei registri regionali.
7. Con provvedimento del dirigente del Settore sistema integrato servizi
sociali è disposta la pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione, con
riferimento al 31 dicembre di ogni anno, delle strutture iscritte nei registri
e negli albi regionali di cui alla presente legge.
8. Sono fatte salve le iscrizioni ai registri istituzioni ai sensi
dell'articolo 32 della l.r.
17/2003, che si
intendono valide ed efficaci ai sensi del presente articolo, con i relativi
progressivi numerici. La numerazione dei nuovi servizi e delle nuove strutture
da iscrivere ai registri progredirà da questi ultimi.
Art. 54
(Accreditamento)
1. Gli enti pubblici possono instaurare rapporti con i soggetti erogatori dei
servizi socio-assistenziali a condizione che le strutture risultino
accreditate.
2. L'accreditamento, in particolare, è condizione essenziale per i soggetti
erogatori per:
a) instaurare rapporti economici al
fine dell'erogazione delle prestazioni a carico degli enti pubblici;
b) partecipare all'istruttoria pubblica;
c) partecipare all'attuazione dei
piani di zona.
3. Il regolamento regionale di cui all'articolo 64
determina i requisiti e le modalità per l'accreditamento delle strutture e dei
soggetti erogatori dei servizi disciplinati dalla presente legge, le procedure
per la costituzione dell'elenco nonché i criteri per la definizione delle
tariffe da corrispondere ai soggetti accreditati da parte dei Comuni.
4. L'accreditamento ha validità su tutto il territorio regionale e riguarda i
servizi gestiti da enti pubblici e da soggetti privati.
Art. 55
(Affidamento dei servizi)
1. Gli enti pubblici affidano i servizi previsti dalla presente legge con
procedure di evidenza pubblica secondo modalità tali da permettere il confronto
tra più soggetti e più offerte, valorizzando prioritariamente l'apporto
progettuale e gli elementi di conoscenza del territorio in cui tali soggetti
operano, nonché fissando un prezzo base che sia compatibile con l'applicazione
dei contratti collettivi per determinare la remunerazione delle risorse umane
impiegate.
2. Il regolamento regionale di cui all'articolo 64 fissa:
a) i requisiti generali per la
partecipazione;
b) i criteri per la valutazione
della qualità dell'offerta secondo il metodo della proposta economicamente più
vantaggiosa sulla base della qualità e del prezzo, attribuendo al fattore
prezzo un punteggio non superiore al 40 per cento del punteggio complessivo;
c) l'obbligo del rispetto dei
trattamenti economici previsti dalla contrattazione collettiva di comparto e
dagli accordi firmati dalle principali centrali cooperative giuridicamente
riconosciute e dalle norme di previdenza e assistenza;
d) l'obbligo del rispetto delle
disposizioni normative regionali, nazionali e comunitarie vigenti per l'affidamento
dei servizi pubblici;
e) le forme e le modalità per la
verifica periodica degli adempimenti contrattuali e per i provvedimenti da
adottare in caso d'inadempimento, da parte dei gestori ovvero dei soggetti
committenti.
Art. 56
(Coprogettazione di interventi innovativi e sperimentali)
1. Gli enti locali, per affrontare specifiche problematiche sociali e per
promuovere forme sperimentali di intervento sul proprio territorio, possono
indire istruttorie pubbliche per la coprogettazione degli interventi, a cui
partecipano i soggetti di cui al comma 3 dell'articolo 19, che, secondo quanto
previsto al comma 4 dell'articolo 19 e nel rispetto della disciplina statale e
comunitaria vigente, possono svolgere attività di gestione dei servizi e quelli
che possono concorrere alla realizzazione degli interventi mediante il
riconoscimento degli oneri sostenuti, tutti individuati per essere operanti sul
territorio oggetto dell'intervento.
