(1) Ai sensi dell'art. 1,
comma 3, L.R.
21 marzo 2007, n. 7 la suddetta legge interviene in attuazione della
presente legge. Vedi anche la Delib.G.R.
17 febbraio 2009, n. 168, la Delib.G.R. 19 novembre 2012, n. 2368
(allegate), il Reg. reg. 4/2007, il reg. reg. 28/2007 e
la lr.
n. 37/2014, art. 15.
Art. 1
Finalità.
1. La Regione Puglia programma, coordina e assicura sul
territorio un sistema integrato d'interventi e servizi sociali per le persone,
le famiglie e i nuclei di persone, al fine di garantire la qualità della vita,
le pari opportunità, la non discriminazione e i diritti di cittadinanza,
operando per prevenire, eliminare o ridurre gli ostacoli alla piena inclusione
sociale derivante da condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio
individuale e familiare, da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociale e
condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della
Costituzione.
2. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, la
Regione Puglia ispira il sistema integrato dei servizi sociali prioritariamente
al principio di domiciliarità, in modo da favorire l'integrazione e l'inclusione
sociale per costruire comunità solidali.
TITOLO I
Il sistema integrato dei servizi sociali
Art. 2
Principi generali.
1. Il sistema integrato d'interventi e servizi sociali si fonda
sul rispetto dei seguenti principi:
a) tutela della vita umana sin dal suo inizio, così come
previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della
maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza);
b) dignità della persona e garanzia di riservatezza;
c) universalità di accesso al sistema integrato dei servizi
sociali;
d) libera scelta dell'utente e, ove impossibilitato, dei suoi
familiari, per l'accesso ai servizi offerti dal sistema integrato
socio-assistenziale, nel rispetto dell'appropriatezza delle prestazioni
rispetto alle situazioni di bisogno;
e) valorizzazione delle potenzialità e delle risorse delle
persone e delle famiglie;
f) sostegno e promozione del recupero di autonomia delle
persone diversamente abili e non autosufficienti;
g) valorizzazione del ruolo della famiglia, quale nucleo
fondamentale nelle comunità locali per la crescita, lo sviluppo e la cura
della persona;
h) estensione delle tutele ai nuclei di persone legate da
vincoli di parentela, affinità, adozione, tutela e da altri vincoli
solidaristici;
i) partecipazione attiva dei cittadini singoli e associati,
nell'ambito dei principi di solidarietà e di auto-organizzazione;
j) sussidiarietà.
2. La realizzazione del sistema integrato dei servizi sociali
per costruire comunità solidali s'ispira ai seguenti principi:
a) omogeneità e adeguatezza al sistema di bisogni e di
domande sociali rilevati sul territorio regionale;
b) efficienza, efficacia ed economicità;
c) flessibilità e personalizzazione degli interventi;
d) sostenibilità delle priorità strategiche e degli obiettivi
d'intervento, rispetto all'impiego delle risorse disponibili;
e) integrazione delle politiche sociali con tutte le
politiche di settore atte a prevenire tutte le condizioni di disagio e di
esclusione sociale;
f) professionalità e specificità delle prestazioni
professionali.
Art. 3
Diritto alle prestazioni.
1. Il sistema integrato ha carattere di
universalità e promuove l'attuazione dei diritti di cittadinanza sociale e del
sistema di responsabilità condivise delle istituzioni pubbliche e dei soggetti
sociali per la costruzione di una comunità solidale. Hanno diritto ad accedere
agli interventi e ai servizi del sistema integrato tutte le persone residenti in
Puglia.
2. I Comuni garantiscono ai cittadini di altre
regioni l'accesso ai servizi socio-assistenziali in base ad accordi
interregionali, fatta salva in ogni caso la garanzia degli interventi
indifferibili.
3. I cittadini di Stati membri dell'Unione
europea e i loro familiari, nonché i cittadini stranieri di cui all'articolo 41
del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero), accedono ai servizi socio-assistenziali nel rispetto degli accordi
internazionali e secondo le modalità definite dal regolamento regionale di cui
all'articolo 64.
4. Per le prestazioni e i servizi rivolti ai
soggetti di cui ai commi 2 e 3 il Comune competente è quello nel cui territorio
è stato rintracciato il minore, fatto salvo il diritto di rivalsa in base agli
accordi interregionali e internazionali. (2)
4-bis. Per le prestazioni e i servizi, aventi
valore di interventi indifferibili, rivolti ai minori, è competente il comune
nel quale risiede il minore al momento in cui si è manifestata la necessità di
intervento.Se il minore è privo di residenza, il comune competente è quello nel
cui territorio è stato rintracciato il minore. (3)
5. I criteri di partecipazione e/o
compartecipazione al costo delle prestazioni da parte dei cittadini utenti sono
definiti nel regolamento regionale.
6. In base alle indicazioni del Piano regionale
delle politiche sociali e del regolamento regionale e delle disposizioni
nazionali in materia di livelli essenziali di assistenza, accedono
prioritariamente ai servizi e alle prestazioni secondo i parametri definiti dai
Comuni i cittadini in condizioni di povertà o con reddito insufficiente o con
incapacità totale o parziale di provvedere ai propri bisogni per inabilità
d'ordine sensoriale, fisico e psichico o dovuta a pluriminorazione, con
difficoltà d'inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato del lavoro,
nonché i soggetti sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria che
rendono necessari interventi assistenziali.
7. I soggetti di cui al presente articolo hanno
diritto di accesso agli interventi e ai servizi del sistema integrato
socio-assistenziale partecipando al costo delle prestazioni in relazione alla
condizione economica secondo le disposizioni della presente legge.
8. [Il Piano regionale delle
politiche sociali riserva una quota delle risorse per l'anticipazione ai Comuni
degli oneri derivanti dagli interventi di cui al comma 3, nelle more dell'azione
di rivalsa e per gli interventi dei Comuni in ottemperanza alle ordinanze dei
Tribunali per i minorenni] . (4)
(2) Comma così sostituito dall’art. 1,
comma 1, lettera a), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7. Il testo originario era così formulato: «4. Per i
soggetti di cui al comma 3 e per tutti gli interventi indifferibili, il Comune
tenuto a garantire i servizi socio-assistenziali è identificato nel Comune nel
cui territorio si è manifestata la necessità dell'intervento, fatto salvo il
diritto di rivalsa nei confronti del Comune di residenza del cittadino
destinatario dell'intervento e per i cittadini stranieri in base agli accordi
internazionali.».
(3) Comma aggiunto
dall’art. 1,
comma 1, lettera b), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7.
(4) Comma abrogato
dall’art. 1,
comma 1, lettera c), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7.
Art. 4
Strumenti e metodi per la realizzazione del sistema.
1. Il sistema d'interventi e servizi sociali è definito dal
Piano regionale delle politiche sociali e realizzato attraverso i Piani sociali
di zona, garantendo la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali
a rete secondo gli ambiti territoriali socio-assistenziali come definiti dalla
Regione.
2. Il sistema integrato d'interventi e servizi sociali si
realizza attraverso i seguenti metodi:
a) coordinamento dell'integrazione tra i servizi sociali e i
servizi sanitari e dell'integrazione con tutte le politiche che mirano al
benessere delle persone e alla qualità della vita;
b) cooperazione interistituzionale;
c) concertazione tra i diversi livelli istituzionali e le
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, gli organismi di
rappresentanza del volontariato e della cooperazione sociale, gli ordini e le
associazioni professionali, le associazioni di categoria, le associazioni
delle famiglie e degli utenti della Regione Puglia.
Art. 5
Ambiti territoriali.
1. Gli ambiti territoriali per la gestione unitaria del sistema
locale dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari corrispondono alle
circoscrizioni territoriali dei distretti socio-sanitari. Il Comune capofila
dell'ambito territoriale è di norma il Comune sede del distretto
socio-sanitario, salvo diversa decisione della Conferenza dei sindaci
dell'ambito territoriale.
2. La Giunta regionale, su proposta dei Comuni interessati e
sentito il parere delle Province territorialmente competenti, può determinare un
diverso assetto circoscrizionale degli ambiti territoriali. Le modifiche
nell'assetto circoscrizionale degli ambiti territoriali devono intervenire entro
la data di approvazione del Piano regionale socio-assistenziale e, comunque, non
oltre la data di decorrenza dei termini di avvio per il lavoro di stesura dei
Piani sociali di zona.
3. Le modifiche dei confini amministrativi dei distretti
socio-sanitari non modificano i confini amministrativi degli ambiti territoriali
per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi socio-assistenziali e
socio-sanitari, fino alla scadenza del triennio di programmazione sociale dei
Piani sociali di zona in corso alla data delle modifiche intervenute, salvo
diversa decisione degli stessi Comuni interessati. In tal caso i Comuni
dell'ambito territoriale sociale modificano gli assetti organizzativi in
relazione alle intervenute variazioni degli assetti istituzionali, aggiornando
anche obiettivi e contenuti del vigente Piano sociale di zona.
Art. 6
Gestione associata.
1. La gestione associata dei servizi
socio-assistenziali è, di norma, esercitata dai Comuni appartenenti allo stesso
distretto socio-sanitario.
2. Il Piano regionale, in presenza di
particolari condizioni socio-ambientali e organizzative e per specifiche
tipologie di servizi socio-assistenziali, può prevedere, su proposta dei Comuni
interessati e sentito il parere delle Province territorialmente competenti, che
la gestione associata sia esercitata anche tra Comuni appartenenti a diverso
distretto socio-sanitario.
3. I Comuni appartenenti allo stesso ambito
territoriale di cui all'articolo 5 determinano autonomamente la forma di
gestione associata, scegliendola tra le forme previste dagli articoli 30 e
seguenti del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, emanato
con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. I Comuni, inoltre, possono
attribuire la gestione di alcuni o tutti i servizi del Piano sociale di zona
(PSZ) a una delle aziende pubbliche di servizi alla persona di cui alla legge
regionale 30 settembre 2004, n. 15 (Riforma delle Istituzioni pubbliche di
assistenza e beneficienza - IPAB - e disciplina delle aziende pubbliche dei
servizi alle persone) e successive modifiche e integrazioni, che abbia sede
legale nel territorio dell'ambito e nel cui consiglio di amministrazione sia
rappresentato almeno uno dei comuni dell'ambito stesso, ovvero a un'istituzione
dotata di autonomia gestionale ai sensi dell'articolo 114 del D.Lgs. 267/2000.
(5)
4. I Comuni appartenenti allo stesso ambito
territoriale definiscono autonomamente le forme di gestione dei servizi previsti
nel Piano sociale di zona, nel rispetto di quanto previsto all'articolo 56, e
possono avvalersi anche delle aziende pubbliche di servizi alla persona di cui
al D.Lgs. n. 207/2001, aventi sede legale nel territorio dell'ambito, laddove
presenti.
5. La Giunta regionale, decorso inutilmente il
termine fissato nel Piano regionale, sentita la Conferenza Regione-Enti locali,
individua, ai sensi dell'articolo 33, comma 2, del D.Lgs. n. 267/2000, la forma
associativa e ne disciplina la gestione con specifico regolamento per gli ambiti
distrettuali inadempienti.
6. Il regolamento di cui al comma 5 resta in
vigore sino all'approvazione delle forme di gestione da parte dei Comuni.
(5) Comma così
sostituito dall’art. 2,
comma 1, L.R.
6 febbraio 2013, n. 7. Il testo originario era così formulato: «3. I Comuni
appartenenti allo stesso ambito territoriale, di cui all'articolo 5, determinano
autonomamente la forma di gestione associata, scegliendola tra le forme previste
dagli articoli 30 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267
(Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), e possono
attribuire l'esercizio delle funzioni socio-assistenziali a una delle aziende
pubbliche di servizi alla persona di cui al decreto legislativo 4 maggio 2001,
n. 207 (Riordino del sistema delle istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza, a norma dell'articolo 10 della legge 8 novembre 2000, n. 328),
avente sede legale nel territorio dell'ambito o a un'istituzione dotata di
autonomia gestionale ai sensi dell'articolo 114 del D.Lgs. n. 267/2000.».
Art. 7
Incentivazione delle forme associate.
1. Il Piano regionale delle politiche sociali determina le
risorse aggiuntive da destinare, quali contributi per la gestione associata, ai
Comuni con minore dimensione demografica, così come individuati dallo stesso
Piano, e individua le forme d'incentivazione per la gestione associata da parte
degli altri Comuni.
2. Al fine d'incentivare la gestione associata del sistema di
servizi e interventi sociali e socio-sanitaria di ambito da parte dei Comuni, le
forme di incentivazione tengono conto prioritariamente della capacità di spesa
delle risorse assegnate all'ambito, dell'incidenza dei servizi a valenza di
ambito o sovracomunali sul totale dei servizi previsti con il Piano sociale di
zona, delle forme di gestione individuate per detti servizi a valenza di ambito
o sovracomunale, dell'attivazione di un sistema di accesso unico alla rete dei
servizi dell'ambito. Il Piano regionale delle politiche sociali può individuare
ulteriori variabili di esame delle diverse esperienze territoriali per
l'assegnazione delle risorse di cui al comma 1.
Art. 8
Sistema locale dei servizi sociali.
1. Il sistema locale si articola in un insieme d'interventi e
servizi socio-assistenziali realizzati in modo coordinato e integrato con gli
interventi dei diversi settori della collettività attivati dai diversi soggetti
pubblici e privati posti in rete attraverso la programmazione definita dal Piano
sociale di zona.
2. Il Piano di zona, nell'ambito degli indirizzi del Piano
regionale delle politiche sociali, definisce i servizi e gli interventi
essenziali e prevede le modalità per far fronte alle situazioni di emergenza
sociale.
3. Il Piano regionale determina le caratteristiche quantitative
e qualitative dei servizi che costituiscono livelli delle prestazioni, che
devono essere assicurati dal piano di zona.
Art. 9
Piano regionale delle politiche sociali . (6)
1. La Regione approva il Piano regionale triennale delle
politiche sociali in armonia con gli altri piani di settore.
2. Il Piano regionale individua:
a) i bisogni del territorio;
b) le priorità degli interventi;
c) il riparto delle risorse;
d) i livelli essenziali delle prestazioni sociali erogabili
sotto forma di beni e servizi;
e) gli indirizzi per la realizzazione e lo sviluppo del
sistema;
f) i Comuni di minore dimensione demografica, ai fini
dell'applicazione dell'articolo 7, comma 1, della presente legge, tenuti alla
gestione associata dei servizi e fissa il termine entro cui deve essere
individuata la forma di gestione;
g) le modalità per il raccordo tra la pianificazione
regionale e quella zonale e in particolare le linee d'indirizzo e gli
strumenti per la pianificazione di zona, garantendo comunque l'uniformità dei
servizi offerti sul territorio regionale;
h) i criteri per il concorso dei soggetti di cui all'articolo
4, comma 2, lettera c), alla definizione dei Piani di zona;
i) l'integrazione socio-sanitaria, in coerenza con gli
obiettivi del Piano sanitario regionale;
j) il coordinamento per l'integrazione con le politiche
dell'educazione, dell'istruzione, della formazione professionale,
dell'avviamento al lavoro, del reinserimento nelle attività lavorative, dello
sviluppo locale, della riqualificazione urbana, dell'ambiente, della cultura,
del tempo libero, dei trasporti, delle comunicazioni, dell'urbanistica e delle
politiche abitative;
k) la quota delle risorse da riservare per l'anticipazione ai
Comuni degli oneri derivanti dagli interventi di cui ai commi 3 e 4
dell'articolo 3, nelle more dell'azione di rivalsa e per gli interventi dei
Comuni in ottemperanza alle ordinanze dei Tribunali per i minorenni;
l) gli interventi di promozione e coordinamento delle azioni
di assistenza tecnica per l'istituzione e la gestione degli interventi sociali
da parte degli enti locali;
m) gli interventi di sperimentazione dei modelli innovativi
di servizi in grado di coordinare le risorse umane e finanziarie presenti a
livello locale e di collegarsi, inoltre, alle esperienze sviluppate a livello
europeo;
n) le altre forme di interventi oltre a quelle contemplate
nella presente legge;
o) gli interventi di promozione di metodi e strumenti per il
controllo di gestione atti a valutare l'efficacia e l'efficienza dei servizi e
i risultati delle azioni previste;
p) il programma e il finanziamento per la formazione, la
riqualificazione e l'aggiornamento del personale addetto alle attività
sociali;
q) gli indicatori per il monitoraggio dell'efficacia,
dell'efficienza e della qualità dei servizi erogati con i Piani sociali di
zona.
(6) Con Delib.G.R. 13 ottobre
2009, n. 1875 è stato approvato il piano regionale delle politiche
sociali, ai sensi del presente articolo.
Art. 10
Piano sociale di zona.
1. Il Piano sociale di zona ha durata triennale ed è definito
dai Comuni singoli o associati, d'intesa con le Aziende unità sanitarie locali
(AUSL), sulla base delle indicazioni del Piano regionale e con la piena
partecipazione dei soggetti di cui all'articolo 4, comma 2, lettera c), che,
attraverso l'accreditamento o specifiche forme di concertazione, concorrono,
anche con proprie risorse, alla realizzazione del Piano.
2. Il Piano sociale di zona, adottato con accordo di programma,
definisce:
a) il sistema locale degli interventi e dei servizi sociali
garantendo i livelli essenziali delle prestazioni e provvedendo alla
localizzazione dei servizi;
b) gli obiettivi strategici e le priorità d'intervento,
nonché gli strumenti e le risorse per la loro realizzazione;
c) le modalità organizzative dei servizi, le risorse
finanziarie strutturali e professionali, i requisiti di qualità;
d) le modalità di rilevazione dei dati nell'ambito del
sistema informativo dei servizi sociali, le procedure e gli strumenti per la
rendicontazione economica del Piano di zona e per il monitoraggio e la
valutazione delle attività e dei risultati conseguiti nell'ambito del Piano di
zona;
e) le modalità per garantire l'integrazione tra servizi e
prestazioni;
f) le modalità del coordinamento con gli organi periferici
dell'amministrazione scolastica, penitenziaria e giudiziaria;
g) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali
con i soggetti attuatori;
h) le forme di collaborazione con le Aziende USL per la
realizzazione dell'integrazione socio-sanitaria, nonché i criteri di
ripartizione della spesa;
i) gli interventi e i servizi socio-assistenziali per i quali
appare ottimale un livello di organizzazione sovra-ambito, individuando gli
enti gestori tra le istituzioni pubbliche con competenze sovracomunali e
dotate di autonomia gestionale, concorrendo alla definizione progettuale degli
stessi interventi e attribuendo le risorse economiche corrispondenti;
j) il coordinamento per l'integrazione con tutte le politiche
che mirano al benessere delle persone e alla qualità della vita;
k) le iniziative di formazione e di aggiornamento degli
operatori;
l) le forme e le modalità di partecipazione dei cittadini e
degli utenti alla programmazione e al controllo della qualità dei servizi.
3. Il Piano di zona, in caso di gestione associata, è promosso
dal Sindaco del comune sede del distretto socio-sanitario ed è approvato con
accordo di programma.
Art. 11
Integrazione socio-sanitaria.
1. La Regione Puglia promuove, qualifica e sostiene
l'integrazione socio-sanitaria; le attività sono finalizzate a soddisfare in
modo integrato i bisogni dei cittadini in termini di recupero e mantenimento
delle autonomie personali, d'inserimento sociale e miglioramento delle
condizioni di vita e di tutela della salute.
2. I rapporti tra i soggetti erogatori degli interventi e dei
servizi socio-assistenziali e le aziende erogatrici delle prestazioni sanitarie
sono regolati sulla base degli atti d'indirizzo della Regione.
3. La Regione istituisce la Commissione regionale per
l'integrazione socio-sanitaria per elaborare gli indirizzi in materia, favorire
la diffusione e l'applicazione degli stessi, monitorare i processi
d'integrazione in atto e i risultati conseguiti, contribuire alla programmazione
finanziaria degli Assessorati alla solidarietà e alle politiche per la salute,
per quanto di propria competenza. (7)
4. La Commissione regionale per l'integrazione socio-sanitaria
è nominata dal Presidente della Giunta regionale, sentiti gli Assessori alla
solidarietà e alle politiche per la salute, ed è composta da:
a) tre rappresentanti dei settori afferenti all'Assessorato
alla solidarietà della Regione;
b) tre rappresentanti dei settori afferenti all'Assessorato
alla sanità della Regione, di cui uno in rappresentanza dell'ARES;
c) due esperti esterni, con competenze specialistiche in
materia di programmazione sociale e socio-sanitaria, ai quali viene
riconosciuto un gettone di presenza per le riunioni svolte dalla Commissione.
5. La Giunta regionale provvede a definire gli obiettivi
specifici, le risorse e le modalità di funzionamento della Commissione regionale
per l'integrazione socio-sanitaria.
6. La Commissione regionale per l'integrazione socio-sanitaria
presenta semestralmente il lavoro svolto ai soggetti di cui all'articolo 4,
comma 2, lettera c), nonché ai comitati consultivi misti istituiti in seno alle
AUSL, al fine di promuovere un confronto permanente con tutti i soggetti
interessati e la concertazione sulle priorità d'intervento in campo
socio-sanitario.
6-bis. Al fine di uniformare i percorsi diagnostici e
riabilitativo-assistenziali e definire i requisiti strutturali e organizzativi
dei luoghi di cura e per l'assistenza domiciliare, è istituita la Commissione
regionale Alzheimer, con il coordinamento organizzativo dell'ARES. La
Commissione è composta da:
1) il dirigente del Servizio assistenza territoriale e
prevenzione dell'Assessorato alle politiche della salute, che la coordina;
2) il dirigente del Servizio programmazione sociale e
integrazione socio-sanitaria;
3) il direttore dell'ARES o suo delegato;
4) un rappresentante delle associazioni delle famiglie di
pazienti Alzheimer a livello regionale;
5) un rappresentante dei direttori dei distretti
socio-sanitari;
6) un rappresentante dei dirigenti medici aziendali competenti
per i servizi territoriali riabilitativi dedicati all'Alzheimer;
7) un dirigente ASL con documentate competenze
tecnico-scientifiche in materia di patologie neurodegenerative e demenze
senili;
8) un funzionario dell'Assessorato alle politiche della
salute, con funzioni di segretario. (8)
6-ter. La Giunta regionale, con deliberazione da adottare
entro il 10 aprile 2013, istituisce la Commissione, ne definisce gli obiettivi
dell'attività almeno biennali e ne disciplina la partecipazione allargata a
esperti e operatori sanitari interessati per competenza. (9)
(7) Con Delib.G.R. 19
giugno 2007, n. 895 è stata istituita la Commissione regionale per
l'integrazione socio-sanitaria, di cui al presente comma.
(8) Comma aggiunto dall’art. 3,
comma 1, lettera a) della L.R.
6 febbraio 2013, n. 7.
(9) Comma aggiunto dall’art. 3,
comma 1, lettera a) della L.R.
6 febbraio 2013, n. 7.
Art. 12
Livelli essenziali delle prestazioni.
1. Il sistema d'integrazione degli interventi e dei servizi
sociali fornisce risposte omogenee sul territorio finalizzate al raggiungimento
dei seguenti obiettivi d'inclusione sociale (10) :
a) mantenimento a domicilio dei cittadini e sviluppo della
loro autonomia;
b) sostegno delle puerpere e dei neonati e promozione
dell'infanzia, dell'adolescenza e delle responsabilità familiari a tutela dei
diritti di cittadinanza dei minori e degli adulti, delle donne in difficoltà e
delle situazioni di monogenitorialità;
c) piena integrazione sociale e lavorativa delle persone
diversamente abili;
d) soddisfacimento delle esigenze di tutela residenziale e
semiresidenziale delle persone non autonome e non autosufficienti;
e) informazione e consulenza diffuse per favorire la
fruizione delle opportunità di accesso ai servizi per le persone e le
famiglie;
f) garanzia di ogni altro intervento qualificato a carattere
socio-assistenziale e socio-sanitario, per quanto di competenza, al fine di
garantire l'esigibilità dei diritti sociali di cui all'articolo 117, comma
secondo, lettera m), della Costituzione.
2. Nelle more della definizione dei livelli essenziali delle
prestazioni da parte dello Stato, la Regione e gli Enti locali garantiscono le
prestazioni e i servizi essenziali per assicurare il rispetto degli obiettivi di
cui al comma 1, identificabili nelle seguenti tipologie, tenendo conto delle
risorse disponibili e delle esigenze delle diverse articolazioni territoriali:
a) il servizio sociale professionale;
b) il servizio di segretariato sociale per favorire l'accesso
ai servizi, mediante l'informazione e la consulenza ai cittadini;
c) il servizio di pronto intervento sociale per le situazioni
di emergenza;
d) il servizio di assistenza domiciliare per soggetti e
nuclei familiari con fragilità sociali e il servizio di assistenza domiciliare
integrata per le prestazioni di cura domiciliari sociali e sanitarie
integrate;
e) le strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti
con fragilità sociali;
f) i centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere
comunitario;
g) il servizio di assistenza economica.
3. I Comuni, nell'ambito dei rispettivi Piani sociali di zona,
concorrono alla programmazione, organizzazione e gestione dei livelli essenziali
di assistenza a elevata integrazione socio-sanitaria di cui all'allegato 1C del
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001 (Definizione
dei livelli essenziali di assistenza), concorrendo alla relativa spesa,
corrispondente alle prestazioni sociali e alberghiere che accompagnano le
prestazioni sanitarie a rilievo sociale, con le risorse finanziarie assegnate al
Piano di zona e con la compartecipazione dell'utente.
(10) Vedi, anche, la Delib.G.R. 31 agosto 2006, n. 1289, la Delib.G.R. 31 ottobre 2007, n. 1811, la Delib.G.R. 16 novembre 2010, n. 2471. e
la Delib.G.R. 25 settembre 2012, n.
1828.(allegate)
Art. 13
Sistema informativo . (11)
1. La Regione, nell'ambito del sistema informativo dei servizi
sociali di cui all'articolo 21 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge-quadro
per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), in
collaborazione con le Province e i Comuni, singoli e/o associati, istituisce il
sistema informativo regionale dei servizi socio-assistenziali.
2. Il sistema informativo di cui al comma 1 è strumento per la
tempestiva acquisizione dei dati e delle informazioni necessarie alla conoscenza
dei bisogni sociali finalizzata alla programmazione, alla gestione e alla
valutazione delle politiche sociali.
3. La Giunta regionale emana le direttive di coordinamento cui
le Province e i Comuni devono attenersi per la raccolta dei dati e per
l'acquisizione, in particolare, di tutti gli elementi relativi:
a) alla realizzazione della banca dati riferita ai servizi,
ai progetti, alle risorse finanziarie e alla loro destinazione per aree
d'intervento di attività;
b) alla conoscenza dei bisogni sociali e della domanda
sociale espressa;
c) alla conoscenza delle risorse umane e professionali
impegnate nell'organizzazione ed erogazione dei servizi sociali e
socio-sanitari.
(11) Vedi, al riguardo, la Delib.G.R. 3 agosto 2007, n. 1380. (allegata)
Art. 14
Osservatorio regionale delle politiche sociali . (12)
1. È istituito presso l'Assessorato alla solidarietà
l'Osservatorio regionale delle politiche sociali. L'Osservatorio promuove,
coordina e realizza le azioni di monitoraggio sul sistema di offerta dei servizi
sociali, sulla domanda di servizi, sulla spesa sociale della Regione e degli
enti locali, nonché il monitoraggio periodico sullo stato di attuazione dei
Piani sociali di zona e la progettazione del sistema informativo sociale.
2. Nell'ambito dell'Osservatorio regionale si colloca il Centro
regionale di documentazione per le politiche per l'infanzia e l'adolescenza, che
opera quale centro regionale di raccolta e analisi di documenti e buone pratiche
sulle problematiche sociali riferite ai minori e può essere articolato per
macrotematiche e che, in attuazione della legge 23 dicembre 1997, n. 451
(Istituzione della Commissione parlamentare per l'infanzia e dell'Osservatorio
nazionale per l'infanzia), provvede a raccogliere esclusivamente i dati relativi
ai minorenni e collabora nell'elaborazione delle politiche sociali regionali in
favore dei medesimi.
3. La Giunta regionale disciplina il funzionamento
dell'Osservatorio regionale delle politiche sociali e del Centro regionale di
documentazione per le politiche per l'infanzia e l'adolescenza, al quale
fornisce risorse e strumenti adeguati per il pieno svolgimento del programma di
attività.
4. L'Osservatorio regionale delle politiche sociali si articola
per aree tematiche, nella forma di articolazioni organizzative interne, con
programmi di attività e risorse specifiche, e tra loro connesse e con un
coordinamento unico, secondo quanto disciplinato dalla Giunta regionale.
5. La Regione, nell'ambito dell'Osservatorio delle politiche
sociali, istituisce l'Osservatorio permanente sulle famiglie e le politiche
familiari. In particolare l'Osservatorio:
a) studia e analizza l'evoluzione delle condizioni di vita
delle famiglie, con particolare attenzione alle situazioni di disagio e di
violenza, al rapporto famiglia-lavoro e famiglia-servizi, al fine di
individuare le problematiche emergenti e l'evoluzione complessiva delle
esigenze familiari;
b) verifica l'efficacia degli interventi in favore delle
famiglie realizzati dalla Regione, da enti e istituzioni pubbliche e private;
c) si avvale, per le sue attività, delle strutture e dei
servizi di ricerca e analisi della Regione;
d) si rapporta con altri Osservatori istituiti nell'ambito
della sicurezza sociale, anche al fine di creare un sistema informativo
coordinato;
e) focalizza i fenomeni di devianza e studia i rimedi atti a
prevenire e assistere le situazioni sociali marginali per la piena tutela
della dignità di ciascuna persona.
6. L'Osservatorio regionale delle politiche sociali si articola
sul territorio in una struttura regionale di coordinamento e di raccordo
operativo e nella rete degli Osservatori sociali provinciali, che concorrono
alla realizzazione del sistema informativo sociale regionale, di cui
all'articolo 13, nonché alla realizzazione del piano di attività annuale
dell'Osservatorio regionale e che possono promuovere con risorse proprie
iniziative di rilevazione, analisi e ricerca connesse al fabbisogno conoscitivo
specifico del territorio di riferimento.
6-bis. L'Osservatorio regionale delle politiche sociali
promuove, a titolo non oneroso per le pubbliche amministrazioni, specifiche
collaborazioni, anche mediante la stipula di apposite convenzioni, con
istituzioni pubbliche e private "no profit" iscritte negli appositi registri
regionali, al fine di perseguire le funzioni di cui al comma 1, nell'area delle
diverse abilità e delle patologie invalidanti. (13)
(12) Vedi, al riguardo, la Delib.G.R. 3 agosto 2007, n. 1380. (allegata)
(13) Comma aggiunto
dall’art. 4,
comma 1, L.R. 6 febbraio 2013, n. 7
Art. 15
Finanziamento del sistema integrato.
1. Il sistema integrato degli interventi e dei servizi
socio-assistenziali e socio-educativi si realizza con il concorso delle risorse
all'uopo destinate dallo Stato, dalla Regione e dai Comuni.
2. La Regione provvede ad assegnare ai Comuni singoli e/o
associati la quota del Fondo nazionale per le politiche sociali e il Fondo
regionale socio-assistenziale.
3. Al finanziamento del sistema concorrono, altresì, le risorse
provenienti dal Fondo sanitario regionale, quelle provenienti da specifici
programmi comunitari e nazionali, nonché quelle dei soggetti del terzo settore e
delle aziende pubbliche di servizi alla persona di cui al D.Lgs. n. 207/2001 che
partecipano alla realizzazione dei Piani di zona e le risorse derivanti dalla
compartecipazione degli utenti al costo delle prestazioni.
4. La Regione incentiva il concorso delle risorse private al
finanziamento del sistema integrato d'interventi e servizi sociali anche con
l'utilizzo della leva fiscale, per quanto di propria competenza, viste le leggi
vigenti. A tal fine annualmente la Giunta regionale può proporre sgravi fiscali
mediante la modulazione di aliquote differenziate per l'addizionale IRE di
competenza, che producano benefici fiscali per i contribuenti che abbiano
concorso al finanziamento del sistema locale dei servizi, con le modalità
disciplinate da apposito regolamento.
Art. 16
Competenze dei Comuni.
1. I Comuni sono titolari di tutte le funzioni amministrative
concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale, adottano sul piano
territoriale gli assetti organizzativi e gestionali più funzionali alla gestione
della rete dei servizi, alla spesa e al rapporto con i cittadini e concorrono
alla programmazione regionale.
2. Ai Comuni, oltre alle competenze già trasferite a norma del
decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della
delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) e alle funzioni
attribuite, ai sensi dell'articolo 132, comma 1, del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello
Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15
marzo 1997, n. 59), con il decreto legislativo 30 marzo 1999, n. 96 (Intervento
sostitutivo del Governo per la ripartizione di funzioni amministrative tra
regioni ed enti locali a norma dell'articolo 4, comma 5, della legge 15 marzo
1997, n. 59 e successive modificazioni), spetta, nell'ambito delle risorse
disponibili in base al Piano regionale e di zona, l'esercizio delle seguenti
attività:
a) programmazione, progettazione, realizzazione del sistema
locale dei servizi sociali a rete, indicazione delle priorità e dei settori di
innovazione attraverso la concertazione delle risorse umane e finanziarie
locali, con l'obbligatorio coinvolgimento dei soggetti di cui all'articolo 4,
comma 2;
b) erogazione dei servizi, delle prestazioni economiche
diverse da quelle disciplinate dall'articolo 22 della L. n. 328/2000 e dei
titoli di acquisto dei servizi sociali;
c) progettazione e gestione, d'intesa con le istituzioni
scolastiche autonome presenti sul territorio, degli interventi in materia di
assistenza scolastica e istruzione ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge
18 gennaio 1993, n. 9 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria e
socio-assistenziale), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo
1993, n. 67, in applicazione dell'articolo 8, comma 5, della L. n. 328/2000,
nell'ambito delle misure previste nei Piani sociali di zona per il contrasto
alle povertà e per le responsabilità familiari, con specifico riferimento alle
madri sole con figli;
d) autorizzazione, accreditamento, vigilanza e controllo dei
servizi socio-assistenziali e delle strutture a ciclo residenziale e
semiresidenziale a gestione pubblica o privata;
e) partecipazione al procedimento per la definizione degli
ambiti territoriali con le modalità stabilite dalla legge regionale 30
novembre 2000, n. 22 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi
della Regione e degli enti locali);
f) definizione dei parametri di valutazione delle condizioni
di cui all'articolo 3, comma 6, della presente legge ai fini della
determinazione dell'accesso prioritario alle prestazioni e ai servizi,
coinvolgendo le rappresentanze associative di cui all'articolo 4, comma 2.
"f bis) erogazione di prestazioni, anche economiche, per il
contrasto alla povertà e il sostegno del diritto allo studio per madri nubili
con figli, di cui alla legge 10 dicembre 1925, n. 2277 (Protezione e
assistenza della maternità e dell'infanzia) e ai sensi della L. n. 67/1993,
comunque in modo coordinato con le altre politiche di contrasto alle povertà
programmate nei rispettivo Piano sociale di zona. (14)
3. Nell'esercizio delle funzioni di cui ai commi 1 e 2 i Comuni
provvedono a:
a) promuovere, nell'ambito del sistema locale dei servizi
sociali a rete, l'apporto delle risorse delle collettività locali tramite
forme innovative di collaborazione per lo sviluppo di interventi di auto-aiuto
e per favorire la reciprocità tra cittadini nell'ambito della vita
comunitaria;
b) coordinare programmi e attività degli enti che operano
nell'ambito di competenza, secondo le modalità fissate dal regolamento
regionale di cui all'articolo 64, tramite collegamenti operativi tra i servizi
che realizzano attività volte all'integrazione sociale e intese con le AUSL
per le attività socio-sanitarie e per i Piani di zona;
c) adottare strumenti per la semplificazione amministrativa e
per il controllo di gestione atti a valutare l'efficienza, l'efficacia e i
risultati delle prestazioni;
d) adottare modalità e strumenti per la partecipazione dei
soggetti di cui all'articolo 4, comma 2, alla valutazione della qualità e
dell'efficacia dei servizi e per la formulazione di proposte ai fini della
predisposizione dei programmi;
e) garantire ai cittadini i diritti di partecipazione al
controllo di qualità dei servizi, secondo le modalità previste dagli statuti
comunali, dai regolamenti e dalle carte dei servizi;
f) promuovere interventi e servizi specifici per
l'inserimento sociale e l'integrazione socio-culturale dei cittadini stranieri
immigrati, nell'ambito della definizione dei Piani di zona;
g) promuovere l'inserimento lavorativo di persone socialmente
svantaggiate, anche mediante l'individuazione di servizi e lavori da affidare
ai sensi dell'articolo 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381 (Disciplina delle
cooperative sociali).
(14) Lettera aggiunta dall'art. 5,
comma1, lettera a), L.R. 6
febbraio 2013, n. 7.
Art. 17
Competenze delle Province.
1. Le Province concorrono:
a) alla programmazione del sistema integrato d'interventi e
servizi sociali;
b) alla raccolta dei dati sui bisogni e sulle risorse rese
disponibili dai Comuni e da altri soggetti istituzionali ai fini
dell'attuazione del sistema informativo regionale, a cui le Province
concorrono mediante le attività dell'Osservatorio sociale provinciale di cui
all'articolo 14;
c) all'analisi della domanda e dell'offerta assistenziale,
per promuovere approfondimenti mirati sui fenomeni sociali più rilevanti in
ambito provinciale fornendo, su richiesta degli enti locali interessati, il
supporto necessario per il coordinamento degli interventi territoriali;
d) alla promozione e alla realizzazione, d'intesa con i
Comuni, di iniziative di formazione, con particolare riguardo alla formazione
professionale di base e all'aggiornamento;
e) alla progettazione e gestione degli interventi a carattere
socio assistenziale in materia di assistenza scolastica e istruzione ai sensi
dell'articolo 5 del d.l. n. 9/1993, in applicazione dell'articolo 8, comma 5,
della L. 328/2000, con specifico riferimento agli interventi per audiolesi e
videolesi, nonché alla progettazione e gestione degli interventi a carattere
socio assistenziale di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 28 agosto
1997, n. 284 (Disposizioni per la prevenzione della cecità e per la
riabilitazione visiva e l'integrazione sociale e lavorativa dei ciechi
pluriminorati). (15)
f) alla definizione e all'attuazione dei Piani di zona, anche
con il concorso all'organizzazione di specifici servizi che, di concerto con i
Comuni, vengono individuati come servizi di livello sovra-ambito nella
programmazione sociale degli ambiti territoriali.
f bis) alla realizzazione dei servizi di assistenza
specialistica per l'integrazione scolastica degli alunni disabili frequentanti
gli istituti di istruzione secondaria, assimilabili alla tipologia
assistenziale di cui all'articolo 2, comma 1, lett. a), della L.R. 16/1987, in
conformità a quanto previsto dall'articolo 139, lett. c), del D.Lgs. 112/1998.
(16)
2. Le Province esercitano le funzioni di coordinamento delle
attività di programmazione e di realizzazione della rete delle attività
socio-assistenziali, promuovono le azioni dei Comuni per la gestione associata
dei servizi sociali ed esercitano le competenze in materia di formazione
professionale, secondo quanto definito alle lettere o) e p) del comma 2
dell'articolo 18 e coordinamento operativo dei soggetti e delle strutture che
agiscono nell'ambito dei servizi sociali, con particolare riguardo alle
Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e al volontariato.
(15) Lettera sostituita dall'art. 5,
comma1, lettera b), L.R. 6
febbraio 2013, n. 7.Il testo originario era così formulato:" e) alla progettazione e gestione degli interventi in materia di
assistenza scolastica e istruzione ai sensi dell'articolo 5 del D.L. n. 9/1993,
convertito, con modificazioni, dalla L. n. 67/1993, in applicazione
dell'articolo 8, comma 5, della L. n. 328/2000, con specifico riferimento agli
interventi per audiolesi e videolesi, nonché alla progettazione e gestione degli
interventi di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 28 agosto 1997, n. 284
(Disposizioni per la prevenzione della cecità e per la riabilitazione visiva e
l'integrazione sociale e lavorativa dei ciechi pluriminorati); "
(16) Lettera aggiunta dall'art. 5,
comma1, lettera c), L.R. 6
febbraio 2013, n. 7.
Art. 18
Competenze della Regione . (17)
1. La Regione esercita le funzioni di programmazione,
coordinamento e indirizzo per costruire un sistema integrato con tutte le
politiche che mirano al benessere delle persone e alla qualità della vita.
2. La Regione, in conformità delle disposizioni di cui
all'articolo 117 della Costituzione:
a) definisce gli ambiti territoriali d'intervento e gli
strumenti per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali;
b) approva il Piano regionale delle politiche socio-sanitarie
e assegna le risorse finanziarie;
c) esercita l'attività di monitoraggio e valutazione
dell'efficacia e dell'efficienza della spesa;
d) promuove e finanzia lo sviluppo dei servizi, la tutela dei
diritti sociali e la sperimentazione degli interventi innovativi;
e) promuove, finanzia e coordina le azioni di assistenza
tecnica per l'istituzione e la gestione degli interventi sociali da parte
degli enti locali;
f) definisce i requisiti minimi e le procedure per
l'autorizzazione delle strutture e dei servizi socio-assistenziali e
socio-sanitari pubblici e privati;
g) definisce i requisiti e le procedure per l'accreditamento
delle strutture e dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari pubblici e
privati;
h) determina le modalità per l'esercizio della vigilanza
sulle strutture e sui servizi socio-assistenziali pubblici e privati;
i) istituisce e gestisce i registri regionali delle strutture
e dei servizi socio-assistenziali pubblici e privati autorizzati all'esercizio
delle attività ai sensi dell'articolo 16, comma 2, lettera d);
j) definisce i requisiti di qualità per la gestione dei
servizi e per l'erogazione delle prestazioni;
k) definisce i criteri per la concessione da parte dei Comuni
dei titoli di acquisto dei servizi sociali;
l) definisce i criteri generali per la determinazione del
concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni;
m) determina i criteri per la definizione delle tariffe che i
Comuni sono tenuti a corrispondere ai soggetti titolari delle strutture e dei
servizi accreditati;
n) individua le figure professionali sociali, disciplina i
percorsi formativi, nei limiti delle proprie competenze, in stretta
connessione con il sistema universitario e della formazione professionale
regionale e il contenuto professionale dei servizi sociali;
o) promuove, finanzia e realizza iniziative informative e di
assistenza formativa e tecnica rivolte ai soggetti pubblici per sostenere il
percorso di programmazione sociale negli ambiti territoriali, nonché
iniziative informative e formative, anche con il concorso delle Province, per
i soggetti pubblici e privati operanti nel settore dei servizi sociali per
favorire il concorso alla progettazione sulle iniziative comunitarie e
l'accesso ai fondi dell'Unione Europea;
p) disciplina l'attività di controllo dell'efficacia e
dell'efficienza dei servizi sul territorio e di valutazione dei risultati
delle azioni previste;
q) disciplina le modalità per il concorso degli enti locali
alla programmazione regionale e la partecipazione dei soggetti di cui
all'articolo 4, comma 2;
r) esercita il potere sostitutivo nei casi e con le modalità
previste dalla vigente normativa;
s) disciplina le procedure amministrative, le modalità per la
presentazione dei reclami da parte degli utenti delle prestazioni sociali e
l'istituzione degli uffici di tutela degli utenti;
t) disciplina le modalità di partecipazione e di promozione
civica, di intesa con le diverse espressioni della cittadinanza attiva, per lo
sviluppo dei servizi e la realizzazione d'interventi innovativi e di tutela
dei diritti sociali nelle fasi della programmazione, verifica e controllo;
u) definisce i criteri generali per le procedure di rilascio
della concessione di nuovi trattamenti economici a favore degli invalidi
civili e per i raccordi con la fase dell'accertamento sanitario e per gli
eventuali benefici aggiuntivi di cui all'articolo 130, comma 2, del D.Lgs. n.
112/1998;
v) assume i provvedimenti contingibili e urgenti d'interesse
non esclusivamente comunale.
(17) Con Delib.G.R. 13 ottobre
2009, n. 1875 è stato approvato il piano regionale delle politiche
sociali, ai sensi del presente articolo.
Art. 19
Concorso del terzo settore.
1. La Regione e gli enti locali riconoscono il ruolo e la
rilevanza sociale ed economica dei soggetti del terzo settore e valorizzano
l'apporto delle organizzazioni di volontariato, delle cooperative sociali e
delle associazioni di promozione sociale, degli enti di patronato e delle
fondazioni attraverso azioni per il sostegno e la qualificazione dei soggetti
operanti.
2. I soggetti del terzo settore di cui all'articolo 4, comma 2,
partecipano alla programmazione e alla progettazione del sistema integrato
d'interventi e servizi sociali.
3. Le organizzazioni di volontariato, le cooperative sociali,
le associazioni di promozione sociale, iscritte nei rispettivi registri
regionali, concorrono alla realizzazione del sistema integrato degli interventi
e dei servizi sociali anche mediante la stipula di convenzioni per l'erogazione
di servizi e prestazioni compatibili con la natura e le finalità statutarie,
avvalendosi delle modalità individuate dalla Regione con il regolamento di cui
all'articolo 64 e con il Piano regionale delle politiche sociali, per
valorizzare il loro apporto all'erogazione dei servizi.
4. Ai fini dell'applicazione del comma 3, gli enti locali
possono stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato, nonché con
gli enti di patronato e con le fondazioni, allo scopo di valorizzarne la
funzione sociale, riconoscendo le spese per il perseguimento delle finalità
statutarie, laddove le attività siano coerenti con gli obiettivi del Piano
sociale di zona e adeguate a integrare la rete dei servizi, che sarà realizzata
dai soggetti pubblici e privati chiamati a gestire i servizi previsti. Gli altri
soggetti di cui al comma 3 possono essere chiamati alla gestione di interventi e
servizi, così come previsti nei Piani sociali di zona, mediante affidamenti,
concessione di pubblici servizi, ovvero altre modalità previste e disciplinate
nel regolamento regionale di cui all'articolo 64 e nei rispettivi regolamenti
comunali.