2. L'istruttoria pubblica raccoglie le proposte e i contributi progettuali dei
soggetti partecipanti e si conclude con la definizione di progetti innovativi e
sperimentali, per i quali gli enti locali definiscono forme e modalità di
collaborazione di tutti i soggetti che hanno dichiarato la rispettiva
disponibilità a collaborare.
3. Il regolamento regionale di cui all'articolo 64 definisce i criteri in base
ai quali i Comuni valutano il ricorso all'istruttoria pubblica, le modalità di
esperimento di tale istruttoria, i criteri di valutazione dei soggetti che
partecipano alla progettazione e delle proposte progettuali.
Art. 57
(Formazione delle professioni sociali)
1. La formazione degli operatori costituisce strumento per la promozione della
qualità ed efficacia degli interventi e dei servizi del sistema integrato, per
l'integrazione professionale e per lo sviluppo dell'innovazione organizzativa e
gestionale.
2. La Regione, con apposito regolamento regionale, da adottare entro un anno
dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa concertazione con
le organizzazioni sindacali, gli ordini e le associazioni professionali, i
rappresentanti dei soggetti privati e del privato sociale gestori dei servizi,
riconosce le figure e le professioni sociali aggiuntive rispetto a quelle già
definite a livello nazionale e nelle more dell'individuazione a livello
nazionale dei nuovi profili professionali sociali, come previsti dall'articolo
12 della l. n. 328/2000. La Regione individua, inoltre, per quanto di
competenza, i criteri per l'accesso ai percorsi di formazione scolastica e
professionale e/o universitaria, nonché i criteri per il riconoscimento delle
competenze acquisite mediante precedenti esperienze professionali e/o
formative.
3. La Regione e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze e
delle procedure previste dalla normativa regionale, valorizzano lo sviluppo
delle professionalità degli operatori sociali e ne sostengono la formazione
continua, a ciò destinando risorse finalizzate a valere su fondi comunitari,
nazionali e regionali.
TITOLO V
ACCESSO E PARTECIPAZIONE DEGLI UTENTI
Art. 58
(Carta dei servizi)
1. Al fine di garantire la trasparenza delle azioni dei gestori dei servizi e
la tutela degli utenti, nonché la qualità dei servizi, i soggetti erogatori
sono tenuti ad adottare la Carta dei servizi, ispirata ai principi fondamentali
che regolano l'erogazione dei servizi pubblici a livello nazionale e
comunitario.
2. I soggetti erogatori definiscono una propria Carta dei servizi che contenga
almeno i seguenti elementi:
a) tipologia delle prestazioni;
b) tariffa per ciascuna prestazione;
c) partecipazione/compartecipazione
alla spesa da parte degli utenti;
d) modalità d'informazione sui
servizi;
e) modalità di rilevazione periodica
della qualità erogata e percepita dei servizi, nonché di partecipazione degli utenti
al controllo della qualità dei servizi e alla vita comunitaria;
f)
modalità per i ricorsi da parte degli utenti nei confronti dei
responsabili dei servizi;
g) informazione sul regolamento
interno;
h) standard generali e specifici di
qualità dei servizi.
3. L'adozione della Carta dei servizi
è requisito indispensabile per l'accreditamento di cui all'articolo 54.
Art. 59
(Modalità di accesso ai servizi)
1. L'accesso ai servizi è organizzato in modo da garantire agli utenti pari
opportunità di fruizione, orientamento e diritto di scelta. L'accesso ai
servizi è garantito dai Comuni mediante i servizi di segretariato sociale,
anche articolato in sportelli sociali sul territorio e il servizio sociale
professionale, che concorrono alla realizzazione delle seguenti azioni:
a) organizzazione della porta unica
di accesso, quale rete dei punti di accesso al sistema dei servizi, con
uniformità di procedure di accesso ai servizi;
b) informazione continua e diffusa
sull'offerta dei servizi, le condizioni di accesso e i relativi costi;
c) orientamento e accompagnamento
all'accesso ai servizi;
d) trasparenza nella gestione dei
tempi di attesa;
e) monitoraggio continuo delle
domande sociali espresse e del grado di soddisfazione dell'utenza.
2. Per l'accesso ai servizi sociali e socio-sanitari, i
Comuni e le AUSL, per quanto di propria competenza, effettuano in modo
integrato una valutazione del bisogno complessivo della persona e, quando
possibile, del suo nucleo familiare, al fine di definire risposte complessive,
uniche e personalizzate. La valutazione del bisogno è condizione necessaria per
accedere ai servizi a titolo gratuito o con concorso parziale alla spesa,
nonché per fruire del titolo per l'acquisto di servizi.
3. La valutazione del bisogno si conclude con la predisposizione di un progetto
personalizzato, concordato con la persona e la sua famiglia, che indichi la
natura del bisogno, la complessità e l'intensità dell'intervento, la sua
durata, le fasi di verifica del percorso di cura, i relativi costi, il soggetto
responsabile della gestione del caso.
4. La Regione promuove la costituzione in ogni ambito territoriale o distretto
socio-sanitario la costituzione di unità di valutazione multidimensionali,
composte da professionalità diverse e in rappresentanza dei Comuni e della
AUSL, al fine di consentire l'adeguata valutazione del bisogno preventivamente
alla presa in carico delle persone. A tal fine la Giunta regionale predispone
apposite linee guida operative e promuove appositi programmi di assistenza
formativa e tecnica per le strutture e gli operatori sociali e sanitari
interessati dall'attivazione delle unità di valutazione multidimensionale.
Art. 60
(Tutela degli utenti)
1. Gli organismi di rappresentanza dei cittadini e degli utenti e le
organizzazioni sindacali partecipano al controllo della qualità dei servizi e
della conformità degli stessi alla Carta dei servizi di cui all'articolo 58.
2. I soggetti erogatori degli interventi e dei servizi socio-assistenziali
individuano gli strumenti per la partecipazione al controllo di cui al comma 1.
3. L'individuazione degli strumenti di cui al comma 2 è requisito preliminare
ed essenziale per l'accreditamento di cui all'articolo 54.
4. E' istituito l'Ufficio regionale di tutela degli utenti, di cui l'apposito
regolamento regionale, da approvare entro centottanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, disciplina le funzioni, i compiti, le
modalità di funzionamento, nonché le procedure amministrative e le modalità per
la presentazione dei reclami da parte degli utenti e degli organismi di cui al
comma 1.
TITOLO VI
NORME FINALI
Art. 61
(Vigilanza)
1. Il Comune competente per territorio esercita l'attività di vigilanza sulle strutture
e sui servizi socio-assistenziali disciplinati dalla presente legge
avvalendosi, per gli aspetti di natura sanitaria, dei servizi dell'AUSL
competente per territorio in conformità delle modalità stabilite dal
regolamento regionale di cui all'articolo 64.
Art. 62
(Verifica e potere sostitutivo)
1. Il regolamento di cui all'articolo 64 disciplina l'attività di verifica
regionale per il controllo dell'efficacia e dell'efficienza dei servizi sul
territorio definendo termini e modalità di sospensione o revoca
dell'autorizzazione all'esercizio dei servizi nei casi d'inosservanza degli
indici oggettivi di qualità e dei requisiti strutturali e assistenziali, nonché
di violazione delle leggi e dei regolamenti, del Contratto collettivo nazionale
di lavoro (CCNL) di comparto e della regolarità contributiva e previdenziale.
2. Il regolamento, nell'ambito dell'attività di verifica regionale, stabilisce
i criteri per l'individuazione degli organismi di controllo di cui la Regione
può avvalersi.
3. Lo stesso regolamento disciplina le modalità di esercizio del potere
sostituivo della Regione nei casi d'inosservanza della presente legge da parte
dei Comuni prevedendo, in ogni caso e salvo casi urgenti, il preavviso e la
fissazione del termine, non inferiore a quindici giorni, entro cui le
amministrazioni comunali devono provvedere.