5. La Regione e gli enti locali assicurano la partecipazione
dei cittadini e degli utenti al controllo della qualità dei servizi, anche
favorendo l'attività delle associazioni di tutela degli utenti e delle
organizzazioni sindacali.
6. Il regolamento regionale individua gli strumenti e le
modalità per assicurare la partecipazione dei cittadini e degli utenti.
Art. 20
Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza.
1. Le IPAB che abbiano completato il processo di
trasformazione in Aziende di servizi alla persona (ASP), ai sensi della L.R. n.
15/2004 e s.m.i., partecipano quali soggetti attivi al coordinamento
istituzionale dell'ambito territoriale in cui ciascuna ha sede, per concorrere
alla programmazione del sistema integrato dei servizi sociali, nei limiti dei
rispettivi ambiti di attività, e alla gestione, nei limiti di quanto previsto al
comma 3 dell'articolo 6. (18)
(18) Comma così sostituito dall’art. 2,
comma 2, L.R.
6 febbraio 2013, n. 7. Il testo originario era così formulato: «1. Le
Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, anche come trasformate ai
sensi della legge
regionale 30 settembre 2004, n. 15 (Riforma delle Istituzioni pubbliche di
assistenza e beneficenza e disciplina delle aziende pubbliche dei servizi alle
persone), e successive modificazioni, partecipano, quali soggetti attivi, alla
programmazione, all'organizzazione e alla gestione del sistema d'interventi e
servizi sociali.».
Art. 21
Altri soggetti.
1. I soggetti privati operanti nel settore dei servizi
socio-assistenziali partecipano alla realizzazione e alla gestione dei servizi
nel rispetto delle disposizioni di cui alla presente legge.
2. La Regione promuove la diffusione della cultura della
responsabilità sociale di impresa nel tessuto imprenditoriale pugliese, anche
con azioni sperimentali, e definisce un sistema di incentivi che promuovano il
contributo delle imprese al sostegno di iniziative di utilità sociale.
3. La Regione riconosce la funzione sociale delle attività di
oratorio promosse dalle parrocchie e dagli enti ecclesiastici della Chiesa
cattolica, nonché dagli enti delle altre confessioni religiose con le quali lo
Stato ha stipulato un'intesa ai sensi dell'articolo 8, comma terzo, della
Costituzione, sia in fase di programmazione delle priorità di inclusione
sociale, sia in fase di attuazione, nell'ambito della stesura del Piano sociale
di zona da parte degli enti locali, che possono stipulare convenzioni con le
parrocchie e gli enti suddetti, allo scopo di valorizzarne la funzione sociale,
riconoscendo le spese per lo svolgimento delle attività più tipiche degli
stessi, laddove tali attività siano coerenti con gli obiettivi del Piano stesso.
TITOLO II
Famiglia nel sistema integrato dei servizi
Art. 22
Famiglia nel sistema integrato dei servizi.
1. Il sistema integrato d'interventi e servizi sociali
valorizza il ruolo della famiglia, così come riconosciuta dall'articolo 29 della
Costituzione, quale nucleo essenziale della società, indispensabile per la
crescita, per lo sviluppo e la cura delle persone, per la tutela della vita
umana, del diritto di tutti i cittadini all'informazione, alle prestazioni
essenziali, alla flessibilità degli interventi e alla libera scelta dei servizi,
nonché al perseguimento della condivisione delle responsabilità tra uomini e
donne.
2. A tal fine la Regione promuove la tutela e il potenziamento
delle risorse di solidarietà della famiglia, attraverso il sostegno alla
formazione di nuove famiglie, attraverso la valorizzazione dell'associazionismo
familiare, attraverso l'integrazione tra strutture pubbliche, strutture di
privato sociale e reti parentali.
Art. 23
Obiettivi.
1. Nel quadro dell'indirizzo e programmazione e dell'erogazione
dei servizi sociali a favore della famiglia, la Regione individua i seguenti
obiettivi : (19)
a) favorire la formazione di nuove famiglie attraverso
interventi che concorrono a eliminare gli ostacoli di natura economica e
sociale che ne impediscono la nascita e lo sviluppo, in coerenza con gli
articoli 29 e 31 della Costituzione;
b) predisporre specifici programmi di sostegno, anche
personalizzati, a fronte di situazioni di disagio e/o che violano la dignità
della persona umana;
c) sostenere il ruolo delle famiglie che si fanno carico dei
percorsi di cura di persone anziane e non autosufficienti, prevalentemente
centrati sull'assistenza domiciliare ; (20)
d) valorizzare la corresponsabilità dei genitori nei
confronti dei figli e il loro compito educativo e d'istruzione, favorendo la
solidarietà tra generazioni anche per la permanenza dell'anziano nel proprio
contesto di vita;
e) promuovere iniziative di mutuo sostegno tra famiglie e
creare reti di solidarietà nonché forme di auto-organizzazione e
imprenditorialità per favorire le funzioni familiari particolarmente
nell'attenzione ai bambini, agli adolescenti, agli anziani, ai disabili;
f) promuovere le iniziative delle reti sociali e delle
organizzazioni del privato sociale tendenti a sviluppare la responsabilità
delle famiglie e la capacità ad assumere in pienezza le proprie funzioni
educative e sociali, nonché a sostenere i percorsi per l'affido e l'adozione
di minori;
g) conciliare e armonizzare i tempi di vita e di lavoro,
riconoscendo il diritto delle donne e degli uomini ad assolvere agli impegni
di cura senza rinunciare all'attività lavorativa, anche sostenendo iniziative
di mutualità tese allo sviluppo della solidarietà e al miglioramento del
rapporto tra le generazioni;
h) garantire parità di trattamento tra utenti di scuole
statali e paritarie, secondo il principio di eguaglianza e nei limiti del
dettato costituzionale, con riferimento agli interventi per l'integrazione e
il sostegno scolastico e per il diritto allo studio dei minori;
i) affiancare le coppie nella costruzione di un nuovo
progetto di vita e nel consolidamento del loro ruolo genitoriale, anche
programmando interventi economici e di erogazione dei servizi per l'infanzia,
con particolare riferimento alle prime fasi di vita dei figli, fino al
compimento del trentaseiesimo mese di vita.
(19) Vedi, anche, la Delib.G.R. 31 ottobre 2007, n. 1811. (allegata)
(20) Vedi, anche, la Delib.G.R. 30 ottobre 2006, n. 1633. (allegata)
Art. 24
Priorità di intervento.
1. Per il raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo
23, comma 1, la Regione con il Piano regionale delle politiche sociali, ovvero
con linee-guida di indirizzo, previa concertazione con gli enti locali, le
organizzazioni sindacali e con le associazioni delle famiglie più
rappresentative a livello regionale, indica le priorità strategiche di
intervento in favore delle famiglie, da realizzare nei Piani sociali di zona,
nell'ambito delle risorse assegnate a ciascun ambito territoriale per la
realizzazione degli stessi Piani.
2. La Regione favorisce l'assistenza a domicilio come risposta
personalizzata ai bisogni di ciascuno dei suoi membri, particolarmente se
portatori di handicap o anziani, anche assistendo, con idoneo sostegno economico
o assegno di cura, il necessario lavoro di cura di cui si fanno carico gli
stessi componenti del nucleo familiare, a condizione che tale lavoro di cura sia
parte integrante di un complessivo programma assistenziale individualizzato
rivolto a consentire la permanenza a domicilio di persone anche parzialmente
prive di autonomia fisica o psichica, ma che comunque non necessitano del
ricovero in strutture residenziali.
3. La Regione, in collaborazione con le AUSL e i Comuni,
promuove lo sviluppo delle attività dei consultori pubblici e privati per la
valorizzazione personale e sociale della maternità e della paternità
responsabile, la tutela dei minori e delle donne in difficoltà, l'unità e la
stabilità familiare, il ruolo genitoriale. La Regione sostiene lo sviluppo del
servizio ostetrico sul territorio, anche a domicilio, a sostegno della donna in
stato di gravidanza e del nucleo che si prepara ad accogliere una nuova vita.
4. La Regione promuove iniziative di educazione e informazione
a sostegno del ruolo svolto nei percorsi di crescita dei ragazzi e delle ragazze
in età pre-adolescenziale e sostiene, di concerto con gli enti locali,
l'organizzazione di servizi territoriali di aggregazione e animazione sociale
rivolti ai minori in età pre-adolescenziale e adolescenziale.
5. La Regione favorisce l'informazione, la consulenza, il
sostegno e l'assistenza alle vittime di violenze sessuali, con particolare
riguardo ai minori che abbiano subito maltrattamenti e abusi, cura la
sensibilizzazione delle comunità locali sulle problematiche connesse all'abuso e
al maltrattamento dei minori e delle donne e promuove la realizzazione di
servizi e interventi correttivi specializzati.
6. La Regione Puglia valorizza e sostiene i servizi di
consulenza e di mediazione familiare gestiti dagli enti locali,
dall'associazionismo o dalle organizzazioni di volontariato, promuovendone
l'utilizzo coordinato nell'ambito della programmazione regionale e locale
secondo quanto previsto e nei limiti del Piano regionale delle politiche sociali
di cui all'articolo 9. I consultori pubblici e privati autorizzati devono
assicurare la realizzazione di programmi di formazione dei giovani al futuro
ruolo di coniugi e di genitori, nonché programmi formativi e informativi
riguardanti la procreazione responsabile.
7. La Regione promuove la ricerca, lo studio e l'informazione
sulle tematiche relative alla famiglia, articolando una specifica sezione
dedicata alle politiche familiari nell'ambito dell'Osservatorio regionale delle
politiche sociali di cui all'articolo 14.
Art. 25
Politiche per il sostegno dell'educazione e della crescita di
minori.
1. La Regione, nella definizione degli strumenti attuativi per
assicurare un effettivo diritto allo studio, al fine di favorire il superamento
delle limitazioni derivanti da condizioni di disagio economico, prevede, tra
l'altro, interventi e contributi per progetti destinati alla prevenzione e
recupero degli abbandoni e della dispersione scolastica, anche mediante
l'attivazione di un servizio di psicologia scolastica. (21)
2. In particolare la Regione finanzia annualmente progetti
mirati e iniziative sperimentali per il potenziamento dei servizi per la prima
infanzia, come individuati nel regolamento regionale di cui all'articolo 64, per
il sostegno dei percorsi per l'affido e l'adozione, per la protezione sociale
delle madri sole con figli, per la promozione di attività ludiche ed educative
per l'infanzia e di iniziative a sostegno del tempo libero, nonchè per il
sostegno economico in situazioni di difficoltà e con figli fino ai trentasei
mesi di età . (22)
3. Gli interventi di cui ai commi 1 e 2, nonché degli articoli
24 e 28, sono promossi dalla Regione nell'ambito delle risorse annualmente
attribuite al Fondo nazionale per le politiche sociali di competenza regionale e
al Fondo globale socio-assistenziale regionale e sono realizzati dai Comuni
associati in ambiti territoriali, in modo integrato con i rispettivi Piani
sociali di zona, con il concorso di tutti i soggetti pubblici, privati e del
terzo settore.
(21) Comma così corretto con avviso di
rettifica pubblicato nel B.U. 21 settembre 2006, n. 121.
(22) Vedi, al
riguardo, la Delib.G.R. 28 novembre 2006, n. 1801.
Art. 26
Consulta delle associazioni familiari.
1. È istituita la Consulta regionale pugliese delle
associazioni familiari composta da:
a) il Presidente della Giunta regionale o Assessore delegato;
b) un rappresentante del Forum regionale delle associazioni
familiari;
c) un rappresentante delle associazioni di volontariato
iscritte nel registro delle associazioni di volontariato di sensi della legge
regionale 16 marzo 1994, n. 11 (Norme di attuazione della legge-quadro sul
volontariato);
d) un rappresentante delle cooperative sociali iscritte nel
registro delle cooperative sociali ai sensi della legge
regionale 1° settembre 1993, n. 21 (Iniziative regionali a sostegno delle
cooperative sociali e norme attuative della legge 8 novembre 1991, n. 381);
e) un rappresentate delle Province designato dall'UPI;
f) un rappresentante dei Comuni designato dall'ANCI Puglia;
g) una rappresentante della Commissione regionale pari
opportunità;
h) il dirigente dell'Ufficio competente per le politiche per
le famiglie, nell'ambito del Settore sistema integrato servizi sociali della
Regione;
i) tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali
regionali più rappresentative a livello nazionale.
2. La Consulta è nominata con decreto del Presidente della
Giunta regionale, elegge nel proprio seno il Presidente e delibera un proprio
regolamento interno per l'organizzazione e la disciplina dei lavori.
3. La Consulta dura in carica per la legislatura nel corso
della quale è stata insediata.
4. La Consulta esprime pareri e formula proposte in ordine alla
predisposizione degli atti di programmazione regionale che riguardano la
politica per la famiglia, nonché in ordine all'attuazione della medesima.
5. La Consulta è istituita senza oneri a carico del bilancio
regionale.
TITOLO III
Carattere universalistico delle politiche sociali
Art. 27
Carattere universalistico dei servizi.
1. In ottemperanza a quanto previsto dagli articoli 2 e 3 della
Costituzione, il sistema integrato dei servizi sociali ha un carattere
universalistico ed è teso a promuovere la dignità e il benessere di ogni uomo e
di ogni donna in Puglia.
2. Il sistema integrato dei servizi destinati alla famiglia,
diversi da quelli individuati al comma 2 dell'articolo 22, sono estesi ai nuclei
di persone legate, così come previsto all'articolo 4, comma 1, del decreto del
Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 (Approvazione del nuovo
regolamento anagrafico della popolazione residente), da vincoli di parentela,
affinità, adozione, tutela e da altri vincoli solidaristici, purchè aventi una
coabitazione abituale e continuativa e dimora nello stesso Comune. Salvo che per
le persone legate da parentela o affinità, per coabitazione abituale e
continuativa s'intende quella tra due o più persone che perduri da almeno due
anni.
Art. 28
Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e armonizzazione dei
tempi delle città.
1. La Regione promuove iniziative sperimentali per favorire la
stipula di accordi tra le organizzazioni imprenditoriali e le organizzazioni
sindacali e i soggetti del privato sociale, che consentano forme di
articolazione dell'attività lavorativa capaci di sostenere la conciliazione dei
tempi di vita e di lavoro, anche in attuazione della legge 8 marzo 2000, n. 53
(Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto
alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città).
2. La Regione promuove iniziative sperimentali, di concerto con
le amministrazioni locali, volte a sostenere percorsi per l'armonizzazione dei
tempi e degli orari delle città con i tempi di cura della famiglia, con
specifico riferimento all'organizzazione dei tempi delle attività amministrative
al servizio dei cittadini, all'attivazione di centri di conciliazione e
all'incentivazione della costituzione di banche del tempo e altre forme di
auto-organizzazione e mutualità familiari.
3. Al fine dell'attuazione delle iniziative di cui ai commi
precedenti, la Regione può destinare risorse del Fondo nazionale per le
politiche sociali, del Fondo globale socio-assistenziale e del Fondo per
l'armonizzazione dei tempi delle città di cui all'articolo 8 della L. n.
53/2000, nonché altre risorse regionali, nazionali e comunitarie finalizzate al
perseguimento degli stessi scopi.
Art. 29
Politiche abitative.
1. La Regione, anche al fine di agevolare le famiglie e i
nuclei di persone in stato di bisogno, con particolare riferimento a quelli
numerosi o con persone anziane o non autosufficienti in condizioni economiche
disagiate, promuove l'integrazione tra le politiche d'inclusione sociale e le
politiche abitative, con il sostegno per gli affitti, con il sostegno
all'acquisto di un'abitazione, con gli interventi per l'emergenza alloggiativa
degli sfrattati e affianca i Comuni nella realizzazione di programmi di edilizia
residenziale pubblica e di programmi di riqualificazione urbana rivolti anche
all'incremento dell'offerta di alloggi nelle aree urbane a maggiore tensione
abitativa.
2. Al fine di sostenere il diritto alla casa per tutti i
cittadini pugliesi la Regione può destinare risorse del Fondo nazionale per le
politiche sociali e del Fondo globale socio-assistenziale, secondo quanto
previsto e nei limiti del Piano regionale delle politiche sociali di cui
all'articolo 9, a integrazione delle risorse regionali, nazionali e comunitarie
destinate alle politiche abitative.
Art. 30
Garante regionale dei diritti del minore.
1. Al fine di assicurare sul territorio regionale la piena
attuazione dei diritti e degli interessi individuali e collettivi dei minori, ai
sensi di quanto previsto dalla legge 27 maggio 1991, n. 176 (Ratifica ed
esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20
novembre 1989), dalla Carta Europea dei diritti del fanciullo adottata a
Strasburgo il 25 gennaio 1996 e dall'articolo 50, comma 2, lettera a), dello
Statuto della Regione Puglia, è istituito presso il Consiglio regionale
l'Ufficio del Garante regionale dei diritti del minore, a cui è affidata la
protezione e la tutela non giurisdizionale dei diritti dell'infanzia, degli
adolescenti e dei minori residenti o temporaneamente presenti sul territorio
regionale.
2. L'Ufficio, in collaborazione e stretto raccordo con i
competenti Assessorati regionali, nonché con gli enti e le istituzioni che si
occupano di minori, promuove:
a) la diffusione di una cultura rispettosa dei diritti per
l'infanzia e l'adolescenza;
b) iniziative a favore dell'esercizio dei diritti di
cittadinanza da parte dei minori;
c) la collaborazione con enti locali e istituzioni
scolastiche per agevolare l'obbligo scolastico anche da parte dei minori che
vivono in contesti sociali a rischio di esclusione;
d) le azioni per la prevenzione dell'abuso e del
maltrattamento familiare e iniziative nei confronti delle famiglie;
e) le azioni per accogliere le segnalazioni in merito a
violazioni dei diritti di minori e per sollecitare le amministrazioni
competenti nell'adozione di interventi adeguati per rimuovere le cause che ne
impediscono la tutela e il rispetto dei diritti;
f) le iniziative, anche in collaborazione con le istituzioni
della giustizia minorile, per il rispetto dei diritti dei minori sottoposti a
provvedimenti restrittivi e per la prevenzione della devianza minorile,
rivolte a insegnanti, forze di polizia e altri operatori pubblici;
g) il rispetto del principio di pari opportunità tra donne e
uomini, anche attraverso la promozione di azioni positive in raccordo con la
Consigliere regionale di parità di cui alla legge 10 aprile 1991, n. 125
(Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro);
h) la sensibilizzazione presso gli organi d'informazione, a
mezzo di stampa, radio, televisione e web, nei confronti dei diritti
dell'infanzia e dell'adolescenza, ivi inclusa la vigilanza sulla
programmazione televisiva e su ogni altra forma di comunicazione audiovisiva e
telematica, affinchè siano salvaguardati e tutelati i bambini e le bambine, in
ordine alla rappresentazione della realtà rispetto alla percezione infantile;
i) il sostegno tecnico e legale agli operatori dei servizi
sociali e propone alla Giunta regionale lo svolgimento di attività di
formazione;
j) l'istituzione di un elenco regionale di tutori o curatori
a cui possano attingere anche i giudici competenti;
k) la verifica delle condizioni e degli interventi volti
all'accoglienza e all'inserimento del minore straniero non accompagnato;
l) la formulazione di proposte ovvero di pareri su atti
normativi e di indirizzo che riguardino l'infanzia e l'adolescenza, di
competenza della Regione e degli enti locali.
l
bis) iniziative nei confronti dei media e dell’opinione pubblica per fare
crescere sensibilità e attenzione collettiva verso le tematiche delle
istituzioni totali, delle libertà personali inviolabili, della tutela delle
vittime e della mediazione penale e sociale anche attraverso partnership e
patrocini onerosi in favore di iniziative di terzo e quarto settore,
partecipazioni a sovvenzioni in favore di progetti finalizzati ovvero dando vita
ad iniziative proprie, sempre entro i limiti di spesa assegnata all’ufficio.
(23)
3. Per lo svolgimento dei compiti di cui al comma 2, l'Ufficio
del Garante regionale dei diritti del minore;
a) stipula apposite convenzioni con soggetti pubblici e
privati per lo svolgimento di specifiche attività;
b) stabilisce accordi e intese con ordini professionali e
associazioni di categoria, nonché con organismi che si occupano di infanzia e
adolescenza;
c) sostiene studi, ricerche e scambi di esperienze negli
ambiti della tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
d) attiva interventi sostitutivi in caso di inadempienza o
gravi ritardi nell'azione degli enti locali a tutela dei minori;
e) collabora con l'Assessorato regionale competente per
l'avvio di campagne di comunicazione e di sensibilizzazione contro il
maltrattamento e l'abuso a danno dei minori, per il sostegno dell'affido di
minori, per la promozione del ruolo genitoriale.
4. L'Ufficio del Garante regionale dei diritti del minore ha
sede presso il Consiglio regionale e si avvale di apposita struttura nonché
opera in stretto raccordo con le strutture regionali competenti in materia di
politiche e di servizi sociali.
5. La Giunta regionale approva, entro centottanta giorni dalla
data di entrata in vigore della presente legge, il regolamento per la
composizione e il funzionamento dell'Ufficio del Garante regionale dei diritti
del minore. (24)
6. Il Garante regionale dei diritti del Minore, in qualità di
Presidente dell'Ufficio del Garante, è nominato dal Consiglio regionale tra
persone [ di età non superiore a sessantacinque anni,] (25) in possesso di laurea magistrale o
specialistica, con documentata esperienza almeno decennale, maturata nell'ambito
delle politiche educative e socio-sanitarie, con particolare riferimento alle
materie concernenti l'età evolutiva e le relazioni familiari. È eletto il
candidato che ottiene i voti dei due terzi dei consiglieri assegnati alla
Regione. (26)
6-bis. L'incarico di cui al comma 6 ha durata di cinque
anni [ed è rinnovabile una sola volta. ] (27) L'incarico è incompatibile con i seguenti profili:
1) i membri del Parlamento, i ministri, i consiglieri e gli
assessori regionali, provinciali e comunali e i titolari di altre cariche
elettive;
2) i direttori generali, sanitari e amministrativi delle
aziende USL e delle aziende ospedaliere regionali;
3) gli amministratori di enti pubblici, aziende pubbliche o
società a partecipazione pubblica, nonché gli amministratori o dirigenti di
enti, imprese o associazioni che ricevono a qualsiasi titolo contributi dalla
Regione;
4) i lavoratori dipendenti di enti locali che operano
nell'ambito dei servizi alla persona;
5) i magistrati dei tribunali per i minorenni e coloro che
svolgono funzione di giudice onorario presso gli stessi tribunali. (28)
6-ter.
Il Garante non può esercitare altre attività di lavoro autonomo o subordinato.
Il conferimento della carica di Garante ne determina il collocamento in
aspettativa non retribuita per tutta la durata del mandato. Il Consiglio
regionale rimborsa al datore di lavoro i contributi relativi al trattamento di
quiescenza del lavoratore subordinato eletto alla carica di Garante, inclusa la
quota a carico del lavoratore, calcolati sulla retribuzione in godimento
all’atto del collocamento in aspettativa. (29)
(23) Lettera aggiunta dalla l.r.
n. 45/2013, art. 24, lettera a).
(24) Vedi, al riguardo, il Reg.
11 novembre 2008, n. 23.