Art. 63
(Sanzioni)
1. Chiunque apra, ampli, trasformi o gestisca una struttura socio-assistenziale
o eroghi un servizio di cui all'articolo 46 senza aver ottenuto la preventiva
autorizzazione al funzionamento, ovvero averne dato comunicazione, è punito con
la sanzione amministrativa da euro 2 mila a euro 10 mila. L'apertura,
l'ampliamento, la trasformazione o la gestione di una struttura
socio-assistenziale o l'erogazione di un servizio di cui all'articolo 46, comma
1, senza l'acquisizione della prevista autorizzazione al funzionamento
comportano inoltre la chiusura dell'attività disposta con provvedimento del
Comune competente, che adotta le misure necessarie per tutelare gli utenti.
2. Il gestore di struttura che, in possesso di autorizzazione al funzionamento,
supera la capacità ricettiva massima autorizzata, viene diffidato dal Comune a
rientrare nei limiti entro un termine fissato; qualora detta infrazione viene
rilevata una seconda volta, il soggetto gestore è punito con la sanzione
amministrativa di euro 2 mila per ogni posto che supera la capacità ricettiva
autorizzata. In caso di recidiva, il Comune può disporre la sospensione o la
revoca dell'autorizzazione al funzionamento.
3. L'inosservanza dell'obbligo di
indicare nella denominazione sociale e in tutte le forme di pubblicità gli
estremi d'iscrizione nei registri regionali, prescritto dal comma 6
dell'articolo 53, comporta l'applicazione della sanzione amministrativa di euro
2 mila 500 e, in caso di recidiva, il Comune può disporre la sospensione o la
revoca dell'autorizzazione al funzionamento.
4. Il Comune può inoltre disporre la revoca o la sospensione
dell'autorizzazione al funzionamento, in relazione alla gravità della
violazione, qualora accerti il venir meno dei presupposti che hanno dato luogo
al suo rilascio. Il provvedimento di revoca o sospensione deve indicare gli
adempimenti da porre in essere e la documentazione da produrre per riprendere
l'attività.
5. La decisione del gestore di interrompere o sospendere l'attività autorizzata
di cui all'articolo 46 deve essere preventivamente comunicata al Comune che ha
rilasciato l'autorizzazione. In caso d'inosservanza si applica la sanzione
amministrativa da euro mille ad euro 3 mila.
6. L'accertamento, la contestazione e la notifica della violazione, nonché
l'introito dei proventi, sono di competenza del Comune.
7. L'introito dei proventi è esclusivamente destinato a rifinanziare le
politiche sociali, con l'apertura di apposito capitolo.
Art. 64
(Regolamento)
1. La Giunta regionale approva il regolamento regionale entro centottanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la
Conferenza Regione-Autonomie locali e previa concertazione con le
organizzazioni sindacali e con le principali rappresentanze dei soggetti di cui
all'articolo 4, comma 2, lettera c).
2. Nelle more dell'approvazione del regolamento continuano ad applicarsi le
disposizioni vigenti in quanto compatibili con la presente legge.
Art. 65
(Commissione regionale per le
politiche sociali)
1. È istituita,
presso l'Assessorato regionale ai servizi sociali, la Commissione regionale per
le politiche sociali costituita da:
a) l'Assessore regionale ai servizi
sociali - Presidente;
b) il Presidente della Commissione
sanità e servizi sociali del Consiglio regionale, o un suo delegato;
c) un componente, esperto in
materia, designato dal Dirigente scolastico regionale;
d) un componente per ogni provincia,
esperto in materia, in rappresentanza dei Comuni, designati dall'Associazione
nazionale comuni italiani (ANCI) di Puglia;
e) un componente, esperto in
materia, designato dall'Unione province italiane (UPI) di Puglia;
f)
un componente, esperto in materia, designato dal Direttore del
Centro di giustizia minorile per la Puglia;
g) un componente, esperto in
materia, nominato dai Presidenti dei Tribunali per i minorenni della Puglia;
h) un componente, esperto in
materia, nominato tra i rappresentanti delle organizzazioni di volontariato
iscritte nel registro regionale;
i)
un componente, esperto in materia, nominato dalle principali
centrali cooperative a livello regionale, da individuarsi tra quanti operano
nell'ambito di cooperative sociali iscritte nell'Albo regionale;
j)
un rappresentante della Commissione regionale per le pari
opportunità;
k) un componente, esperto nella
materia delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza;
l)
un componente, esperto in materia, nominato dall'Ordine degli
assistenti sociali di Puglia;
m) un componente, esperto in
materia, nominato dall'Ordine degli psicologi di Puglia;
n) un componente, esperto in
materia, nominato dalla Società italiana dei sociologi;
o) un componente, esperto in
materia, nominato dall'Associazione nazionale educatori professionali;
p) un componente, esperto in
materia, nominato dalla Federazione italiana pedagogisti (FIPED);
q) un componente, esperto in
materia, nominato dall'Associazione nazionale dei pedagogisti italiani (ANPE);
r) un componente, esperto in
materia, nominato da ciascuna Confederazione sindacale nazionale più
rappresentativa a livello nazionale;
s) un componente, esperto in
materia, nominato da ciascuna organizzazione sindacale dei pensionati del
lavoro più rappresentativa a livello nazionale;
t)
un componente, esperto in materia, nominato tra i rappresentanti
delle organizzazioni operanti a livello nazionale e regionale per i
diversamente abili;
u) tre membri, esperti in materia,
nominati dalla Giunta regionale;
v) il dirigente del Settore
programmazione sociale e integrazione socio-sanitaria della Regione;
w) il dirigente del Settore sistema
integrato servizi sociali della Regione;
x) il dirigente del Settore
programmazione sanitaria della Regione;
y) il dirigente del Settore diritto
allo studio della Regione;
z) il dirigente del Settore
formazione professionale della Regione;
aa) il dirigente del Settore lavoro e
cooperazione della Regione;
bb) il dirigente del Settore
urbanistica della Regione;
cc) il dirigente del Settore
politiche migratorie della Regione.
2. La Commissione è costituita con decreto del Presidente della Giunta
regionale. La mancata designazione di uno o più componenti non è motivo
ostativo al suo funzionamento e il mandato coincide con quello del Consiglio
regionale.
3. Le funzioni di Segretario della Commissione sono svolte da un dipendente
regionale designato dal Dirigente del Settore programmazione sociale.
4. La Commissione ha funzione consultiva e propositiva nell'area delle
problematiche relative alle tematiche sociali ed educative a sostegno
dell'azione della Regione. Essa è convocata dal Presidente non meno di due
volte l'anno, è validamente costituita con la presenza di almeno la maggioranza
assoluta dei componenti e decide a maggioranza dei presenti.
5. La Commissione per il suo funzionamento approva un proprio regolamento e per
lo svolgimento dell'attività può articolarsi in sottocommissioni. E' costituita
come sottocommissione obbligatoria e autonoma quella dedicata alla tematica
minorile. E' costituita, inoltre, la sottocommissione delle Autonomie locali
per la verifica periodica del sistema integrato dei servizi sociali e per la
valutazione delle politiche pubbliche regionali per l'inclusione sociale.
Art. 66
(Conferenza regionale delle politiche
sociali)
1. E' istituita la Conferenza regionale delle politiche sociali, organizzata
con cadenza almeno biennale, aperta alla partecipazione di tutti gli operatori
pubblici e privati di cui all'articolo 1 e all'articolo 19, per discutere sullo
stato di attuazione del sistema integrato d'interventi e servizi sociali e
socio-sanitari sul territorio regionale e per elaborare, in modo allargato e
partecipato, gli indirizzi per la programmazione sociale regionale.