(25) Parole soppresse dalla l.r.
52/2019, art. 43, comma
1, lett. a)
(26) Comma così sostituito dall'art. 3,
comma 25, lett. a), L.R.
31 dicembre 2007, n. 40. Il testo originario era così formulato: «6. La
Presidenza dell'Ufficio del Garante regionale dei diritti del minore viene
assegnata all'Unicef nella persona del rappresentante regionale pro-tempore.».
(27) Parole soppresse dalla l.r.
52/2019, art. 43, comma
1, lett. b)
(28) Comma aggiunto dall'art. 3,
comma 25, lett. b),L.R.
31 dicembre 2007, n. 40.
(29) Comma aggiunto dalla l.r.
n. 45/2013, art. 24, lettera b).
Art. 31
Ufficio del Garante delle persone sottoposte a misure
restrittive della libertà personale.
1. È istituito, presso il Consiglio regionale, l'Ufficio del
Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà
personale, di seguito denominato Garante, nell'ambito del territorio della
Regione Puglia, al fine di contribuire a garantire, in conformità ai principi
fondamentali della Costituzione e nell'ambito delle competenze regionali, i
diritti delle persone presenti negli istituti penitenziari, negli istituti
penali per minori, nei centri di prima accoglienza e nei centri di assistenza
temporanea per stranieri, nelle strutture sanitarie [ in quanto
sottoposti al trattamento sanitario obbligatorio. ] (30)
2. Il Garante svolge le seguenti funzioni:
a) assume ogni iniziativa volta ad assicurare che le misure
di restrizione della libertà personale siano attuate in conformità dei
principi e delle norme stabiliti dalla Costituzione, dalle convenzioni
internazionali sui diritti umani, dalle leggi dello Stato e dai regolamenti.
In particolare assume ogni iniziativa volta ad assicurare che ai soggetti
interessati siano erogate le prestazioni inerenti al diritto alla salute,
all'istruzione e alla formazione professionale e ogni altra prestazione
finalizzata al recupero, alla reintegrazione sociale e all'inserimento nel
mondo del lavoro;
b) segnala agli organi regionali eventuali fattori di rischio
o di danno per i soggetti interessati, dei quali venga a conoscenza in
qualsiasi forma, su indicazione sia degli stessi soggetti sia di associazioni
o di organizzazioni non governative che svolgano attività inerenti a quanto
segnalato;
c) si attiva nei confronti dell'amministrazione interessata
affinché questa assuma le necessarie iniziative volte ad assicurare le
prestazioni di cui alla lettera a);
d) interviene nei confronti degli enti interessati e delle
strutture regionali in caso di accertate omissioni o inosservanze di quanto
disposto dalle norme vigenti, per le rispettive competenze, che compromettano
l'erogazione delle prestazioni di cui alla lettera a) e, qualora dette
omissioni oinosservanze perdurino, propone agli organi regionali titolari
della vigilanza su tali strutture ed enti le opportune iniziative, ivi
compreso l'esercizio dei poteri sostitutivi;
e) propone agli organi regionali gli interventi
amministrativi e legislativi da intraprendere per contribuire ad assicurare il
pieno rispetto dei diritti dei soggetti interessati e, su richiesta degli
stessi organi, esprime pareri su atti amministrativi e legislativi che possono
riguardare anche detti soggetti;
f) propone all'Assessorato regionale competente iniziative
concrete d'informazione e promozione culturale sui temi dei diritti e delle
garanzie delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà
personale;
g) informa dello svolgimento delle funzioni di cui al comma 1
costantemente il Presidente della Giunta regionale.
g
bis) promuove iniziative nei confronti dei media e dell’opinione pubblica per
fare crescere sensibilità e attenzione collettiva verso le tematiche delle
istituzioni totali, delle libertà personali inviolabili, della tutela delle
vittime e della mediazione penale e sociale anche attraverso partnership e
patrocini onerosi in favore di iniziative di terzo e quarto settore,
partecipazioni a sovvenzioni in favore di progetti finalizzati ovvero dando
vita ad iniziative proprie, sempre entro i limiti di spesa assegnata
all’ufficio. (31)
3. L'Ufficio del Garante ha sede presso il Consiglio regionale.
Per il suo finanziamento è istituito il Servizio del Garante regionale delle
persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, la cui
dotazione organica è stabilita con deliberazione del Consiglio regionale,
sentito il Garante. Il personale assegnato è individuato nell'organico regionale
e dipende funzionalmente dal Garante. Il Garante può, inoltre, avvalersi di
esperti da consultare su specifici temi e problemi, nonché della collaborazione
di associazioni di volontariato e di enti di ricerca.
4. Il Garante, d'intesa con gli Assessori proponenti, promuove
la sottoscrizione di protocolli d'intesa tra la Regione e le amministrazioni
statali per:
a) attivare all'interno degli istituti penitenziari strumenti
informativi e di supporto ai detenuti in relazione agli interventi rientranti
nelle materie di competenza regionale per le finalità di cui al comma 1;
b) prevedere anche altre forme di collaborazione volte ad
agevolare lo svolgimento delle sue funzioni.
5. Il Garante presenta ogni anno, entro il 30 aprile, al
Consiglio regionale una relazione sugli accertamenti espletati, sui risultati di
essi e sui provvedimenti normativi e organizzativi di cui intende segnalare la
necessità. Il Consiglio regionale discute la relazione in apposita sessione,
convocata entro trenta giorni dalla data di presentazione della stessa.
5-bis.
Il Garante non può esercitare altre attività di lavoro autonomo o subordinato.
Il conferimento della carica di Garante ne determina il collocamento in
aspettativa non retribuita per tutta la durata del mandato. Il Consiglio
regionale rimborsa al datore di lavoro i contributi relativi al trattamento di
quiescenza del lavoratore subordinato eletto alla carica di Garante, inclusa la
quota a carico del lavoratore, calcolati sulla retribuzione in godimento
all’atto del collocamento in aspettativa. (32)
6. La Giunta regionale approva, entro centottanta giorni dalla
data di entrata in vigore della presente legge, il regolamento per la
composizione e il funzionamento dell'Ufficio del Garante regionale delle persone
sottoposte a misure restrittive della libertà personale. (33)
(31) Parole soppresse dalla l.r.
15/2021, art. 9,
comma 1.
(32) Lettera aggiunta dalla l.r.
n. 45/2013, art. 24, lettera c).
(33) Comma aggiunto dalla l.r.
n. 45/2013, art. 24, lettera d).
(32) Vedi, al
riguardo, il Reg.
29 settembre 2009, n. 21.
Art. 31 bis (34)
Indennità
e dotazione finanziaria da assegnare ai Garanti di cui agli articoli 30 e 31
1. Ai Garanti regionali di cui agli articoli 30 e 31 della
presente legge è attribuita un’indennità lorda di funzione, per dodici
mensilità, pari al cinquantacinque per cento dell’emolumento omnicomprensivo
lordo spettante ai consiglieri regionali. Tale indennità deve intendersi
comprensiva di ogni altro onere connesso al rimborso delle spese di viaggio per
l’espletamento della funzione, che sono autocertificate dai Garanti ai fini
dell’applicazione della normativa fiscale vigente.
2. Entro il 15
settembre di ogni anno, i Garanti presentano all’Ufficio di presidenza del
Consiglio regionale il proprio programma di attività per l’anno successivo con
l’indicazione del relativo fabbisogno finanziario.
3. L’Ufficio di
presidenza, previa discussione cui partecipano anche i rispettivi Garanti,
esamina e approva i programmi. In conformità ai programmi approvati determina le
risorse finanziarie da iscrivere nella previsione di spesa del bilancio del
Consiglio e da porre a disposizione dei rispettivi Garanti.
4.
Nell’ambito delle previsioni contenute nel programma annuale di attività e della
corrispondente dotazione finanziaria, il Garante ha autonomia gestionale e
organizzativa nel rispetto della vigente normativa nazionale e regionale.
5. I Garanti predispongono e presentano all’Ufficio di presidenza del
Consiglio, entro il 30 marzo di ogni anno, un dettagliato rendiconto
dell’utilizzo delle risorse assegnate di cui al comma 3.
(34) Articolo aggiunto dall'art.7,
L.R.
3 luglio 2012, n. 18 e modificato dall'art. 22,
c.1 della L.R.
28 dicembre 2012, n. 45, successivamente sostituito dalla l.r. n. 45/2013,
art. 24, lettera e) . Il testo era così formulato: "Art.
31 bis - 1 Al Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive
della libertà personale e al Garante dei diritti del minore è attribuita
un’indennità lorda di funzione, per dodici mensilità, a valere sulle risorse del
bilancio autonomo regionale, pari al 30 per cento dell’emolumento
omnicomprensivo lordo spettante ai consiglieri regionali. Tale indennità deve
intendersi comprensiva di ogni altro onere connesso alle spese di viaggio
riferite alle funzioni, che sono autocertificate dai Garanti ai fini
dell’applicazione della normativa fiscale vigente. 2. Agli uffici del Garante regionale delle persone sottoposte a misure
restrittive della libertà personale e del Garante per i diritti del minore è
assegnato annualmente un budget, a valere sulle risorse del bilancio autonomo
regionale, per la copertura delle spese connesse alle attività da
realizzare.3. Gli uffici del Garante regionale delle
persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale e del Garante
per i diritti del minore predispongono e presentano al Presidente del Consiglio
regionale, entro il 30 marzo di ogni anno, un dettagliato rendiconto
dell’utilizzo del budget di cui al comma 2. 4. Agli oneri di cui al presente
articolo si provvede mediante l’istituzione nel bilancio autonomo regionale,
nell’ambito della UPB 00.01.01, dei sottonotati capitoli di spesa:
a)
Capitolo 1055 denominato “Spese connesse alle attività dell’Ufficio del Garante
regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà
personale”, con una dotazione finanziaria per l’esercizio finanziario 2012 in
termini di competenza e cassa, di euro 41 mila;
b) Capitolo 1060 denominato
“Spese connesse alle attività dell’ufficio del Garante regionale dei diritti del
minore”, con una dotazione finanziaria per l’esercizio finanziario 2012, in
termini di competenza e cassa, di euro 41 mila."
Art. 31-ter (35)
Garante regionale dei diritti delle persone con disabilità
1. Al fine di assicurare sul territorio regionale la piena
attuazione dei diritti e degli interessi individuali e collettivi delle persone
con disabilità, ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per
l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), e
della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità,
ratificata dall’Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18, è istituito presso il
Consiglio regionale della Puglia l’Ufficio del Garante regionale dei diritti
delle persone con disabilità, a cui è affidata la protezione e la tutela non
giurisdizionale dei diritti dei disabili residenti o temporaneamente presenti
sul territorio regionale.
2. L’Ufficio, in collaborazione e stretto raccordo con i
competenti Assessorati regionali, nonché con gli enti e le istituzioni che si
occupano di disabilità, promuove:
a) l’affermazione del pieno rispetto della dignità umana e i diritti di
libertà e di autonomia della persona con disabilità, promuovendone la piena
integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società, e
ponendo in essere azioni di contrasto ai fenomeni discriminatori. (36)
b) la
piena accessibilità dei servizi e delle prestazioni per la prevenzione, la
cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonché la tutela giuridica ed
economica della persona con disabilità e la piena integrazione sociale;
c)
la collaborazione con enti locali e istituzioni scolastiche per agevolare
l’obbligo scolastico anche da parte degli alunni disabili che vivono in
contesti sociali a rischio di esclusione;
d) le azioni per accogliere le
segnalazioni in merito a variazioni dei diritti dei disabili per sollecitare
le amministrazioni competenti nell’adozione di interventi adeguati per
rimuovere le cause che ne impediscono la tutela e il rispetto dei diritti;
e) il rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, anche
attraverso la promozione di azioni positive in raccordo con la Consigliera
regionale di parità di cui alla legge 10 aprile 1991, n. 125 (Azioni positive
per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro);
f) la
sensibilizzazione presso gli organi d’informazione, a mezzo di stampa, radio,
televisione e web, nei confronti dei diritti delle persone con disabilità;
g) il sostegno tecnico e legale agli operatori dei servizi sociali e
propone alla Giunta regionale lo svolgimento di attività di formazione;
h)
l’istituzione di un elenco regionale di tutori o curatori a cui possano
attingere anche i giudici competenti;
i) la formulazione di proposte
ovvero di pareri su atti normativi e di indirizzo che riguardino le
disabilità, di competenza della Regione e degli enti locali.
i bis)
iniziative nei confronti dei media e dell’opinione pubblica per
accrescere sensibilità e attenzione collettiva verso le tematiche della
disabilità, anche attraverso partnership e patrocini onerosi in favore di
iniziative del terzo e quarto settore; promuovere inoltre la partecipazione a
sovvenzioni in favore dei progetti finalizzati, nonché l’organizzazione di
iniziative proprie, entro i limiti di spesa assegnata all’ufficio. (37)
3. Per lo svolgimento dei compiti di cui al comma 2,
l’Ufficio del garante regionale dei diritti delle persone con disabilità:
a) stipula apposite convenzioni con
soggetti pubblici e privati per lo svolgimento di specifiche attività;
b) stabilisce accordi e intese con
ordini professionali, associazioni di categoria nonché con organismi che si
occupano di disabilità e non autosufficienza;
c) sostiene studi, ricerche
e scambi di esperienze negli ambiti della tutela dei diritti delle persone con
disabilità;
d) attiva interventi sostitutivi in caso di inadempienza o
gravi ritardi nell’azione degli enti locali a tutela dei disabili;
e)
collabora e opera in sinergia con l’Assessorato regionale competente e con le
reti regionali, nazionali ed europee di contrasto ai fenomeni discriminatori
per l’avvio di campagne di comunicazione e di sensibilizzazione per favorire
l’integrazione sociale dei disabili e per la promozione del ruolo genitoriale.
(38)
4. L’Ufficio del Garante regionale dei diritti delle
persone con disabilita ha sede presso il Consiglio regionale e si avvale di
apposita struttura composta da personale messo a disposizione dalla Giunta
regionale, nonché opera in stretto raccordo con le strutture regionali
competenti in materia di politiche e di servizi sociali.
5. La Giunta regionale approva, entro centottanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il regolamento per
la composizione e il funzionamento dell’Ufficio del Garante regionale dei
diritti delle persone con disabilità.
6. Il Garante regionale dei
diritti delle persone con disabilità, in qualità di Presidente dell’Ufficio del
Garante, è nominato dal Consiglio regionale tra persone [ di età non
superiore a sessantacinque anni, ] (39)
in possesso di laurea magistrale o specialistica, con documentata
esperienza almeno decennale, maturata nell’ambito delle politiche educative e
socio-sanitarie, con particolare riferimento alle materie concernenti le diverse
abilità. E’ eletto il candidato che ottiene i voti dei due terzi dei consiglieri
assegnati alla Regione.
7. L’incarico di cui al comma 6 ha durata di
cinque anni [ed è rinnovabile una sola volta.] (40) L’incarico è incompatibile con i seguenti profili:
a) membri del Parlamento, ministri, consiglieri e
assessori regionali, provinciali e comunali e titolari di altre cariche
elettive;
b) direttori generali,
sanitari e amministrativi delle aziende ASL e delle aziende ospedaliere
regionali;
c) amministratori di enti pubblici, aziende pubbliche o società
a partecipazione pubblica, nonché amministratori o dirigenti di enti, imprese
o associazioni che ricevono a qualsiasi titolo contributi dalla Regione;
d) lavoratori dipendenti di enti locali che operano nell’ambito dei
servizi alla persona;
e) magistrati dei tribunali per i minorenni e coloro
che svolgono funzione di giudice onorario presso gli stessi tribunali.
“7
bis. Il Garante non può esercitare altre attività di lavoro autonomo o
subordinato. Il conferimento della carica di Garante a lavoratore dipendente
pubblico ne determina il collocamento in aspettativa non retribuita per tutta la
durata del mandato. Il Consiglio regionale rimborsa al datore di lavoro i
contributi relativi al trattamento di quiescenza del lavoratore subordinato
eletto alla carica di Garante, inclusa la quota a carico del lavoratore,
calcolati sulla retribuzione in godimento all’atto del collocamento in
aspettativa. (41)
8. Al Garante regionale delle persone con disabilità
è attribuita un’indennità lorda di funzione, per dodici mensilità, a valere
sulle risorse del bilancio autonomo regionale, pari al 50 per cento (42) dell’emolumento omnicomprensivo lordo spettante ai
consiglieri regionali. Tale indennità deve intendersi comprensiva di ogni altro
onere connesso alle spese di viaggio riferite alle funzioni, che sono
autocertificate dai Garanti ai fini dell’applicazione della normativa fiscale
vigente.
9. All’Ufficio del Garante regionale delle persone con
disabilità è assegnato annualmente un budget, a valere sulle risorse del
bilancio autonomo regionale, per la copertura delle spese connesse alle attività
da realizzare.
10. Agli oneri derivanti dall’attuazione del presente
articolo si provvede mediante l’istituzione nel bilancio di previsione autonomo
della Regione per l’esercizio finanziario 2015, nell’ambito della U.P.B.
00.01.01, del capitolo di spesa n. 1065 denominato “Spese connesse all’attività
dell’Ufficio del Garante regionale dei diritti delle persone con disabilità -
art. 31-ter l.r. n. 19/2006”, con una dotazione finanziaria, in termini di
competenza e cassa, di euro 20.000, alla cui copertura si fa fronte con il
prelevamento di corrispondente somma dal capitolo n. 1110070 “Fondo globale per
il finanziamento di leggi regionali di spesa corrente in corso di adozione” -
U.P.B. 06.02.01 - da trasferire al Consiglio regionale. Per gli esercizi
finanziari successivi si provvede nell’ambito degli stanziamenti previsti, a
legislazione vigente, nella U.P.B. 00.01.01.
(35)
Articolo inserito dalla l.r. n. 22/2015.
(36) Parole aggiunte
dalla l.r.
67/2018, art, 92,
comma 1, lett. a).
(37) Lettera aggiunta dalla l.r.
67/2018, art, 92,
comma 1, lett. b).
(38) Lettera sostituita dalla l.r.
67/2018, art, 92,
comma 1, lett. c).
(39) Parole
soppresse dalla l.r.
52/2019, art. 43, comma
1, lett. c)
(40) Parole soppresse dalla l.r.
52/2019, art. 43, comma
1, lett. d)
(41) Parole
alfanumeriche sostituite dalla l.r.
44/2018, art, 50,
comma 1.
(42) Comma inserito
dalla l.r.
7/2018, art. 2,
comma 1.
31 quater.
(Proroga nomine) (43)
1.
I Garanti nominati ai sensi degli articoli 30, 31 e 31 ter, il cui mandato è
scaduto, restano in carica fino a nuova nomina o a rinnovo della stessa per
l’amministrazione ordinaria e l’adozione di atti indifferibili e
urgenti.
2.
Agli oneri derivanti dall’applicazione del comma 1, si provvede con le risorse
iscritte sui pertinenti capitoli del bilancio di previsione del Consiglio
regionale, di ciascun esercizio finanziario.
(43) Articolo aggiunto dalla l.r.
n. 40/2016, art. 9, c. 1, lett. a).
Art. 32
Interventi sociali per lo sviluppo e la riqualificazione urbana.
1. Nell'ambito dei programmi di riqualificazione urbana
promossi e finanziati dalla Regione Puglia a valere su risorse comunitarie,
nazionali e regionali finalizzate, sono individuati gli interventi a valenza
sociale volti ad assicurare un reale miglioramento nelle condizioni di vita dei
cittadini residenti in un quartiere o in un Comune oggetto di interventi.
2. A tal fine i programmi di riqualificazione urbana di cui al
comma 1 prevedono, quali elementi qualificanti e da considerare parte integrante
dei programmi stessi, investimenti per accrescere la dotazione di infrastrutture
sociali del territorio oggetto dell'intervento, la qualità e l'offerta di
soluzioni abitative per i residenti, la dotazione di verde urbano e di aree
attrezzate a servizi per favorire l'aggregazione sociale, la rete del trasporto
urbano e la dotazione di piste ciclabili e pedonali, impianti semaforici e
segnaletica dedicata al fine di favorire la mobilità accessibile e sicura nei
contesti urbani per diversamente abili, bambini e ragazzi, persone anziane.
3. Gli interventi di cui al comma 2 si integrano con la rete
dei servizi e degli interventi sociali di cui il Piano sociale di zona
dell'ambito territoriale interessato prevede la realizzazione.
Art. 33
Interventi di sostegno economico e contrasto alle povertà .
(44)
1. La Regione promuove la conoscenza e la programmazione di
interventi mirati per il contrasto di tutte le forme di povertà derivanti da
insufficienza dei mezzi economici per il sostentamento delle persone e dei
nuclei familiari.
2. Nell'ambito del sistema integrato d'interventi e servizi
sociali, la Regione promuove l'introduzione di forme di sostegno economico delle
persone e delle famiglie, a integrazione del reddito e in relazione alle
differenti condizioni di disagio economico, purchè tali sostegni economici siano
strettamente integrati con:
a) l'offerta di servizi di socializzazione e cura per le
persone in condizione di povertà, anche temporanea, per le quali non è utile
definire percorsi di inserimento o di reinserimento lavorativo o che risultano
inserite nel mondo del lavoro con forme contrattuali flessibili che
determinano discontinuità del reddito da lavoro (contributo sociale per
l'integrazione del reddito);
b) la frequenza di percorsi scolastici di ogni ordine, nonché
con l'offerta di percorsi di formazione professionale e di inserimento
lavorativo, per le persone in condizione di povertà che possono essere
inserite in percorsi di recupero graduale dell'autonomia e
dell'autosufficienza economica, anche mediante la stretta collaborazione con i
Centri territoriali per l'impiego, per lo sviluppo di percorsi per
l'autoimprenditorialità e di interventi a sostegno dell'incontro tra domanda e
offerta di lavoro (reddito minimo di inserimento);
c) l'offerta di servizi complementari all'assistenza
domiciliare di persone fragili di cui il nucleo familiare si fa carico
(assegno di cura); (45)
d) altre forme di sostegno economico a integrazione del
reddito, quali i contributi per l'alloggio, i servizi del pronto intervento
sociale e altri, così come potranno essere individuati dalla Regione e dai
Comuni attraverso i Piani sociali di zona.
3. La Regione promuove misure specifiche in favore delle
famiglie numerose, in termini di interventi di agevolazioni fiscali e
tributarie, nei limiti delle competenze proprie e degli enti locali in materia e
nei limiti delle risorse disponibili, nonché per accrescerne le opportunità e le
priorità di accesso ai servizi e per favorirne la partecipazione alla
definizione delle politiche sociali e familiari.
4. Il Settore programmazione sociale e integrazione
socio-sanitaria predispone e la Giunta regionale approva, entro un anno dalla
data di entrata in vigore della presente legge e previa concertazione con le
associazioni degli enti locali, con le organizzazioni sindacali e con le
principali rappresentanze dei soggetti del terzo settore, il Piano regionale per
il contrasto alla povertà, a integrazione del Piano regionale delle politiche
sociali, che viene finanziato con risorse aggiuntive individuate dalla Giunta
regionale tra i fondi comunitari, nazionali e regionali rivolti alle politiche
d'inclusione sociale.