2. Le risorse umane, finanziarie e strumentali per il supporto organizzativo
all'attività della Commissione, nonché per la realizzazione della Conferenza
regionale delle politiche sociali, sono definite con direttiva della Giunta
regionale, su proposta dell'Assessore ai servizi sociali.
Art. 67
(Fondi regionali per l'attuazione del
sistema integrato socio-assistenziale)
1. Il Fondo globale per i servizi socio-assistenziali, istituito con legge
regionale 17 aprile 1990, n. 11 (Disposizioni sostitutive e integrative della legge
regionale 4 ottobre 1989, n. 14), è ripartito tra i Comuni con le modalità e le priorità definite
dal Piano regionale socio-assistenziale, quale concorso regionale alla
realizzazione del sistema integrato socio-assistenziale, fatta salva la riserva
di risorse di cui al comma 3 e la riserva delle somme dovute ai Comuni ai sensi
dell'articolo 11, comma 3, della l.r.
11/1990. Il
Fondo globale per i servizi socio-assistenziali spettante ai Comuni viene
ripartito sulla base dei parametri individuati nello stesso Piano regionale
socio-assistenziale.
2. Le quote del Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui alla l.
328/2000, attribuite alla Regione confluiscono in apposito capitolo di entrata
e di spesa vincolata e sono utilizzate per la realizzazione degli obiettivi
fissati dal Piano regionale socio-assistenziale.
3. Per sostenere gli oneri derivanti dall'attuazione della
riforma prevista dalla l. 328/2000, ivi comprese le attività di comunicazione
sociale e di potenziamento e diffusione di buone pratiche, è posta a
disposizione del Settore sistema integrato dei servizi sociali e del Settore
programmazione sociale e integrazione socio-sanitaria della Regione, una quota
non superiore al 3 per cento delle risorse assegnate del Fondo nazionale per le
politiche sociali e una quota non superiore al 5 per cento delle risorse del
Fondo globale per i servizi socio-assistenziali, di cui al comma 1.
4. I Comuni, singoli o associati, possono destinare agli oneri di cui al comma
3 una percentuale non superiore al 2 per cento delle risorse finanziarie
assegnate dalla Regione ai sensi dei commi 1 e 2.
5. Per sostenere gli oneri derivanti dall'attuazione degli interventi di cui al
comma 2 dell'articolo 22, dal comma 5 dell'articolo 14, dal comma 1, lettera
i), dell'articolo 23 e dall'articolo 29 è riservata una quota pari al 10 per
cento del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 69,
comma 1. Il 5 per cento di tale riserva è dedicato al sostegno dell'associazionismo
familiare e delle attività dell'Osservatorio regionale delle politiche per la
famiglia.
Art. 68
(Disposizioni per il personale adibito ai servizi sociali
d'integrazione scolastica dei portatori di handicap, di cui alla l.r.
16/1987)
1. Fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 6, comma 1, della legge
regionale 12 luglio 2002, n. 13 (Individuazione degli ambiti territoriali e disciplina per la
gestione associata dei servizi socio-assistenziali), e quelle ministeriali
sulle definizioni delle figure professionali sociali di cui all'articolo 12
della l. 328//2000, i Comuni, singoli o associati, per le particolari
prestazioni d'integrazione e sostegno sociali di cui all'articolo 14, comma 1,
all'articolo 16, comma 3, lettera e), e all'articolo 22, comma 2, lettera f),
della l. 328/2000, utilizzano, allo scopo di evitare duplicazioni di esborsi
finanziari, gli operatori non sanitari che risultano in servizio al 30 maggio
2006 presso l'AUSL di riferimento ai sensi e per le finalità della l.r.
16/1987, a condizione che gli stessi abbiano operato nel regime di convenzione
indiretta con le AUSL, anche non continuativamente, per almeno ventisette mesi
dal 31 dicembre 1999 e sino alla data di entrata in vigore della presente legge
ovvero che siano titolari di una convenzione al 31 ottobre 1998.