5. In coerenza con gli indirizzi della Regione, i Comuni
prevedono nei rispettivi Piani sociali di zona gli interventi mirati al
contrasto alle povertà, a valere sulle risorse assegnate dalla Regione per
l'attuazione degli stessi piani e sulle risorse proprie comunali apportate a
cofinanziamento, derivanti anche dalla contestuale razionalizzazione di tutte le
forme di sostegno economico attuate sul proprio territorio.
6. I Comuni, per sostenere le responsabilità individuali e
familiari nel superamento delle condizioni di povertà, in alternativa a
interventi di sostegno economico e in presenza di situazioni temporanee di gravi
difficoltà finanziarie, possono concedere prestiti sull'onore a tasso zero
secondo piani di restituzione concordati e funzionali al raggiungimento di
obiettivi condivisi nell'ambito di un progetto personalizzato. A tal fine i
Comuni sottoscrivono apposite convenzioni con istituti di credito e con la
finanza etica, rimanendo a carico dei Comuni l'onere degli interessi,
nell'ambito di quanto sarà definito nel Piano regionale per il contrasto alla
povertà e nei rispettivi Piani sociali di zona.
7. La Regione individua e promuove azioni di sostegno e aiuto
finalizzate a favorire l'autonomia, l'integrazione sociale, l'inserimento
lavorativo e la mobilità delle persone diversamente abili residenti nel
territorio regionale, nell'ambito delle attribuzioni rivenienti dalle vigenti
norme nazionali e regionali in materia. A tal fine promuove, con le modalità che
saranno definite nel regolamento regionale di cui all'articolo 64, la
concessione di specifici contributi in favore di persone diversamente abili,
loro tutori o altre persone dello stesso nucleo familiare che intendano guidare
autovetture per cui è necessario il possesso della patente A, B o C speciali, al
fine di concorrere al sostegno della spesa per l'acquisizione delle patenti
speciali, per l'adattamento di veicoli di uso privato destinati alla mobilità di
cittadini con gravi disabilità, per l'adattamento e la manutenzione degli
strumenti di guida a favore dei titolari di patenti A, B o C speciali con
disabilità motorie permanenti. (46)
(44) Vedi anche l’art. 5,
L.R. 31 dicembre 2010, n. 19
(45) Vedi, anche, la Delib.G.R. 30 ottobre 2006, n. 1633. (allegata)
(46) Vedi, anche, la
Delib.G.R. 31 agosto 2006, n. 1289 e la Delib.G.R. 16
novembre 2010, n. 2471. (allegate)
Art. 34
Politiche per le persone immigrate.
1. La Regione Puglia, in attuazione dei principi indicati nello
Statuto, nell'ambito delle proprie competenze ai sensi dell'articolo 117 della
Costituzione e del Testo Unico emanato con D.Lgs. n. 286/1998, e ispirandosi ai
principi e ai valori della "Dichiarazione fondamentale dei diritti dell'uomo" e
della "Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea", promuove iniziative
rivolte ad attribuire a tutte le persone immigrate e alle loro famiglie che
dimorano o risiedono nel territorio della Regione Puglia e che dimostrino di
avere rispettato le vigenti disposizioni normative in materia di flussi
migratori, condizioni di uguaglianza con i cittadini italiani nel godimento dei
diritti civili e concorre a rimuovere le cause che ne ostacolano l'inserimento
nell'organizzazione sociale, culturale ed economica della Regione.
2. Le politiche per le persone immigrate sono rivolte a
favorirne l'accoglienza, a prevenire e contrastare fenomeni di esclusione
sociale e quindi di emarginazione e devianza, a promuovere la piena integrazione
sociale e culturale delle persone immigrate nelle comunità locali in cui vivono.
La Regione Puglia concorre ad assicurare condizioni di vita dignitose agli
immigrati ospitati temporaneamente nei centri di accoglienza con iniziative
adeguate da realizzare in raccordo con i Comuni sul cui territorio insistono
tali centri.
3. La Regione promuove l'articolazione del sistema integrato
degli interventi e dei servizi sociali e gli specifici interventi rivolti alla
tutela e promozione sociale delle persone immigrate, perseguendo le seguenti
finalità, in stretto raccordo con i Comuni, per le rispettive competenze:
a) individuare e rimuovere gli ostacoli di carattere
economico, sociale e culturale alla piena integrazione, allo scopo di
garantire alle persone immigrate pari opportunità di accesso all'abitazione,
al lavoro, all'istruzione e alla formazione professionale, ai percorsi di cura
e assistenza sociale per tutte le situazioni di fragilità e a rischio di
devianza;
b) individuare e rimuovere eventuali condizioni di
marginalità sociale;
c) promuovere la comunicazione e la reciproca conoscenza tra
cittadini stranieri immigrati e italiani, singoli e associati, anche
attraverso centri interculturali;
d) contrastare fenomeni che comportano atti di violenza o di
sfruttamento, anche sessuale, delle persone immigrate, con specifico
riferimento alle donne e ai minori;
e) garantire, nell'ambito delle proprie competenze, percorsi
di assistenza e tutela rivolti a minori stranieri non accompagnati, nonché di
reinserimento di minori dimessi da istituti penali minorili;
f) garantire il rispetto per la cultura di origine e la
pratica religiosa, purchè non in contrasto con le leggi vigenti in Italia e
nel rispetto dei diritti umani.
4. Oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell'articolo 117,
comma secondo, lettera m), della Costituzione, nonché dell'articolo 12 della
presente legge, in coerenza con le finalità espresse al comma 3, sono compresi
tra gli interventi e i servizi per le persone immigrate:
a) l'attivazione di percorsi integrati di inserimento
sociale, scolastico, formativo e lavorativo, favorendo la comunicazione e la
convivenza interculturale;
b) la promozione della partecipazione degli immigrati alle
attività culturali, educative e ricreative delle comunità locali, nonché la
promozione di attività di recupero della cultura e della lingua di origine, al
fine di garantire il rispetto dell'identità personale delle persone immigrate;
c) l’accesso ai servizi offerti sul territorio, culturali, di
trasporto, amministrativi, sociali e sanitari, mediante l’attivazione di
specifiche campagne di informazione e interventi di mediazione culturale,
consulenza legale, orientamento e formazione (47) ;
d) la predisposizione di progetti mirati a favore di
cittadini stranieri in situazioni di particolare fragilità, quali profughi,
rifugiati, richiedenti asilo, vittime di tratta;
e) la predisposizione di interventi a sostegno abitativo per
le persone immigrate, capaci di affrontare le emergenze abitative, anche a
carattere temporaneo, che le interessino;
f) la predisposizione di specifici interventi finalizzati al
contrasto del lavoro sommerso;
g) la realizzazione di appositi corsi di formazione per il
personale degli uffici pubblici che si occupano di gestione delle politiche
per le persone immigrate;
h) la promozione, d'intesa con i Comuni, di progetti
sperimentali per i problemi abitativi dei Rom, attraverso il reperimento di
aree attrezzate sia per le situazioni di transito che per quelle residenziali.
(47) Lettera così sostituita dall’art. 24,
comma 2, L.R.
4 dicembre 2009, n. 32. Il testo originario era così formulato: «c)
l'accesso ai servizi offerti sul territorio, culturali, di trasporto,
amministrativi, sociali e sanitari, mediante l'attivazione di specifiche
campagne d'informazione e interventi di mediazione culturale, consulenza legale,
orientamento, formazione. In particolare, in applicazione della Convenzione
internazionale dei diritti del fanciullo (1990), si provvede a iscrivere al
Servizio Sanitario Nazionale (SSN) tutti i minori presenti nel territorio
regionale;».
Art. 35
Azioni e interventi. Competenze dei Comuni.
1. Le iniziative e le attività previste dalla presente legge
sono realizzate sulla base della rilevazione dei bisogni operata dagli enti
locali, dalle associazioni e dalle forze sociali, per conseguire un'azione
territorialmente equilibrata e integrata.
2. I Comuni concorrono alla programmazione e realizzano gli
interventi per le persone immigrate in modo da garantire la massima integrazione
con la rete degli interventi e dei servizi sociali promossa con i Piani sociali
di zona, anche considerando le pari opportunità di accesso a tale rete per le
persone immigrate.
3. Ogni ambito territoriale organizza, in modo integrato con la
rete dei servizi d'accesso previsti nel Piano sociale di zona, un apposito
servizio per gli immigrati con compiti di osservazione, informazione, assistenza
legale, mediazione culturale e linguistica, intermediazione abitativa. Detto
servizio deve essere organizzato in modo da estendere i suoi effetti su tutti i
Comuni dell'ambito territoriale ed è prioritariamente rivolto agli immigrati
vittime di discriminazioni per motivi etnici, razziali, religiosi, sessuali.
4. I Comuni dedicano alla realizzazione degli interventi e dei
servizi in favore delle persone immigrate, ove si tratti di interventi specifici
e dedicati rispetto alla rete dei servizi sociali, una quota di risorse
finalizzate dei trasferimenti ricevuti dalla Regione, di cui all'articolo 67,
secondo quanto previsto dal Piano regionale delle politiche sociali, oltre a
eventuali risorse aggiuntive di provenienza comunitaria, nazionale e regionale.
Art. 36
Programmazione e sostegno. Competenze della Regione.
1. La Regione partecipa, anche con l'apporto di risorse
proprie, a iniziative nazionali e comunitarie rivolte a promuovere
l'accoglienza, l'inclusione sociale e l'inserimento lavorativo di persone
immigrate.
2. La Regione programma e promuove, con il Piano regionale
delle politiche sociali, ovvero con linee-guida di indirizzo mirate, iniziative
concernenti attività sociali integrate con attività culturali, diritto allo
studio, inserimento nel mercato del lavoro e formazione professionale, attività
economiche di sostegno all'autoimprenditorialità e all'emersione del sommerso,
specificamente nel lavoro di cura, interventi socio-assistenziali e sanitari,
diritto alla casa, assicurando agli immigrati di cui all'articolo 34, comma 1,
l'estensione degli interventi e delle azioni previste a favore dei cittadini
pugliesi, oltre a specifiche iniziative concernenti la tutela dei minori
immigrati.
Art. 37
Albo dei centri di accoglienza.
1. È istituito l'Albo regionale dei centri di accoglienza per
gli immigrati.
2. La Giunta regionale disciplina con il regolamento regionale
di cui all'articolo 64 i criteri strutturali e gestionali cui i centri devono
uniformarsi per ottenere l'iscrizione all'Albo e le modalità di iscrizione.
3. I Comuni interessati autorizzano l'istituzione di non più di
due centri di accoglienza nel proprio territorio; nel quadro delle norme
regolamentari regionali, i Comuni espletano compiti di gestione, controllo e
vigilanza sui centri di accoglienza.
4. L'iscrizione all'Albo regionale dei centri di accoglienza
costituisce condizione indispensabile per l'ammissione ai finanziamenti e alla
stipula delle convenzioni di cui all'articolo 38, comma 2, del D.Lgs. n.
286/1998.
5. Ai Comuni inferiori ai 20 mila abitanti, sede di centri di
accoglienza con permanenza media di duecento unità giornaliere su base annua,
vengono attribuite risorse rivenienti dalla legge
regionale 12 maggio 1980, n. 42(Norme organiche per l'attuazione del diritto
allo studio), calcolando al doppio il numero degli alunni ammessi ai vari
servizi e per l'articolo 15 della legge regionale 4 maggio 1999, n. 17(Misure di
rilievo finanziario per la programmazione regionale e la razionalizzazione della
spesa - Collegato alla legge di bilancio di previsione per l'esercizio
finanziario 1999 e bilancio pluriennale 1999/2001), calcolando al doppio il
numero dei residenti.
6. Nelle more dell'istituzione dell'Albo regionale dei centri
di accoglienza, le disposizioni di cui al comma 5, fermo restando l'ammontare
delle risorse rivenienti dalla L.R.
n. 42/1980, nonché dall'articolo15
della L.R.
n. 17/1999, si applicano direttamente nei confronti dei Comuni sede dei
centri di accoglienza riconosciuti con decreto del Ministro per la solidarietà
sociale ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n.
394 (Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero, a norma dell'articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286), su richiesta del Sindaco che attesta la permanenza media di
duecento unità giornaliere su base annua con riferimento all'anno precedente.
Art. 38
Centri di accoglienza già in funzione.
1. I centri di accoglienza in funzione alla data di entrata in
vigore della presente legge in collaborazione con le Prefetture e/o i Comuni
possono continuare la propria attività adottando metodologie di gestione sempre
meglio ispirate al criterio del rispetto dei diritti delle persone e della
dignità umana, nonchè di tutte le norme igieniche e sulla sicurezza vigenti.
2. Le strutture e l'organizzazione interna dei centri devono
successivamente essere adeguate entro termini perentori alle norme regolamentari
di cui all'articolo 37.
TITOLO IV
Tipologie, standard, autorizzazione e accreditamento
Art. 39
Criteri.
1. Nel presente titolo sono definiti i criteri per
l'autorizzazione, l'accreditamento e la vigilanza delle strutture
socio-assistenziali a gestione pubblica o a gestione privata.
2. L'iscrizione nei registri regionali delle strutture e dei
servizi socio-assistenziali garantisce ai cittadini la qualità delle
prestazioni.
Art. 40
Strutture e servizi soggetti ad autorizzazione.
1. Sono soggette all'autorizzazione e al funzionamento tutte le
strutture e i servizi socio-assistenziali già operanti e quelli di nuova
istituzione che, indipendentemente dalla denominazione dichiarata, sono rivolti
a:
a) minori, per interventi socio-assistenziali ed educativi
integrativi o sostitutivi della famiglia;
b) disabili e affetti da malattie croniche invalidanti e/o
progressive e terminali, per interventi socio-assistenziali o socio-sanitari
finalizzati al mantenimento e al recupero dei livelli di autonomia della
persona e al sostegno della famiglia;
c) anziani, per interventi socio-assistenziali o
socio-sanitari finalizzati al mantenimento e al recupero delle residue
capacità di autonomia della persona e al sostegno della famiglia;
d) persone affette da AIDS che necessitano di assistenza
continua e risultano prive del necessario supporto familiare o per le quali la
permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o definitivamente
impossibile o contrastante con il progetto individuale;
e) persone con problematiche psico-sociali che necessitano di
assistenza continua e risultano prive del necessario supporto familiare o per
le quali la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o
definitivamente impossibile o contrastante con il progetto individuale;
f) adulti con problematiche sociali per i quali la permanenza
nel nucleo familiare sia temporaneamente o permanentemente impossibile o
contrastante con il progetto individuale;
g) adulti e nuclei familiari che si trovino in specifiche
situazioni di difficoltà economica, connesse a forme estreme di povertà, anche
temporanee, a difficoltà abitative, ovvero a provvedimenti di restrizione
delle libertà personali mediante regimi detentivi disposti dall'autorità
giudiziaria;
h) persone immigrate e loro nuclei familiari.
2. Oltre quelle già individuate nella presente legge, la
Regione promuove forme innovative di strutture e servizi per le persone, in
relazione alla evoluzione del sistema dei bisogni della popolazione pugliese,
definendo nel regolamento di cui all'articolo 64 i relativi requisiti
strutturali, organizzativi e funzionali minimi per il rilascio
dell'autorizzazione al funzionamento. (48)
(48) Comma così
sostituito dall’art.6,
comma 1, lettera a), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7. Il testo originario era così formulato: «2. Per le
strutture di cui alle lettere b), c), d) ed e) del comma 1 che chiedono di
erogare anche prestazioni socio-sanitarie, fatto salvo il rispetto dei requisiti
richiesti per le prestazioni sanitarie, l'autorizzazione alla realizzazione e al
funzionamento di cui al comma 1 è rilasciata in conformità delle disposizioni di
cui all'articolo 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502
(Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della
legge 23 ottobre 1992, n. 421), con specifico riferimento all'autorizzazione
rilasciata dal Comune e subordinata alla verifica di compatibilità prevista per
le strutture di cui all'articolo 5,
comma 1, lettera a), punto 1), della legge
regionale 28 maggio 2004, n. 8 (Disciplina in materia di autorizzazione alla
realizzazione e all'esercizio, all'accreditamento istituzionale e accordi
contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e
private).».
Art. 41
Strutture per minori.
1. Le strutture per minori che erogano interventi
socio-assistenziali ed educativi integrativi o sostitutivi della famiglia sono
distinti secondo le seguenti tipologie:
a) comunità familiare;
b) comunità educativa;
c) comunità di pronta accoglienza;
d) comunità alloggio o gruppo appartamento per adolescenti;
e) centro socio-educativo diurno e di aggregazione per
pre-adolescenti e adolescenti;
f) centro aperto polivalente;
g) asili nido.
2. La comunità familiare è struttura educativa residenziale,
caratterizzata da bassa intensità assistenziale, destinata alla convivenza
stabile di un piccolo gruppo di minori con due o più adulti che assumono le
funzioni genitoriali.
3. La comunità educativa è struttura residenziale a carattere
comunitario di tipo familiare caratterizzata dalla convivenza di un gruppo di
minori con un'équipe di operatori professionali che svolgono la funzione
educativa come attività di lavoro. Se la struttura accoglie anche minori con
problematiche psico-sociali, le prestazioni socio-sanitarie eventualmente
richieste sono a carico del Servizio Sanitario Regionale (SSR).
4. La comunità di pronta accoglienza è struttura educativa
residenziale a carattere comunitario caratterizzata dalla temporaneità
dell'accoglienza di un piccolo gruppo di minori con un gruppo di educatori che a
turno assumono la funzione di adulto di riferimento svolgendo attività
lavorativa.
5. La comunità alloggio o gruppo appartamento per adolescenti è
struttura educativa residenziale a carattere comunitario caratterizzata dalla
convivenza di un gruppo di giovani, con la presenza, limitata ad alcuni momenti
della giornata, di operatori professionali che a turno assumono la funzione di
adulto di riferimento.
6. Il centro socio-educativo diurno è struttura di prevenzione
e recupero aperta a tutti i minori che, attraverso la realizzazione di un
programma di attività e servizi socio-educativi, culturali, ricreativi e
sportivi, mira in particolare al recupero di minori con problemi di
socializzazione o esposti al rischio di dispersione scolastica, emarginazione e
di devianza e opera in stretto collegamento con i servizi sociali dei comuni e
con le istituzioni scolastiche, nonché con i servizi di cui ai commi 3 e 4. Se
la struttura accoglie anche minori con problematiche psico-sociali, le
prestazioni socio-sanitarie eventualmente richieste sono a carico del SSR.
7. Il centro aperto polivalente è una struttura aperta a tutti
i minori del territorio e opera, preferibilmente, in raccordo con i servizi
sociali dei comuni e con le istituzioni scolastiche, attraverso la progettazione
e la realizzazione di interventi di socializzazione ed educativo-ricreativi
miranti a promuovere il benessere della comunità e contrastare fenomeni di
marginalità e disagio minorile.
8. L'asilo nido è un servizio educativo e sociale aperto ai
minori in età compresa tra i tre mesi e i tre anni che concorre con le famiglie
alla loro crescita e formazione, nel quadro di una politica per la prima
infanzia e delle garanzie del diritto all'educazione, nel rispetto dell'identità
individuale, culturale e religiosa. Questo servizio è organizzato anche come
micro-nido, come asilo nido aziendale, ovvero come sezioni primavera, per
l'accoglienza dei bambini da ventiquattro a trentadue mesi connessa alla riforma
nazionale della scuola e il regolamento regionale ne disciplina gli standard
strutturali e organizzativo-funzionali.
Art. 42
Strutture per disabili.
1. Le strutture per disabili sono distinte secondo le seguenti
tipologie:
a) comunità alloggio/gruppo appartamento;
b) comunità socio-riabilitativa;
c) residenza protetta o residenza socio-sanitaria
assistenziale, a bassa e media intensità assistenziale;
d) centro diurno socio-educativo e/o riabilitativo.
d-bis) casa-famiglia con servizi formativi alle autonomie
per l'inserimento socio-lavorativo di persone con disabilità; (49)
d-ter) centro diurno integrato per il supporto cognitivo e
comportamentale ai soggetti affetti da demenza. (50)
2. La comunità alloggio/gruppo appartamento è struttura
residenziale a bassa intensità assistenziale, parzialmente autogestita,
destinata a soggetti maggiorenni, privi di validi riferimenti familiari, in
situazione di handicap fisico, intellettivo o sensoriale che mantengano una
buona autonomia tale da non richiedere la presenza di operatori in maniera
continuativa.
3. La comunità socio-riabilitativa è struttura residenziale
socio-assistenziale a carattere comunitario destinata a soggetti privi del
sostegno familiare o per i quali la permanenza nel nucleo familiare sia valutata
temporaneamente o definitivamente impossibile o contrastante con il progetto
individuale. La struttura è finalizzata a garantire una vita quotidiana
significativa, sicura e soddisfacente a persone in situazione di compromissione
funzionale, con nulla o limitata autonomia e assicura l'erogabilità d'interventi
socio-sanitari non continuativi assimilabili alle forme di assistenza rese a
domicilio. In presenza di utenti minori, l'équipe di operatori è integrata con
le figure professionali adeguate in relazione alle specifiche esigenze.
4. La residenza protetta o residenza socio-sanitaria
assistenziale a bassa e media intensità assistenziale è struttura residenziale
socio-assistenziale destinata a persone in situazione di handicap con gravi
deficit psico-fisici che richiedono un alto grado di assistenza alla persona con
interventi di tipo educativo, assistenziale e riabilitativo a elevata
integrazione socio-sanitaria.
5. Il centro diurno socio-educativo, anche all'interno o in
collegamento con le strutture di cui ai commi 3 e 4, è struttura
socio-assistenziale a ciclo diurno finalizzata al mantenimento e al recupero dei
livelli di autonomia della persona e al sostegno della famiglia. Il centro è
destinato a soggetti diversamente abili, anche psico-sensoriali, con notevole
compromissione delle autonomie funzionali, ovvero pazienti psichiatrici
stabilizzati, e per i quali non è prevedibile nel breve periodo un percorso di
inserimento lavorativo e assicura l'erogabilità delle prestazioni riabilitative
di carattere socio-sanitario.
(49) Lettera aggiunta dall’art. 6,
comma 1, lettera b), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7.
(50) Lettera aggiunta dall’art. 6,
comma 1, lettera b), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7.
Art. 43
Strutture per anziani.
1. Le strutture per anziani sono distinte secondo le seguenti
tipologie:
a) comunità alloggio/gruppo appartamento;
b) casa alloggio;
c) casa di riposo;
d) residenza protetta o residenza socio-sanitaria
assistenziale a bassa e media intensità assistenziale;
e) centro diurno.
2. La comunità alloggio/gruppo appartamento è struttura
residenziale autogestita, a bassa intensità assistenziale, consistente in un
nucleo di convivenza a carattere familiare per anziani autosufficienti che
necessitano di una vita comunitaria e di reciproca solidarietà.
3. La casa alloggio è struttura residenziale a prevalente
accoglienza alberghiera, a bassa intensità assistenziale, costituita da un
insieme di alloggi di piccola dimensione e varia tipologia dotati di tutti gli
accessori per consentire una vita autonoma e da servizi collettivi, destinata ad
anziani autosufficienti.
4. La casa di riposo è struttura residenziale a prevalente
accoglienza alberghiera destinata a ospitare, temporaneamente o permanentemente,
anziani autosufficienti che per loro scelta preferiscono avere servizi
collettivi anziché gestire in maniera autonoma la propria vita o che hanno dei
limitati condizionamenti di natura fisica, psichica, economica o sociale nel
condurre una vita autonoma.
5. La residenza protetta o residenza sanitaria assistita a
bassa e media intensità assistenziale è struttura residenziale, a prevalente
accoglienza alberghiera e a integrazione socio-sanitaria, destinata a ospitare,
temporaneamente o permanentemente, anziani non autosufficienti con limitazioni
fisiche e/o psichiche non in grado di condurre una vita autonoma, ma che non
necessitano di prestazioni sanitarie complesse.
6. Il centro diurno è struttura socio-assistenziale a regime
semiresidenziale costituente luogo d'incontro e di relazioni in grado di
permettere, anche all'interno o in collegamento con le strutture di cui ai commi
3, 4 e 5, l'erogabilità delle prestazioni che rispondano a specifici bisogni
della popolazione anziana.
Art. 44
Strutture per persone con problematiche psico-sociali.
1. Le strutture per persone con problematiche psico-sociali
sono distinte secondo le seguenti tipologie:
a) casa famiglia per persone con problematiche psico-sociali;
b) comunità alloggio/gruppo appartamento per ex
tossicodipendenti.
2. La casa famiglia per persone con problematiche psico-sociali
è struttura residenziale a carattere prevalentemente sociale e a bassa intensità
assistenziale sanitaria, per accoglienza temporanea o permanente, consistente in
un nucleo, anche autogestito, di convivenza a carattere familiare per persone
con problematiche psico-sociali definitivamente uscite dal circuito
sanitario/psichiatrico, prive di validi riferimenti familiari, ovvero persone
con disturbi mentali per le quali si reputi opportuno l'allontanamento dal
nucleo familiare e/o che necessitano di sostegno nel mantenimento del livello di
autonomia e nel percorso di inserimento o reinserimento sociale e/o lavorativo.
3. La comunità alloggio/gruppo appartamento per ex
tossicodipendenti è struttura residenziale temporanea o permanente a bassa
intensità assistenziale, a carattere familiare, autogestito da soggetti privi di
validi riferimenti familiari o per i quali si reputi opportuno l'allontanamento
dal nucleo familiare o che necessitano di sostegno nel percorso di autonomia e
di inserimento o reinserimento sociale.
Art. 45
Strutture per adulti con problematiche sociali.
1. Le strutture per persone adulte con problematiche sociali
sono distinte secondo le seguenti tipologie:
a) comunità alloggio/gruppo appartamento per gestanti e madri
con figli a carico;
b) alloggio sociale per adulti in difficoltà, anche
immigrati;
c) centro pronta accoglienza per adulti;
d) centro di accoglienza per detenuti ed ex detenuti;
e) centro sociale rieducativo per detenuti;
f) casa rifugio per donne, anche con figli minori, vittime di
violenza o vittime della tratta a fine di sfruttamento sessuale.
f-bis) albergo diffuso per l'accoglienza di lavoratori
stagionali stranieri immigrati ; (51)
f-ter) centro notturno di accoglienza per persone senza
fissa dimora . (52)
2. La comunità alloggio/gruppo appartamento per gestanti e
madri con figli a carico è struttura residenziale a bassa intensità
assistenziale, a carattere temporaneo o permanente, consistente in un nucleo
autogestito di convivenza a carattere familiare per gestanti e madri con figli a
carico, prive di validi riferimenti familiari o per le quali si reputi opportuno
l'allontanamento dal nucleo familiare e che necessitano di sostegno nel percorso
d'inserimento o reinserimento sociale.
3. L'alloggio sociale per adulti in difficoltà è struttura che
offre una risposta temporanea alle esigenze abitative e di accoglienza di
persone con difficoltà di carattere sociale prive del sostegno familiare o per
le quali la permanenza nel nucleo familiare sia valutata temporaneamente o
permanentemente impossibile o contrastante con il progetto individuale.
4. Il centro di pronta accoglienza per adulti è struttura
residenziale a carattere comunitario destinata esclusivamente alle situazioni di
emergenza.
5. Il centro di accoglienza per detenuti ed ex detenuti è
struttura residenziale a carattere comunitario che offre ospitalità completa e/o
diurna a persone già o ancora sottoposte a misure restrittive della libertà
personale. Analoghe strutture possono essere destinate all'accoglienza e
all'assistenza di immigrati con permesso di soggiorno.
6. Il centro sociale rieducativo per detenuti è struttura a
carattere comunitario e a ciclo diurno, aperta a persone sottoposte a
provvedimenti di restrizione delle libertà personali da parte dell'autorità
giudiziaria, mediante un regime detentivo, a cui venga consentito di trascorrere
parte del giorno fuori dall'Istituto di pena, per partecipare ad attività
lavorative, istruttive e comunque utili al reinserimento sociale, in base a un
programma di trattamento concordato tra il direttore dell'istituto di pena e il
responsabile del centro.
7. La casa rifugio per donne, anche con figli minori, vittime
di violenza o vittime della tratta a fine di sfruttamento sessuale è struttura
residenziale a carattere comunitario che offre ospitalità e assistenza a donne
vittime di violenza fisica e/o psicologica, con o senza figli, e a donne vittime
della tratta e sfruttamento sessuale, per le quali si renda necessario il
distacco dal luogo in cui è avvenuta la violenza e l'inserimento in una
comunità.
(51) Lettera
aggiunta dall’art. 6, comma 1,
lettera c), L.R. 6 febbraio 2013, n. 7.
(52) Lettera
aggiunta dall’art. 6, comma 1, lettera c), L.R. 6 febbraio 2013, n. 7.
Art. 46
Servizi socio-assistenziali.
1. Sono classificabili servizi socio-assistenziali:
a) tutte le prestazioni erogate nell'ambito delle strutture
soggette alla disciplina della presente legge;
b) il servizio di segretariato sociale;
c) lo sportello sociale o d'informazione sociale;
d) il servizio di pronto intervento sociale;
e) il servizio sociale professionale;
f) le prestazioni di assistenza domiciliare;
g) le ludoteche;
h) il centro ludico per la prima infanzia;
i) il tutor;
j) i servizi socio-assistenziali di cui alla legge regionale
9 giugno 1987, n. 16(Norme organiche per l'integrazione scolastica degli
handicappati);
k) il centro di ascolto per le famiglie e i servizi di
sostegno alla famiglia e alla genitorialità;
l) i servizi di mediazione;
m) le comunità familiari;
n) l'affido minori;
o) l'affido adulti;
p) l'affido anziani;
q) il servizio civile degli anziani;
r) il servizio di telefonia sociale;
s) i servizi socio-educativi innovativi e sperimentali per la
prima infanzia;
s-bis) nido in famiglia ; (53)
t) i servizi di contrasto della povertà e della devianza;
u) i servizi educativi per il tempo libero;
v) gli interventi educativi di strada;
x) i centri sociali polivalenti per disabili, minori,
anziani;
w) il centro antiviolenza;
y) gli sportelli per l'integrazione socio-sanitaria-culturale
degli immigrati;
z) ogni altro servizio individuato nel regolamento regionale
di cui all'articolo 62.
2. I servizi socio-assistenziali di cui alle lettere a), b), e)
ed f) del comma 1 sono erogati secondo gli standard fissati dal regolamento
regionale di cui all'articolo 64 garantendo in ogni caso:
a) la presenza di figure professionali qualificate in
relazione alla tipologia del servizio;
b) la presenza di un coordinatore responsabile del servizio;
c) la pubblicizzazione delle tariffe praticate con
l'indicazione delle prestazioni offerte, in conformità della carta dei servizi
come definita dalla presente legge;
d) la predisposizione di piani individualizzati di assistenza
definiti in un apposito registro degli utenti;
e) l'integrazione con i servizi socio-sanitari;
f) le attività integrative aperte al contesto sociale;
g) l'applicazione dei contratti di lavoro e dei relativi
accordi integrativi, nonché la regolarità contributiva e previdenziale.
3. I servizi socio-assistenziali di cui alle lettere e), f),
g), h), i), m), n), o), p), x) e w) sono erogati nel rispetto dei criteri
fissati dal regolamento regionale di cui all'articolo 64.
(53) Lettera
aggiunta dall’art. 7, comma
1, L.R. 6 febbraio 2013, n. 7.
Art. 47
Definizione dei servizi socio-assistenziali.
1. Il servizio di segretariato sociale opera quale sportello
unico per l'accesso ai servizi socio-assistenziali e svolge attività
d'informazione, di ascolto e di orientamento sui diritti di cittadinanza con
caratteristiche di gratuità per l'utenza. Il segretariato sociale può articolare
l'accesso unico ai servizi anche mediante sportelli sociali o di informazione
sociale distribuiti sul territorio e rivolti a fornire le prime informazioni sui
diritti, le opportunità e i servizi ai cittadini, nonché la prima assistenza per
la predisposizione delle istanze per l'accesso alle prestazioni.
2. Il servizio sociale professionale è finalizzato alla lettura
e decodificazione della domanda sociale, alla presa in carico della persona,
della famiglia e/o del gruppo sociale, alla predisposizione di progetti
personalizzati, all'attivazione e integrazione dei servizi e delle risorse in
rete, all'accompagnamento e all'aiuto nel processo di promozione ed
emancipazione; svolge uno specifico ruolo nei processi di pianificazione e
coordinamento della rete dei servizi sociali e socio-sanitari; deve essere
garantito da professionisti assistenti sociali iscritti all'Albo; assume un
ruolo d'interventi professionali proprio e di livello essenziale per osservare e
gestire i fenomeni sociali, erogare prestazioni d'informazioni, consulenza e
aiuto professionale. Rispetto alla tipologia di intervento, si distingue in:
a) servizio di segretariato sociale;
b) gestione sociale del caso (case management);
c) osservazione, pianificazione, direzione e coordinamento
delle politiche socio-assistenziali e socio-sanitarie;
d) servizio di pronto intervento per le situazioni di
emergenza sociale.
3. Il servizio di pronto intervento per le situazioni di
emergenza sociale è un servizio sempre funzionante, che affronta l'emergenza e
l'urgenza sociale in tempi rapidi e in maniera flessibile, strettamente
collegato con i servizi sociali territoriali.
4. Il servizio di assistenza e di educativa domiciliare
consiste:
a) in interventi da fornire ai cittadini al fine di favorire
la permanenza nel proprio ambiente di vita;
b) in prestazioni di tipo socio-assistenziale, anche
domiciliari, per malati affetti da disturbi mentali, da malattie croniche
invalidanti e/o progressivo-terminali;
c) in servizi per il reinserimento dei minori a rischio di
devianza (maestri di strada e formazione integrata in botteghe).
5. Il servizio di ludoteca consiste in un insieme di attività
educative, ricreative e culturali aperto a minori in età compresa tra i tre e i
cinque anni e tra i sei e i dieci anni, per i quali s'intende promuovere le
esperienze di gioco e ha lo scopo di favorire lo sviluppo personale, la
socializzazione, l'educazione all'autonomia e alla libertà di scelta al fine di
valorizzare le capacità creative ed espressive.
6. L'affido minori è un servizio a carattere temporaneo
prestato da famiglie che assicura a soggetti minori in situazione di disagio il
sostegno alla vita quotidiana in un contesto relazionale familiare.
7. Il centro ludico per la prima infanzia consiste in un
insieme di attività socio-educative-ricreative per i minori in età compresa tra
i sei e i trentasei mesi, destinato a favorire il benessere psico-fisico e le
opportunità di socializzazione dei bambini. Si caratterizza come luogo di vita
per i bambini capace di fornire risposte flessibili e differenziate in relazione
alle esigenze delle famiglie e nel rispetto delle opportunità educative, di
socialità e di comunicazione per i bambini e in cui sono previsti orari ridotti
di permanenza continuativa nell'arco della giornata.
8. Il tutor è un servizio che assume la responsabilità
d'interventi personalizzati nell'ambito di progetti assistenziali definiti per
ogni specifico caso.
9. La comunità familiare consiste nel servizio di accoglienza
offerto da nuclei familiari o sul modello familiare a minori e persone
temporaneamente prive di adeguati supporti familiari. È assimilabile a tale
tipologia la casa-famiglia, che si caratterizza per l'accoglienza multiutenza
per età e situazione di bisogno, con una capacità limitata di accoglienza e un
rapporto operatori/utenti adeguato ai casi di particolare gravità.
10. Il centro di ascolto per le famiglie offre uno spazio di
accoglienza, ascolto, consulenza specialistica a coppie con figli minori, a
coppie e a singoli, al fine di promuovere azioni che aumentino il benessere
personale, la qualità delle relazioni interpersonali, le capacità genitoriali,
le capacità di auto-organizzazione e di autonomia progettuale del singolo e
rispetto al nucleo in cui vive.
11. Il servizio di mediazione offre risposte specifiche alle
difficoltà causate da relazioni conflittuali o da assenza di relazioni; consente
la realizzazione di interventi di mediazione familiare, sociale, culturale
nonchè l'attivazione di uno spazio neutro, quale contenitore o percorso
qualificato per la gestione degli incontri tra bambini e genitori, finalizzata
alla ricostruzione del binomio genitore-bambino in un luogo terzo e in un tempo
distinto dallo svolgersi della vita quotidiana.
12. L'affido adulti è un servizio prestato da famiglie
finalizzato ad assicurare a persone in difficoltà o prive di assistenza il
sostegno alla vita quotidiana in un contesto relazionale familiare.
13. L'affido anziani è un servizio prestato da famiglie che
assicura a persone anziane, in difficoltà o prive di assistenza, il sostegno
alla vita quotidiana finalizzato ad escludere forme di assistenza al di fuori di
un contesto relazionale familiare.
14. I centri sociali polivalenti per disabili, minori e anziani
consistono in strutture aperte alla partecipazione anche non continuativa di
utenti alle attività ludico-ricreative, di socializzazione, di animazione, in
cui sono garantite le prestazioni minime connesse alla socializzazione, alla
organizzazione delle attività, ai presidi di garanzia per la salute e
l'incolumità degli utenti durante lo svolgimento delle attività del centro.
15. Il servizio civile degli anziani consiste nell'attività
prestata da persone anziane in programmi di pubblica utilità finalizzata a
valorizzare il ruolo della persona anziana nella società.
16. Il servizio di telefonia consiste nell'aiuto rivolto a
tutti i cittadini, da assicurare nei tempi e nei modi adeguati al bisogno, per
l'accesso alle prestazioni fruibili sul territorio.
17. Il centro antiviolenza consiste in un insieme di servizi
d'informazione, ascolto e accoglienza, a cui può rivolgersi ogni donna in
momentanea difficoltà dovuta a qualsiasi forma di violenza. Il centro eroga
informazioni sui presidi sanitari, psicologici e legali a supporto della donna
che abbia subito violenza, svolge colloqui di accoglienza e gestisce una linea
telefonica di pronto intervento, offre consulenze psico-sociali,
socio-educative, legali e psicologiche, assiste la donna nella ricerca del
lavoro e nel reperimento di un'adeguata sistemazione alloggiativa.
18. Gli sportelli per l'integrazione socio-sanitaria-culturale
degli immigrati erogano servizi d'informazione e orientamento, assistenza legale
e amministrativa, mediazione culturale e linguistica, intermediazione abitativa,
tutoraggio per l'accesso ai servizi per l'accesso ai servizi della persona
immigrata e della sua famiglia, nonché svolgono la funzione di monitoraggio e
osservazione dei bisogni, delle condizioni di vita e del rispetto dei diritti
delle persone immigrate; per il funzionamento degli sportelli sono impiegate
figure professionali qualificate tra cui la figura del mediatore interculturale,
di nazionalità italiana e di nazionalità straniera, avendo cura di rappresentare
le principali aree geografiche di provenienza degli immigrati fruitori dei
servizi in un comune o ambito territoriale.
Art. 48
Titoli per l'acquisto di servizi
1. I comuni possono assicurare, su richiesta, le prestazioni
assistenziali mediante titoli validi per l'acquisto di servizi
socio-assistenziali presso i soggetti autorizzati e iscritti al relativo
registro regionale, ai sensi dell'articolo 53, al fine di garantire un percorso
assistenziale attivo d'integrazione e reintegrazione sociale dei soggetti
beneficiari . (54)
2. I criteri e le modalità per la concessione dei titoli sono
stabiliti dal Piano regionale delle politiche sociali e dal regolamento
regionale di cui all'articolo 64.
(54) Comma così sostituito dall’art. 8,
comma 1,L.R.
6 febbraio 2013, n. 7, a decorrere dal giorno stesso della sua
pubblicazione. Il testo originario era così formulato: «1. I Comuni possono
assicurare, su richiesta, le prestazioni assistenziali mediante titoli validi
per l'acquisto di servizi socio-assistenziali presso i
soggetti accreditati al fine di garantire un percorso assistenziale attivo
d'integrazione o reintegrazione sociale dei soggetti beneficiari.».
Art. 49
Autorizzazione (55)
1. I Comuni competenti per
territorio autorizzano al funzionamento le strutture e i servizi
socio-assistenziali e socio-sanitari sulla base dei requisiti strutturali,
organizzativi e funzionali individuati dalla presente legge e dal regolamento di
attuazione di cui all'articolo 64, accertati sulla base di idonea documentazione
e sopralluogo diretto presso le sedi da autorizzare. (56)
2. Il provvedimento di
autorizzazione individua la denominazione e l’ubicazione della struttura, la
sede legale e amministrativa del soggetto proprietario e/o gestore, il legale
rappresentante, i servizi socio-assistenziali e socio-sanitari erogati, la
ricettività, la natura pubblica o privata. Il provvedimento di autorizzazione al
funzionamento determina la legittimità all’esercizio delle attività delle
strutture e dei servizi autorizzati. (57)
3. Le modifiche agli elementi
a base del provvedimento di autorizzazione, gli ampliamenti e le trasformazioni
delle strutture determinano la decadenza dell'autorizzazione.
4. Nelle more
dell'approvazione del regolamento regionale, i Comuni rilasciano autorizzazione
provvisoria sulla base dei requisiti minimi di cui al regolamento approvato con
D.M. 21 maggio 2001, n. 308 del Ministro per la solidarietà sociale (Requisiti
minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei
servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma
dell'articolo 11 della legge 8 novembre 2000, n. 328) e, in quanto compatibili,
alle disposizioni regionali vigenti in materia di standard strutturali e
assistenziali e di procedimenti autorizzativi.
5. I servizi e le strutture
socio-assistenziali per minori e per anziani iscritte rispettivamente all'Albo
di cui alla legge
regionale 31 agosto 1981, n. 49 (Interventi promozionali per la
realizzazione e il potenziamento dei servizi di assistenza sociale a favore
delle persone anziane), che alla data di entrata in vigore della presente legge
siano in possesso di autorizzazione provvisoria ai sensi dell'articolo 28,
comma 5, della legge
regionale 25 agosto 2003, n. 17 (Sistema integrato d'interventi e servizi
sociali in Puglia), e del Reg.
9 maggio 1983, n. 1 (Standard strutturali organizzativi dei Servizi
istituiti con la L.R.
n. 49/1981) e del Reg.
23 giugno 1993, n. 1 (Modifiche e integrazioni al Reg.
6 giugno 1990, n. 1 - Apertura e funzionamento dei servizi residenziali e
non residenziali per minori: determinazione degli standard relativi), la
mantengono fino alla approvazione del regolamento regionale di cui all'articolo
64 della presente legge. Tali strutture devono provvedere all'adeguamento ai
requisiti di legge e di regolamento entro tre anni dalla data di entrata in
vigore del suddetto regolamento.
6. I Comuni dispongono per la
provvisoria autorizzazione entro e non oltre il termine di novanta giorni dalla
data della richiesta, decorso il quale l'autorizzazione provvisoria s'intende
concessa.
7. I servizi e le strutture
socio-assistenziali per le quali non era prescritta l'autorizzazione regionale,
operanti alla data di entrata in vigore della L. n. 328/2000, su richiesta di
parte sono provvisoriamente autorizzate dai Comuni competenti per territorio,
che dispongono contestualmente il termine entro cui deve provvedersi
all'adeguamento ai requisiti di legge e di regolamento.
8. In ogni caso il termine di
cui ai commi 5 e 7, da definirsi dai Comuni in relazione all’entità e
all’impegno finanziario richiesto per l’adeguamento agli standard, non può
essere superiore a quattro anni dalla data di entrata in vigore del regolamento
regionale di cui all’articolo 64. Tale termine è prorogato di un ulteriore anno
dopo la scadenza di cui sopra esclusivamente per le strutture e i servizi per i
quali entro il 6 febbraio 2011 si dichiari al Comune competente, con la
necessaria documentazione a supporto, l’avvenuto avvio delle procedure per la
realizzazione dei lavori di adeguamento ovvero l’avvenuta candidatura del
progetto definitivo di adeguamento nell’ambito di una delle procedure regionali
attivate per la concessione di finanziamenti a valere su fondi regionali,
nazionali e comunitari per l’infrastrutturazione sociale e socio sanitaria del
territorio pugliese. (58)
8-bis. Con apposito
provvedimento della Giunta regionale sono definite le direttive ai Comuni per le
procedure e la modulistica necessarie per formulare la richiesta di proroga
dell’autorizzazione provvisoria da parte del soggetto titolare della stessa, ove
ricorrano i casi di cui al comma 8. (59)
9. Decorso il termine di
validità dell’autorizzazione provvisoria, in assenza di adeguamento ai requisiti
di legge e di regolamento regionale, il comune provvede ad adottare apposito
atto di revoca dell’autorizzazione provvisoria al funzionamento. (60)
10. [Per le
strutture di cui all'articolo 42, comma 4, e all'articolo 43, comma 5,
l'assegnazione della quota di spesa di parte sanitaria, successivamente
all'autorizzazione al funzionamento di cui al presente articolo, è subordinata
alla ricognizione del fabbisogno di cui all'articolo 8
della legge
regionale 9 agosto 2006, n. 26 (Interventi in materia sanitaria), così come
integrato dall'articolo 3, comma 39, della legge regionale 31 dicembre 2007, n.
40] . (61)
11. Restano ferme le
disposizioni adottate in attuazione della legge 18 febbraio 1999, n. 45
(Disposizioni per il Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga e in
materia di personale dei Servizi per le tossicodipendenze), in materia di
strutture e servizi destinati al recupero e alla riabilitazione dalla
tossicodipendenza.
(56) Comma così
sostituito dall’art. 10,
comma 1, lettera a), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7. Il testo originario era così formulato: «1. Le
strutture e i servizi socio-assistenziali sono autorizzati dai Comuni competenti
per territorio in conformità delle disposizioni di cui alla presente legge e del
regolamento regionale di cui all'articolo 64.».
(57) Comma così
sostituito dall’art. 48,
comma 1, lettera a), L.R.
25 febbraio 2010, n. 4. Il testo originario era così formulato: «2. Il
provvedimento di autorizzazione individua la denominazione e l'ubicazione della
struttura, la sede legale e amministrativa del soggetto proprietario e/o
gestore, il legale rappresentante, i servizi socio-assistenziali e
socio-sanitari erogati, la ricettività, la natura pubblica o privata.».