2. I Comuni facenti parte del medesimo distretto sanitario o socio-sanitario
attuano il provvedimento di cui al comma 1 entro sessanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge associandosi obbligatoriamente fra di
loro allo scopo della gestione ottimale del personale. L'iniziativa per la
costituzione dell'associazione è assunta dal Sindaco del Comune sede del
distretto sanitario o socio-sanitario. Il Presidente dell'associazione dei
Comuni facenti parte del distretto, di cui al primo periodo del presente comma,
ovvero, se non ancora nominato, il Sindaco del Comune sede del distretto
sanitario o socio-sanitario delega all'AUSL, sentiti i Sindaci degli altri
Comuni, lo svolgimento dei servizi sociali di cui al comma 1, assegnando,
contestualmente alla delega, le risorse finanziarie necessarie, a norma
dell'articolo 3, comma 3, del d.lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni.
3. Le AUSL, per le attività di diagnosi, cura e riabilitazione dell'handicap,
continuano ad avvalersi, oltre che del personale dipendente, del personale
sanitario in servizio ai sensi della l.r. 16/1987, a condizione che lo stesso
sia in possesso dei requisiti professionali previsti per l'accesso al rapporto
di lavoro presso le aziende del SSN e che abbia operato, anche non
continuativamente incluso nel regime di convenzione indiretta con le AUSL, per
almeno ventisette mesi dal 31 ottobre 1998 e sino alla data di entrata in
vigore della presente legge, ovvero che sia titolare di una convenzione al 31
ottobre 1998 e attualmente in servizio.
4. I rapporti di lavoro del personale di cui ai commi 1 e 3, con decorrenza
dall'applicazione del presente articolo, sono regolati da contratti di lavoro
subordinato, full time, a tempo determinato di durata annuale, rinnovabili, in
rapporto ai finanziamenti a disposizione degli enti e aziende interessate, e
sono regolati dai contratti collettivi di lavoro (CCNL), rispettivamente, degli
enti locali e delle aziende del SSN.
Art. 69
(Norma finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dalla presente legge, per quanto afferente all'area
"Servizi alla persona", si fa fronte con gli stanziamenti di risorse
nazionali di cui al Fondo nazionale per le politiche sociali ex legge n. 328
del 2000 e agli altri fondi vincolati per il finanziamento di interventi
sociali, di risorse regionali come specificate al comma 3 del presente
articolo, nonché di altre risorse comunitarie rivolte al conseguimento di
priorità strategiche per l'inclusione sociale nell'ambito dei programmi di
iniziativa comunitaria, nazionale e regionale.
2. A decorrere dall'anno 2006 le risorse vincolate del Fondo nazionale per le
politiche sociali di cui al comma 1 sono allocate sui seguenti capitoli del
bilancio annuale:
a) capitolo 784025 "Fondo
nazionale politiche sociali. l. n. 328/2000 - Trasferimenti ai Comuni e alle
Province per il Piano regionale delle politiche sociali", unità
previsionale di base 7.1 "Sistema integrato servizi sociali";
b) capitolo 784026 (C.N.I.)
"Fondo nazionale politiche sociali. l. n. 328/2000 - Azioni di sistema di
iniziativa regionale (articolo 67 comma 3)", unità previsionale di base
7.3 "Programmazione sociale e integrazione";
c) capitolo 784027 (C.N.I.)
"Fondo nazionale politiche sociali. l. n. 328/2000 - Azioni sperimentali e
innovative di iniziativa regionale (articolo 18, comma 2)", unità
previsionale di base 7.3 "Programmazione sociale e integrazione";
d) capitolo 785010 che è rinominato
"Fondo per la prima dote per i nuovi nati fino al trentaseiesimo mese di
vita e servizi per la prima infanzia", unità previsionale di base 7.3
"Programmazione sociale e integrazione", al quale confluiscono le
risorse della riserva del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui al
comma 5 dell'articolo 69.