(58) Il presente comma,
già sostituito dall’art. 48,
comma 1, lettera c), L.R.
25 febbraio 2010, n. 4, è stato poi nuovamente così sostituito dall’art. 20,
comma 1, lettera a), L.R.
31 dicembre 2010, n. 19. Il testo precedente era così formulato: «8. In ogni
caso il termine di cui ai commi 5 e 7, da definirsi da parte dei comuni in
relazione all’entità e all’impegno finanziario richiesto, non può essere
superiore a quattro anni dalla data di entrata in vigore del regolamento
regionale di cui all’articolo 64.». Per la deroga vedi la l.r.
38/2011, art. 42, la l.r.
n. 7/2013, art. 9 e lal.r.
n. 14/2015, art. 4 che ha così disposto: 1.
In deroga a quanto previsto dall’articolo 1 della legge regionale 18 aprile
2014, n. 18 (Norme urgenti in materia di autorizzazione al funzionamento di
strutture socio assistenziali), per il conseguimento dell’autorizzazione
definitiva al funzionamento per le strutture e i servizi in possesso di
autorizzazione provvisoria di cui all’articolo 49 della l.r. n. 19/2006
(Disciplina del sistema integrato dei servizi sociali per la dignità e il
benessere delle donne e degli uomini in Puglia), il termine ultimo è differito a
conclusione dei lavori, e comunque non oltre il 31 dicembre 2015, per tutte le
strutture e i servizi che rispettino le seguenti condizioni:
a) abbiano già
ottenuto, con provvedimento espresso del comune competente, la proroga
dell’autorizzazione provvisoria, nell’anno precedente;
b) dimostrino di
avere avviato il cantiere di esecuzione dei lavori di adeguamento entro il 6
febbraio 2015;
c) presentino apposita istanza corredata da crono-programma
di attuazione dei lavori di adeguamento, a seguito della cui istruttoria i
comuni adottano provvedimento espresso di proroga della autorizzazione
provvisoria.
(59) Comma aggiunto dall’art. 20,
comma 1, lettera b), L.R.
31 dicembre 2010, n. 19.
(60) Comma così
sostituito dall’art. 48,
comma 1, lettera c), L.R.
25 febbraio 2010, n. 4 (vedi anche il comma 2 del medesimo articolo). Il
testo originario era così formulato: «9. Decorso il termine di validità
dell'autorizzazione provvisoria, in assenza di adeguamento ai requisiti di legge
e di regolamento regionale, la stessa decade automaticamente.».
(61) Comma così
sostituito dall'art. 1,
L.R.
9 marzo 2009, n. 1, poi abrogato dall’art. 10,
comma 1, lettera b), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7. Il testo originario era così formulato: «10. Per le
strutture di cui all'articolo 42, comma 4 e all'articolo 43, comma 5, la
verifica di compatibilità prescritta dall'articolo 8-ter del comma 3 del D.Lgs.
n. 502/1992 è effettuata dalla Giunta regionale, su proposta dell'Assessore
regionale ai servizi sociali, in relazione agli obiettivi del Piano regionale
socio-assistenziale e del Piano regionale socio-sanitario.».
Art. 50
Requisiti minimi per l'autorizzazione
1. Le strutture soggette ad autorizzazione, oltre a rispettare
i requisiti prescritti dalle norme di carattere generale e, in particolare,
dalle disposizioni in materia di urbanistica, di edilizia, di prevenzione
incendi, di igiene e sicurezza, di contratti di lavoro, devono possedere i
requisiti minimi previsti dalla presente legge e dal regolamento regionale di
cui all'articolo 64.
2. Nelle more dell'approvazione del regolamento regionale si
applicano i requisiti previsti dalla presente legge, dal D.M. n. 308/2001 del
Ministro per la solidarietà sociale e, in quanto compatibili, dalla L.R.
n. 49/1981, dal Reg.
n. 1/1983 e dal Reg.
n. 1/1993.
Art. 51
Comunicazione avvio attività (62)
1. In deroga a quanto disposto all'articolo 63,
i servizi di cui al comma 1 dell'articolo 46, a eccezione di quelli previsti
dalle lettere a) ed e), possono essere erogati, previa comunicazione di avvio
dell'attività da parte del titolare e/o gestore che attesti il possesso di tutti
i requisiti previsti dal regolamento di cui all'articolo 64, presentata con le
modalità stabilite dallo stesso regolamento.
2. A seguito della comunicazione di avvio
dell'attività, il comune competente per territorio, espletati i dovuti
accertamenti entro trenta giorni, provvede ad autorizzare il servizio al
funzionamento, ai sensi dell'articolo 49, ovvero ne dispone la cessazione
qualora sia accertata la difformità rispetto agli standard qualitativi disposti
dallo stesso regolamento. Qualora il comune non provveda nel termine sopra
indicato a eseguire i dovuti accertamenti, è fatto salvo il principio di cui al
comma 3 dell'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in
materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi) e s.m.i.
(62) Articolo così sostituito
dall’art.10,
comma 1, lettera c), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7 . Il testo originario era così formulato: «Art. 51.
Comunicazione avvio attività. 1. I servizi di cui all'articolo 46, comma 1, a
eccezione di quelli previsti dalla lettera a), sono automaticamente autorizzati
con la comunicazione di avvio dell'attività da parte del titolare in conformità
delle modalità stabilite dalla presente legge.».
Art. 52
Permanenza dei requisiti di autorizzazione
1. Il Comune che ha rilasciato l'autorizzazione
al funzionamento vigila sulla permanenza dei requisiti necessari all'esercizio
delle attività autorizzate, così come definiti dalla presente legge e dal
regolamento di attuazione di cui all'articolo 64. A tal fine effettua,
annualmente, visite ispettive in loco e acquisisce una dichiarazione resa in
autocertificazione con la quale i titolari delle strutture e dei servizi
autorizzati al funzionamento attestano che non vi sono state modifiche circa i
requisiti strutturali, organizzativi e funzionali alla base dell'autorizzazione
al funzionamento. (63)
2. La Regione riconosce la certificazione di
qualità conseguita e rinnovata periodicamente dalle strutture e dai servizi
socio-assistenziali quale strumento essenziale per la crescita delle
organizzazioni e il mantenimento della qualità dei servizi . (64)
3. [I requisiti e le modalità
d'iscrizione all'Albo degli organismi di controllo, la validità e le
caratteristiche dei controlli sono definiti dal regolamento regionale, che deve
stabilire:
a) i requisiti di qualità per
la gestione dei servizi e per l'erogazione delle prestazioni;
b) gli indici oggettivi di
qualità;
c) i casi che determinano la
cancellazione dall'Albo degli organismi di controllo;
d) la periodicità della
certificazione] . (65)
(63) Comma così sostituito dall’art. 10,
comma 1, lettera d), n. 1), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7. Il testo originario era così formulato: «1. La
permanenza dei requisiti per l'esercizio delle attività autorizzate ai sensi
della presente legge è garantita dai titolari delle strutture e dei servizi
socio-assistenziali a mezzo di autocertificazione da presentare con cadenza
annuale al Comune che ha rilasciato l'autorizzazione e che è competente per la
vigilanza sulle strutture autorizzate. La Regione, in accordo e in
collaborazione con i Comuni, svolge azioni periodiche di verifica e controllo,
anche con visite ispettive in loco da realizzare a campione, per le quali può
avvalersi di organismi di controllo, da individuare secondo i criteri definiti
nel regolamento regionale di cui all'articolo 64.».
(64) Comma così
modificato dall’art. 10,
comma 1, lettera d), n. 2), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7.
(65) Comma abrogato
dall’art. 10
comma 1, lettera d), n. 3), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7.
Art. 53
Registri.
1. Presso il Settore sistema integrato servizi sociali della
Regione sono istituiti i seguenti registri regionali articolati per provincia:
a) registro delle strutture e dei servizi autorizzati
all'esercizio delle attività socio-assistenziali destinate ai minori;
b) registro delle strutture e dei servizi autorizzati
all'esercizio delle attività socio-assistenziali destinate ai disabili;
c) registro delle strutture e dei servizi autorizzati
all'esercizio delle attività socio-assistenziali destinate agli anziani;
d) registro delle strutture e dei servizi autorizzati
all'esercizio delle attività socio-assistenziali destinate alle persone con
problematiche psico-sociali;
e) registro delle strutture e dei servizi autorizzati
all'esercizio delle attività socio-assistenziali destinate agli adulti con
problematiche sociali;
e-bis) registro dei servizi autorizzati come sportelli
sociali, sportelli per l'integrazione socio-sanitaria-culturale degli
immigrati, centri di ascolto per le famiglie e servizi a sostegno della
genitorialità. (66)
2. I registri, in forma cartacea e/o informatica, contengono in
ordine cronologico d'iscrizione la denominazione e l'ubicazione della struttura,
la sede legale e amministrativa del soggetto proprietario e/o gestore, il legale
rappresentante, i servizi socio-assistenziali e socio-sanitari erogati, la
ricettività, gli estremi dei provvedimenti concernenti l'autorizzazione al
funzionamento e l'iscrizione al registro, la natura pubblica o privata.
3. I Comuni, entro quindici giorni dall'adozione, trasmettono
all'Assessorato regionale ai servizi sociali, ai fini dell'esercizio delle
competenze regionali, i provvedimenti concernenti le autorizzazioni al
funzionamento, le relative modifiche e le revoche previste dalla presente legge
e dal regolamento regionale di cui all'articolo 64.
4. Il dirigente del Settore sistema integrato servizi sociali
della Regione, entro trenta giorni dalla data di ricevimento del provvedimento
del Comune, dispone, in conformità del regolamento regionale, l'iscrizione, le
modifiche e le revoche nei rispettivi registri.
5. Nel caso di non conformità del provvedimento del Comune alle
disposizioni vigenti, il dirigente del Settore Sistema integrato servizi
sociali, con motivato atto di diniego, restituisce il provvedimento al Comune.
6. L’iscrizione nei registri è condizione necessaria per
stipulare convenzioni con gli enti pubblici, nonché per accedere
all’accreditamento di cui all’articolo 54 e comporta l’obbligo per i soggetti
gestori di indicare nella denominazione sociale e in tutte le forme di
pubblicità gli estremi di iscrizione nei registri regionali . (67)
7. La pubblicità delle strutture e dei servizi iscritti nei
registri regionali è assicurata attraverso la piattaforma informatica dedicata,
accessibile "on line", con aggiornamento costante.L'elenco delle strutture e dei
servizi autorizzati al funzionamento al 31 dicembre di ciascun anno è
predisposto dal competente Servizio regionale e reso disponibile "on line" entro
il 31 gennaio dell'anno successivo. (68)
8. Sono fatte salve le iscrizioni ai registri istituzioni ai
sensi dell'articolo 32 della L.R.
n. 17/2003, che si intendono valide ed efficaci ai sensi del presente
articolo, con i relativi progressivi numerici. La numerazione dei nuovi servizi
e delle nuove strutture da iscrivere ai registri progredirà da questi ultimi.
(66) Lettera aggiunta dall'art. 2,
L.R.
9 marzo 2009, n. 1.
(67) Comma così sostituito dall’art.50,
L.R.
25 febbraio 2010, n. 4. Il testo originario era così formulato: «6.
L'iscrizione nel registro determina la legittimità all'esercizio delle attività
delle strutture e dei servizi autorizzati e comporta l'obbligo per i soggetti
gestori di indicare nella denominazione sociale e in tutte le forme di
pubblicità gli estremi d'iscrizione nei registri regionali.».
(68) Comma così sostituito dall’art. 10,
comma 1, lettera e), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7 . Il testo originario era così formulato: «7. Con
provvedimento del dirigente del Settore sistema integrato servizi sociali è
disposta la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione, con
riferimento al 31 dicembre di ogni anno, delle strutture iscritte nei registri e
negli albi regionali di cui alla presente legge.».
Art. 54
Accreditamento.
1. L'accreditamento risponde al fine di
promuovere la qualità del sistema integrato d'interventi, garantire
l'appropriatezza delle prestazioni e favorire la pluralità dell'offerta dei
servizi assicurati mediante titoli d'acquisto. (69)
2. L'accreditamento è la procedura attraverso la
quale l'ente pubblico, per particolari tipologie di strutture e servizi,
richiede il possesso di requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti per il
rilascio dell'autorizzazione al funzionamento, secondo i criteri e le procedure
che sono definite nel regolamento regionale di cui all'articolo 64. (70)
3. Il regolamento regionale di cui all'articolo
64 determina i requisiti e le modalità per l'accreditamento delle strutture e
dei soggetti erogatori dei servizi disciplinati dalla presente legge, le
procedure per la costituzione dell'elenco nonché i criteri per la definizione
delle tariffe da corrispondere ai soggetti accreditati da parte dei Comuni.
4. L'accreditamento ha validità su tutto il
territorio regionale e attribuisce ai soggetti pubblici e privati l'idoneità a
erogare prestazioni sociali e sociosanitarie a fronte di titoli di acquisto
rilasciati dai Comuni agli aventi diritto. (71)
(69) Comma così sostituito dall’art. 11,
comma 1, lettera a), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7. Il testo originario era così formulato: «1. Gli enti
pubblici possono instaurare rapporti con i soggetti erogatori dei servizi
socio-assistenziali a condizione che le strutture risultino
accreditate.».
(70) Comma così
sostituito dall’art. 11,
comma 1, lettera b), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7. Il testo originario era così formulato: «2.
L'accreditamento, in particolare, è condizione essenziale per i soggetti
erogatori per: a) instaurare rapporti economici al fine
dell'erogazione delle prestazioni a carico degli enti pubblici; b) partecipare all'istruttoria pubblica; c)
partecipare all'attuazione dei piani di zona.».
(71) Comma così
sostituito dall’art. 11,
comma 1, lettera c), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7. Il testo originario era così formulato: «4.
L'accreditamento ha validità su tutto il territorio regionale e riguarda i
servizi gestiti da enti pubblici e da soggetti privati.».
Art. 55
Affidamento dei servizi.
1. Gli enti pubblici affidano i servizi previsti dalla presente
legge con procedure di evidenza pubblica secondo modalità tali da permettere il
confronto tra più soggetti e più offerte, valorizzando prioritariamente
l'apporto progettuale e gli elementi di conoscenza del territorio in cui tali
soggetti operano, nonché fissando un prezzo base che sia compatibile con
l'applicazione dei contratti collettivi per determinare la remunerazione delle
risorse umane impiegate.
2. Il regolamento regionale di cui all'articolo 64 fissa:
a) i requisiti generali per la partecipazione;
b) i criteri per la valutazione della qualità dell'offerta
secondo il metodo della proposta economicamente più vantaggiosa sulla base
della qualità e del prezzo, attribuendo al fattore prezzo un punteggio non
superiore al 40 per cento del punteggio complessivo;
c) l'obbligo del rispetto dei trattamenti economici previsti
dalla contrattazione collettiva di comparto e dagli accordi firmati dalle
principali centrali cooperative giuridicamente riconosciute e dalle norme di
previdenza e assistenza;
d) l'obbligo del rispetto delle disposizioni normative
regionali, nazionali e comunitarie vigenti per l'affidamento dei servizi
pubblici;
e) le forme e le modalità per la verifica periodica degli
adempimenti contrattuali e per i provvedimenti da adottare in caso
d'inadempimento, da parte dei gestori ovvero dei soggetti committenti.
Art. 56
Coprogettazione di interventi innovativi e sperimentali.
1. Gli enti locali, per affrontare specifiche problematiche
sociali e per promuovere forme sperimentali di intervento sul proprio
territorio, possono indire istruttorie pubbliche per la coprogettazione degli
interventi, a cui partecipano i soggetti di cui al comma 3 dell'articolo 19,
che, secondo quanto previsto al comma 4 dell'articolo 19 e nel rispetto della
disciplina statale e comunitaria vigente, possono svolgere attività di gestione
dei servizi e quelli che possono concorrere alla realizzazione degli interventi
mediante il riconoscimento degli oneri sostenuti, tutti individuati per essere
operanti sul territorio oggetto dell'intervento.
2. L'istruttoria pubblica raccoglie le proposte e i contributi
progettuali dei soggetti partecipanti e si conclude con la definizione di
progetti innovativi e sperimentali, per i quali gli enti locali definiscono
forme e modalità di collaborazione di tutti i soggetti che hanno dichiarato la
rispettiva disponibilità a collaborare.
3. Il regolamento regionale di cui all'articolo 64 definisce i
criteri in base ai quali i Comuni valutano il ricorso all'istruttoria pubblica,
le modalità di esperimento di tale istruttoria, i criteri di valutazione dei
soggetti che partecipano alla progettazione e delle proposte progettuali.
Art. 57
Formazione delle professioni sociali.
1. La formazione degli operatori costituisce strumento per
la promozione della qualità ed efficacia degli interventi e dei servizi del
sistema integrato, per l'integrazione professionale e per lo sviluppo
dell'innovazione organizzativa e gestionale.
2. La Regione, con apposito regolamento regionale, da adottare
entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa
concertazione con le organizzazioni sindacali, gli ordini e le associazioni
professionali, i rappresentanti dei soggetti privati e del privato sociale
gestori dei servizi, riconosce le figure e le professioni sociali aggiuntive
rispetto a quelle già definite a livello nazionale e nelle more
dell'individuazione a livello nazionale dei nuovi profili professionali sociali,
come previsti dall'articolo 12 della L. n. 328/2000. La Regione individua,
inoltre, per quanto di competenza, i criteri per l'accesso ai percorsi di
formazione scolastica e professionale e/o universitaria, nonché i criteri per il
riconoscimento delle competenze acquisite mediante precedenti esperienze
professionali e/o formative.
3. La Regione e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive
competenze e delle procedure previste dalla normativa regionale, valorizzano lo
sviluppo delle professionalità degli operatori sociali e ne sostengono la
formazione continua, a ciò destinando risorse finalizzate a valere su fondi
comunitari, nazionali e regionali.
Art. 57-bis. (72)
Standard formativi e profili professionali sociali
1. E’ definito con apposito regolamento da emanarsi entro novanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il contenuto
professionale dei servizi socio assistenziali, socio educativi e sociosanitari e
i relativi standard formativi, in coerenza con le modalità e i criteri definiti
nel repertorio regionale dei profili professionali.
TITOLO V
Accesso e partecipazione degli utenti
Art. 58
Carta dei servizi.
1. Al fine di garantire la trasparenza delle azioni dei gestori
dei servizi e la tutela degli utenti, nonché la qualità dei servizi, i soggetti
erogatori sono tenuti ad adottare la Carta dei servizi, ispirata ai principi
fondamentali che regolano l'erogazione dei servizi pubblici a livello nazionale
e comunitario.
2. I soggetti erogatori definiscono una propria Carta dei
servizi che contenga almeno i seguenti elementi:
a) tipologia delle prestazioni;
b) tariffa per ciascuna prestazione;
c) partecipazione/compartecipazione alla spesa da parte degli
utenti;
d) modalità d'informazione sui servizi;
e) modalità di rilevazione periodica della qualità erogata e
percepita dei servizi, nonché di partecipazione degli utenti al controllo
della qualità dei servizi e alla vita comunitaria;
f) modalità per i ricorsi da parte degli utenti nei confronti
dei responsabili dei servizi;
g) informazione sul regolamento interno;
h) standard generali e specifici di qualità dei servizi.
3. L'adozione della Carta dei servizi è requisito
indispensabile per l'accreditamento di cui all'articolo 54.
Art. 59
Modalità di accesso ai servizi.
1. L'accesso ai servizi è organizzato in modo da garantire agli
utenti pari opportunità di fruizione, orientamento e diritto di scelta.
L'accesso ai servizi è garantito dai Comuni mediante i servizi di segretariato
sociale, anche articolato in sportelli sociali sul territorio e il servizio
sociale professionale, che concorrono alla realizzazione delle seguenti azioni:
a) organizzazione della porta unica di accesso, quale rete
dei punti di accesso al sistema dei servizi, con uniformità di procedure di
accesso ai servizi;
b) informazione continua e diffusa sull'offerta dei servizi,
le condizioni di accesso e i relativi costi;
c) orientamento e accompagnamento all'accesso ai servizi;
d) trasparenza nella gestione dei tempi di attesa;
e) monitoraggio continuo delle domande sociali espresse e del
grado di soddisfazione dell'utenza.
2. Per l'accesso ai servizi sociali e socio-sanitari, i Comuni
e le AUSL, per quanto di propria competenza, effettuano in modo integrato una
valutazione del bisogno complessivo della persona e, quando possibile, del suo
nucleo familiare, al fine di definire risposte complessive, uniche e
personalizzate. La valutazione del bisogno è condizione necessaria per accedere
ai servizi a titolo gratuito o con concorso parziale alla spesa, nonché per
fruire del titolo per l'acquisto di servizi.
3. La valutazione del bisogno si conclude con la
predisposizione di un progetto personalizzato, concordato con la persona e la
sua famiglia, che indichi la natura del bisogno, la complessità e l'intensità
dell'intervento, la sua durata, le fasi di verifica del percorso di cura, i
relativi costi, il soggetto responsabile della gestione del caso.
4. La Regione promuove la costituzione in ogni ambito
territoriale o distretto socio-sanitario la costituzione di unità di valutazione
multidimensionali, composte da professionalità diverse e in rappresentanza dei
Comuni e della AUSL, al fine di consentire l'adeguata valutazione del bisogno
preventivamente alla presa in carico delle persone. A tal fine la Giunta
regionale predispone apposite linee-guida operative e promuove appositi
programmi di assistenza formativa e tecnica per le strutture e gli operatori
sociali e sanitari interessati dall'attivazione delle unità di valutazione
multidimensionale.
Art. 60
Tutela degli utenti.
1. Gli organismi di rappresentanza dei cittadini e degli utenti
e le organizzazioni sindacali partecipano al controllo della qualità dei servizi
e della conformità degli stessi alla Carta dei servizi di cui all'articolo 58.
2. I soggetti erogatori degli interventi e dei servizi
socio-assistenziali individuano gli strumenti per la partecipazione al controllo
di cui al comma 1.
3. L'individuazione degli strumenti di cui al comma 2 è
requisito preliminare ed essenziale per l'accreditamento di cui all'articolo 54.
4. [È istituito l'Ufficio
regionale di tutela degli utenti, di cui l'apposito regolamento regionale, da
approvare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, disciplina le funzioni, i compiti, le modalità di funzionamento,
nonchè le procedure amministrative e le modalità per la presentazione dei
reclami da parte degli utenti e degli organismi di cui al comma 1] .
(73)
TITOLO VI
Norme finali
Art. 61
Vigilanza.
1. Il Comune competente per territorio esercita l'attività di
vigilanza sulle strutture e sui servizi socio-assistenziali disciplinati dalla
presente legge avvalendosi, per gli aspetti di natura sanitaria, dei servizi
dell'AUSL competente per territorio in conformità delle modalità stabilite dal
regolamento regionale di cui all'articolo 64.
Art. 62
Verifica e potere sostitutivo.
1. Il regolamento di cui all'articolo 64 disciplina l'attività
di verifica regionale per il controllo dell'efficacia e dell'efficienza dei
servizi sul territorio definendo termini e modalità di sospensione o revoca
dell'autorizzazione all'esercizio dei servizi nei casi d'inosservanza degli
indici oggettivi di qualità e dei requisiti strutturali e assistenziali, nonché
di violazione delle leggi e dei regolamenti, del Contratto collettivo nazionale
di lavoro (CCNL) di comparto e della regolarità contributiva e previdenziale.