3. A decorrere dall'anno 2006 le
risorse autonome previste dalla legge di bilancio annuale sono allocate sui
seguenti capitoli:
a) capitolo 784010 "Fondo
globale per i servizi socio-assistenziali", unità previsionale di base 7.1
"Sistema integrato servizi sociali", al quale confluiscono
annualmente le risorse, nella misura non inferiore agli stanziamenti previsti
nel bilancio 2003, di cui ai capitoli 781035 "Spese e/o trasferimenti ai
Comuni per il funzionamento Case di riposo ex ONPI di Bari e San Vito dei
Normanni, Centro educativo ex G.I. di Gallipoli. Legge 649/1968, legge 764/1975
e l.r.
37/1994",
781075 "Trasferimenti alle AUSL per il rimborso delle spese sostenute per
interventi di trapianto. l.r.
25/1996 e
successive modificazioni e integrazioni", 782010 "Spese per la
gestione della Casa di riposo dei profughi di Bari. l.r.
28/1979";
b) capitolo 785000 "Azioni
mirate per la non autosufficienza e le nuove povertà", unità previsionale
di base 7.3 "Programmazione sociale e integrazione";
c) capitolo 785010 "Fondo per la
prima dote per i nuovi nati fino al trentaseiesimo mese di vita", unità
previsionale di base 7.3 "Programmazione sociale e integrazione";
d) capitolo 785020 "Interventi
per la connettività sociale e l'integrazione scolastica ed extrascolastica dei
disabili", unità previsionale di base 7.3 "Programmazione sociale e
integrazione".
Art. 70
(Abrogazioni e disposizioni
transitorie)
1. Sono abrogati gli articoli 1, 2, 3, 4, 6 e 7 - escluso il comma 7 - della l.r.
13/2002 e
l'articolo 15 della l.r.
17/1999.
2. Sono abrogati gli articoli 2, 3, 10, 11, 12 della legge
regionale 15 dicembre 2000, n. 26 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi in
materia di immigrazione extracomunitaria).
3. Sono abrogati la l.r.
17/2003 e gli
articoli 3 e seguenti della legge
regionale 2 aprile 2004, n. 5 (Legge quadro per la famiglia).
4. E' abrogato l'articolo 4 della legge
regionale 11 febbraio 1999, n. 10 (Sviluppo degli interventi in favore dell'infanzia e dell'adolescenza).
5. Con l'entrata in vigore del regolamento regionale previsto dalla presente
legge sono abrogati:
a) la l.r.
49/1981;
b) il regol.
reg. 1/1983;
c) la legge
regionale 7 settembre 1987, n. 26 (Assegnazioni finanziarie alle USL per interventi
socio-assistenziali collegati all'assistenza psichiatrica);
d) il regol.
reg. 1/1993;
e) la legge
regionale 21 aprile 1995, n. 25 (Modifica della legge
regionale 14 giugno 1994, n. 18 concernente norme per l'istituzione degli ambiti territoriali
delle USL);
f)
il comma 2 dell'articolo 11
della l.r. 11/1990;
g) la legge
regionale 3 marzo 1973, n. 6 (Programmazione e finanziamento del piano di costruzione degli
asili-nido).
6. Sino alla data di entrata in vigore del regolamento
regionale continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti in quanto
compatibili con la presente legge.
7. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, la
Giunta regionale propone l'adeguamento della normativa vigente per specifica
materia alla presente legge, nonché un aggiornamento del vigente Piano
regionale delle politiche sociali.
8. Nelle more dell'adeguamento della normativa, ai sensi del comma 4, nei casi
non disciplinati dalla presente legge, il Piano regionale definisce le modalità
di esercizio delle funzioni individuando l'ente subentrante.
La presente legge è dichiarata urgente
e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi e per gli
effetti dell'art. 53, comma 1 della L.R.
12/05/2004, n° 7
"Statuto della Regione Puglia" ed entrerà in vigore il giorno stesso
della sua pubblicazione.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarla e farla osservare come legge della Regione Puglia.
Data a Bari, addì 10 luglio 2006