2. Il regolamento, nell'ambito dell'attività di verifica
regionale, stabilisce i criteri per l'individuazione degli organismi di
controllo di cui la Regione può avvalersi.
3. Lo stesso regolamento disciplina le modalità di esercizio
del potere sostituivo della Regione nei casi d'inosservanza della presente legge
da parte dei Comuni prevedendo, in ogni caso e salvo casi urgenti, il preavviso
e la fissazione del termine, non inferiore a quindici giorni, entro cui le
amministrazioni comunali devono provvedere.
Art. 63
Sanzioni.
1. Chiunque apra, ampli, trasformi o gestisca una struttura
socio-assistenziale o eroghi un servizio di cui all'articolo 46 senza aver
ottenuto la preventiva autorizzazione al funzionamento, ovvero averne dato
comunicazione, è punito con la sanzione amministrativa da euro 2 mila a euro 10
mila. L'apertura, l'ampliamento, la trasformazione o la gestione di una
struttura socio-assistenziale o l'erogazione di un servizio di cui all'articolo
46, comma 1, senza l'acquisizione della prevista autorizzazione al funzionamento
comportano inoltre la chiusura dell'attività disposta con provvedimento del
Comune competente, che adotta le misure necessarie per tutelare gli utenti.
2. Il gestore di struttura che, in possesso di autorizzazione
al funzionamento, supera la capacità ricettiva massima autorizzata, viene
diffidato dal Comune a rientrare nei limiti entro un termine fissato; qualora
detta infrazione viene rilevata una seconda volta, il soggetto gestore è punito
con la sanzione amministrativa di euro 2 mila per ogni posto che supera la
capacità ricettiva autorizzata. In caso di recidiva, il Comune può disporre la
sospensione o la revoca dell'autorizzazione al funzionamento.
3. L'inosservanza dell'obbligo di indicare nella denominazione
sociale e in tutte le forme di pubblicità gli estremi d'iscrizione nei registri
regionali, prescritto dal comma 6 dell'articolo 53, comporta l'applicazione
della sanzione amministrativa di euro 2 mila 500 e, in caso di recidiva, il
Comune può disporre la sospensione o la revoca dell'autorizzazione al
funzionamento.
4. Il Comune può inoltre disporre la revoca o la sospensione
dell'autorizzazione al funzionamento, in relazione alla gravità della
violazione, qualora accerti il venir meno dei presupposti che hanno dato luogo
al suo rilascio. Il provvedimento di revoca o sospensione deve indicare gli
adempimenti da porre in essere e la documentazione da produrre per riprendere
l'attività.
5. La decisione del gestore di interrompere o sospendere
l'attività autorizzata di cui all'articolo 46 deve essere preventivamente
comunicata al Comune che ha rilasciato l'autorizzazione. In caso d'inosservanza
si applica la sanzione amministrativa da euro mille ad euro 3 mila.
6. L'accertamento, la contestazione e la notifica della
violazione, nonché l'introito dei proventi, sono di competenza del Comune.
7. L'introito dei proventi è esclusivamente destinato a
rifinanziare le politiche sociali, con l'apertura di apposito capitolo.
Art. 64
Regolamento (74)
1. La Giunta regionale approva il regolamento regionale entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita
la Conferenza Regione-Autonomie locali e previa concertazione con le
organizzazioni sindacali e con le principali rappresentanze dei soggetti di cui
all'articolo 4, comma 2, lettera c).
2. Nelle more dell'approvazione del regolamento continuano ad
applicarsi le disposizioni vigenti in quanto compatibili con la presente legge.
(74) Vedi, al riguardo, il Reg.
18 gennaio 2007, n. 4.
Art. 65
Commissione regionale per le politiche sociali.
1. È istituita, presso l'Assessorato regionale ai servizi
sociali, la Commissione regionale per le politiche sociali costituita da:
a) l'Assessore regionale ai servizi sociali - Presidente;
b) il Presidente della Commissione sanità e servizi sociali
del Consiglio regionale, o un suo delegato;
c) un componente, esperto in materia, designato dal Dirigente
scolastico regionale;
d) un componente per ogni provincia, esperto in materia, in
rappresentanza dei Comuni, designati dall'Associazione nazionale comuni
italiani (ANCI) di Puglia;
e) un componente, esperto in materia, designato dall'Unione
province italiane (UPI) di Puglia;
f) un componente, esperto in materia, designato dal Direttore
del Centro di giustizia minorile per la Puglia;
g) un componente, esperto in materia, nominato dai Presidenti
dei Tribunali per i minorenni della Puglia;
h) un componente, esperto in materia, nominato tra i
rappresentanti delle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro
regionale;
i) un componente, esperto in materia, nominato dalle
principali centrali cooperative a livello regionale, da individuarsi tra
quanti operano nell'ambito di cooperative sociali iscritte nell'Albo
regionale;
j) un rappresentante della Commissione regionale per le pari
opportunità;
k) un componente, esperto nella materia delle Istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza;
l) un componente, esperto in materia, nominato dall'Ordine
degli assistenti sociali di Puglia;
m) un componente, esperto in materia, nominato dall'Ordine
degli psicologi di Puglia;
n) un componente, esperto in materia, nominato dalla Società
italiana dei sociologi;
o) un componente, esperto in materia, nominato
dall'Associazione nazionale educatori professionali;
p) un componente, esperto in materia, nominato dalla
Federazione italiana pedagogisti (FIPED);
q) un componente, esperto in materia, nominato
dall'Associazione nazionale dei pedagogisti italiani (ANPE);
r) un componente, esperto in materia, nominato da ciascuna
Confederazione sindacale nazionale più rappresentativa a livello nazionale;
s) un componente, esperto in materia, nominato da ciascuna
organizzazione sindacale dei pensionati del lavoro più rappresentativa a
livello nazionale;
t) un componente, esperto in materia, nominato tra i
rappresentanti delle organizzazioni operanti a livello nazionale e regionale
per i diversamente abili;
u) tre membri, esperti in materia, nominati dalla Giunta
regionale;
v) il dirigente del Settore programmazione sociale e
integrazione socio-sanitaria della Regione;
w) il dirigente del Settore sistema integrato servizi sociali
della Regione;
x) il dirigente del Settore programmazione sanitaria della
Regione;
y) il dirigente del Settore diritto allo studio della
Regione;
z) il dirigente del Settore formazione professionale della
Regione;
aa) il dirigente del Settore lavoro e cooperazione della
Regione;
ab) il dirigente del Settore urbanistica della Regione;
ac) il dirigente del Settore politiche migratorie della
Regione.
2. La Commissione è costituita con decreto del Presidente della
Giunta regionale. La mancata designazione di uno o più componenti non è motivo
ostativo al suo funzionamento e il mandato coincide con quello del Consiglio
regionale.
3. Le funzioni di Segretario della Commissione sono svolte da
un dipendente regionale designato dal Dirigente del Settore programmazione
sociale.
4. La Commissione ha funzione consultiva e propositiva
nell'area delle problematiche relative alle tematiche sociali ed educative a
sostegno dell'azione della Regione. Essa è convocata dal Presidente non meno di
due volte l'anno, è validamente costituita con la presenza di almeno la
maggioranza assoluta dei componenti e decide a maggioranza dei presenti.
5. La Commissione per il suo funzionamento approva un proprio
regolamento e per lo svolgimento dell'attività può articolarsi in
sottocommissioni. È costituita come sottocommissione obbligatoria e autonoma
quella dedicata alla tematica minorile. È costituita, inoltre, la
sottocommissione delle Autonomie locali per la verifica periodica del sistema
integrato dei servizi sociali e per la valutazione delle politiche pubbliche
regionali per l'inclusione sociale.
Art. 66
Conferenza regionale delle politiche sociali.
1. È istituita la Conferenza regionale delle politiche sociali,
organizzata con cadenza almeno biennale, aperta alla partecipazione di tutti gli
operatori pubblici e privati di cui all'articolo 1 e all'articolo 19, per
discutere sullo stato di attuazione del sistema integrato d'interventi e servizi
sociali e socio-sanitari sul territorio regionale e per elaborare, in modo
allargato e partecipato, gli indirizzi per la programmazione sociale regionale.
2. Le risorse umane, finanziarie e strumentali per il supporto
organizzativo all'attività della Commissione, nonché per la realizzazione della
Conferenza regionale delle politiche sociali, sono definite con direttiva della
Giunta regionale, su proposta dell'Assessore ai servizi sociali.
Art. 67
Fondi regionali per l'attuazione del sistema integrato
socio-assistenziale (75)
1. Il Fondo globale per i servizi socio-assistenziali,
istituito con legge
regionale 17 aprile 1990, n. 11(Disposizioni sostitutive e integrative della
legge
regionale 4 ottobre 1989, n. 14), è ripartito tra i Comuni con le modalità e
le priorità definite dal Piano regionale socio-assistenziale, quale concorso
regionale alla realizzazione del sistema integrato socio-assistenziale, fatta
salva la riserva di risorse di cui al comma 3 e la riserva delle somme dovute ai
Comuni ai sensi dell'articolo 11,
comma 3, della L.R.
n. 11/1990. Il Fondo globale per i servizi socio-assistenziali spettante ai
Comuni viene ripartito sulla base dei parametri individuati nello stesso Piano
regionale socio-assistenziale. (76)
2. Le quote del Fondo nazionale per le politiche sociali, di
cui alla L. n. 328/2000, attribuite alla Regione confluiscono in apposito
capitolo di entrata e di spesa vincolata e sono utilizzate per la realizzazione
degli obiettivi fissati dal Piano regionale socio-assistenziale.
3. Per sostenere gli oneri derivanti dall'attuazione della
riforma prevista dalla L. n. 328/2000, ivi comprese le attività di comunicazione
sociale e di potenziamento e diffusione di buone pratiche, è posta a
disposizione del Settore sistema integrato dei servizi sociali e del Settore
programmazione sociale e integrazione socio-sanitaria della Regione, una quota
non superiore al 3 per cento delle risorse assegnate del Fondo nazionale per le
politiche sociali e una quota non superiore al 5 per cento delle risorse del
Fondo globale per i servizi socio-assistenziali, di cui al comma 1.
3-bis. Per sostenere gli oneri connessi al finanziamento per i
comuni degli interventi in materia di eliminazione delle barriere
architettoniche negli edifici privati di cui agli articoli 10 e 11, come
modificato, quest’ultimo, dall’articolo 3 della legge 27 febbraio 1989, n. 62,
della legge 9 gennaio 1989, n. 13 (Disposizioni per favorire il superamento e
l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati), per
l’annualità 2010 del bilancio di previsione è posta a disposizione del Servizio
programmazione sociale e integrazione sociosanitaria della Regione una quota
pari a euro 2 milioni a valere sul fondo globale per i servizi
socio-assistenziali di cui al comma 1. La suddetta somma concorre alla spesa per
l’erogazione di contributi da parte dei comuni per le domande riferite alle
annualità 2005, 2006 e 2007, a integrazione di quanto già erogato per effetto
della Delib.G.R. 13 maggio 2009, n. 812 (L. 13/1989 - Stanziamento risorse FNPS
per assegnazione ai comuni per le annualità 2005-2007) (77) .
4. I Comuni, singoli o associati, possono destinare agli oneri
di cui al comma 3 una percentuale non superiore al 2 per cento delle risorse
finanziarie assegnate dalla Regione ai sensi dei commi 1 e 2.
5. Per sostenere gli oneri derivanti dall'attuazione degli
interventi di cui al comma 2 dell'articolo 22, dal comma 5 dell'articolo 14, dal
comma 1, lettera i), dell'articolo 23 e dall'articolo 29 è riservata una quota
pari al 10 per cento del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui
all'articolo 69, comma 1. Il 5 per cento di tale riserva è dedicato al sostegno
dell'associazionismo familiare e delle attività dell'Osservatorio regionale
delle politiche per la famiglia.
(75) Vedi, anche, la Delib.G.R. 31 ottobre 2007, n. 1817. (allegata)
(76) Vedi, anche,
la Delib.G.R. 23 ottobre 2012, n. 2155.
(allegata)
(77) Comma aggiunto dall’art.25,
L.R.
31 dicembre 2009, n. 34.
Art. 68
Disposizioni per il personale adibito ai servizi sociali
d'integrazione scolastica dei portatori di handicap, di cui alla
L.R. n. 16/1987 (78)
1. Fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 6,
comma 1, della legge
regionale 12 luglio 2002, n. 13 (Individuazione degli ambiti territoriali e
disciplina per la gestione associata dei servizi socio-assistenziali), e quelle
ministeriali sulle definizioni delle figure professionali sociali di cui
all'articolo 12 della L. n. 328/2000, i Comuni, singoli o associati, per le
particolari prestazioni d'integrazione e sostegno sociali di cui all'articolo
14, comma 1, all'articolo 16, comma 3, lettera e), e all'articolo 22, comma 2,
lettera f), della L. n. 328/2000, utilizzano, allo scopo di evitare duplicazioni
di esborsi finanziari, gli operatori non sanitari che risultano in servizio al
30 maggio 2006 presso l'AUSL di riferimento ai sensi e per le finalità dellaL.R.
n. 16/1987, a condizione che gli stessi abbiano operato nel regime di
convenzione indiretta con le AUSL, anche non continuativamente, per almeno
ventisette mesi dal 31 dicembre 1999 e sino alla data di entrata in vigore della
presente legge ovvero che siano titolari di una convenzione al 31 ottobre 1998.
2. I Comuni facenti parte del medesimo distretto sanitario o
socio-sanitario attuano il provvedimento di cui al comma 1 entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge associandosi
obbligatoriamente fra di loro allo scopo della gestione ottimale del personale.
L'iniziativa per la costituzione dell'associazione è assunta dal Sindaco del
Comune sede del distretto sanitario o socio-sanitario. Il Presidente
dell'associazione dei Comuni facenti parte del distretto, di cui al primo
periodo del presente comma, ovvero, se non ancora nominato, il Sindaco del
Comune sede del distretto sanitario o socio-sanitario delega all'AUSL, sentiti i
Sindaci degli altri Comuni, lo svolgimento dei servizi sociali di cui al comma
1, assegnando, contestualmente alla delega, le risorse finanziarie necessarie, a
norma dell'articolo 3, comma 3, del D.Lgs. n. n. 502/1992 e successive
modificazioni.
3. Le AUSL, per le attività di diagnosi, cura e riabilitazione
dell'handicap, continuano ad avvalersi, oltre che del personale dipendente, del
personale sanitario in servizio ai sensi della L.R.
n. 16/1987, a condizione che lo stesso sia in possesso dei requisiti
professionali previsti per l'accesso al rapporto di lavoro presso le aziende del
SSN e che abbia operato, anche non continuativamente incluso nel regime di
convenzione indiretta con le AUSL, per almeno ventisette mesi dal 31 ottobre
1998 e sino alla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero che sia
titolare di una convenzione al 31 ottobre 1998 e attualmente in servizio.
4. I rapporti di lavoro del personale di cui ai commi 1 e 3,
con decorrenza dall'applicazione del presente articolo, sono regolati da
contratti di lavoro subordinato, full time, a tempo determinato di durata
annuale, rinnovabili, in rapporto ai finanziamenti a disposizione degli enti e
aziende interessate, e sono regolati dai contratti collettivi di lavoro (CCNL),
rispettivamente, degli enti locali e delle aziende del SSN.
(78) Vedi, anche, la Delib.G.R. 23 settembre 2008, n. 1767 .
(allegata)
Art. 69
Norma finanziaria.
1. Agli oneri derivanti dalla presente legge, per quanto
afferente all'area "Servizi alla persona", si fa fronte con gli stanziamenti di
risorse nazionali di cui al Fondo nazionale per le politiche sociali ex legge n.
328 del 2000 e agli altri fondi vincolati per il finanziamento di interventi
sociali, di risorse regionali come specificate al comma 3 del presente articolo,
nonché di altre risorse comunitarie rivolte al conseguimento di priorità
strategiche per l'inclusione sociale nell'ambito dei programmi di iniziativa
comunitaria, nazionale e regionale.
2. A decorrere dall'anno 2013 le risorse
vincolate del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui al comma 1 sono
allocate sui seguenti capitoli del bilancio annuale:
1) capitolo 784025 "FNPS (L. n. 328/2000) -
Trasferimenti ai Comuni e alle Province per il Piano regionale delle politiche
sociali", unità previsionale di base 5.2.1 "Programmazione sociale e
integrazione";
2) capitolo 784026 "FNPS (L. n. 328/2000) -
Azioni di sistema di iniziativa regionale (articolo 67 comma 3)", unità
previsionale di base 5.1.1 "Interventi regionali in materia di servizi socio
assistenziali";
3) capitolo 785050 "FNPS (L. n. 328/2000) -
Azioni sperimentali e innovative di iniziativa regionale (articolo 18, comma
2)", unità previsionale di base 5.2.1 "Programmazione sociale e
integrazione";
4) capitolo 785040 "FNPS (L. n. 328/2000) -
Osservatorio Regionale delle Politiche Sociali - artt. 13 e 14 della L.R. n.
19/2006", unità previsionale di base 5.2.1 "Programmazione sociale e
integrazione";
5) capitolo 784040 "Spese per interventi in
favore di famiglie e prima infanzia - art. 67 comma 5 della L.R. n. 19/2006",
unità previsionale di base 5.1.1 "Interventi regionali in materia di servizi
socio-assistenziali. (79)
3. A decorrere dall'anno 2013 le risorse autonome previste dalla legge di
bilancio annuale sono allocate sui seguenti capitoli:
1) capitolo 784010 "Fondo globale per i
servizi socio-assistenziali", unità previsionale di base 5.2.1 "Programmazione
sociale e integrazione", al quale confluiscono annualmente le risorse, nella
misura non superiore al 10 per cento del fondo medesimo e comunque non
superiore allo stanziamento previsto nel bilancio 2006, per il concorso al
finanziamento delle spese di funzionamento sostenute dai Comuni per il
funzionamento delle Case di riposo ex ONPI di Bari e San Vito dei Normanni
(Legge n. 649/1968, legge n. 764/1975 e L.R. n. 37/1994), e della Casa di
riposo dei profughi di Bari (L.R. n. 28/1979), da ripartire tra i Comuni
proporzionalmente al numero di ospiti presenti nella struttura alla data del
31 dicembre dell'anno precedente a quello di erogazione dei contributi";
2) capitolo 785000 "Azioni mirate per la non
autosufficienza e le nuove povertà", unità previsionale di base 5.2.1
"Programmazione sociale e integrazione";
3) capitolo 785010 "Fondo per la prima dote
per i nuovi nati fino al trentaseiesimo mese di vita", unità previsionale di
base 5.1.1 "Interventi regionali in materia di servizi
socio-assistenziali";
4) capitolo 785020 "Interventi per la
connettività sociale e l'integrazione scolastica ed extrascolastica dei
disabili", unità previsionale di base 5.2.1 "Programmazione sociale e
integrazione";
5) capitolo 784011 "Sostegno a favore dei
soggetti affetti da dislessia (art. 21 legge bilancio 2010)", unità
previsionale di base 5.2.1 "Programmazione sociale e integrazione". (80)
3-bis. Sono soppressi i trasferimenti alle Aziende sanitarie
locali (ASL) di cui alla legge regionale 21 novembre 1996, n. 25 (Rimborso per
le spese sostenute per interventi di trapianto) e s.m.i., per il rimborso delle
spese di trasporto o di viaggio e di soggiorno per interventi di trapianto
sostenute a partire dall'anno 2013, già erogati a valere sul capitolo 781076 -
UPB 5.1.2. Per il suddetto rimborso i Comuni di residenza hanno la facoltà di
intervenire con contributi economici nei limiti della propria disponibilità
finanziaria . (81)
(79) Comma così sostituito dall’art. 12,
comma 1, lettera a), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7. Il testo originario era così formulato: «2. A
decorrere dall'anno 2006 le risorse vincolate del Fondo nazionale per le
politiche sociali di cui al comma 1 sono allocate sui seguenti capitoli del
bilancio annuale: a) capitolo 784025 "Fondo nazionale politiche sociali. L. n.
328/2000 - Trasferimenti ai Comuni e alle Province per il Piano regionale delle
politiche sociali", unità previsionale di base 7.1 "Sistema integrato servizi
sociali"; b) capitolo 784026 (C.N.I.) "Fondo nazionale politiche sociali. L. n.
328/2000 - Azioni di sistema di iniziativa regionale (articolo 67 comma 3)",
unità previsionale di base 7.3 "Programmazione sociale e integrazione"; c)
capitolo 784027 (C.N.I.) "Fondo nazionale politiche sociali. L. n. 328/2000 -
Azioni sperimentali e innovative di iniziativa regionale (articolo 18, comma
2)", unità previsionale di base 7.3 "Programmazione sociale e integrazione"; d)
capitolo 785010 che è rinominato "Fondo per la prima dote per i nuovi nati fino
al trentaseiesimo mese di vita e servizi per la prima infanzia", unità
previsionale di base 7.3 "Programmazione sociale e integrazione", al quale
confluiscono le risorse della riserva del Fondo nazionale per le politiche
sociali di cui al comma 5 dell'articolo 69.».
(80) Comma così
sostituito dall’art. 12,
comma 1, lettera b), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7. Il testo originario era così formulato: «3. A
decorrere dall'anno 2006 le risorse autonome previste dalla legge di bilancio
annuale sono allocate sui seguenti capitoli: a) capitolo 784010 "Fondo globale
per i servizi socio-assistenziali", unità previsionale di base 7.1 "Sistema
integrato servizi sociali", al quale confluiscono annualmente le risorse, nella
misura non inferiore agli stanziamenti previsti nel bilancio 2003, di cui ai
capitoli 781035 "Spese e/o trasferimenti ai Comuni per il funzionamento Case di
riposo ex ONPI di Bari e San Vito dei Normanni, Centro educativo ex G.I. di
Gallipoli. Legge n. 649/1968, legge n. 764/1975 e L.R.
n. 37/1994", 781075 "Trasferimenti alle AUSL per il rimborso delle spese
sostenute per interventi di trapianto.L.R.
n. 25/1996 e successive modificazioni e integrazioni", 782010 "Spese per la
gestione della Casa di riposo dei profughi di Bari. L.R.
n. 28/1979"; b) capitolo 785000 "Azioni mirate per la non autosufficienza e
le nuove povertà", unità previsionale di base 7.3 "Programmazione sociale e
integrazione"; c) capitolo 785010 "Fondo per la prima dote per i nuovi nati fino
al trentaseiesimo mese di vita", unità previsionale di base 7.3 "Programmazione
sociale e integrazione"; d) capitolo 785020 "Interventi per la connettività
sociale e l'integrazione scolastica ed extrascolastica dei disabili", unità
previsionale di base 7.3 "Programmazione sociale e integrazione".».
(81) Comma aggiunto
dall’art. 12,
comma 1, lettera c), L.R.
6 febbraio 2013, n. 7.
Art. 70
Abrogazioni e disposizioni transitorie.
1. Sono abrogati gli articoli 1,
2,
3,4,6
e 7
- escluso il comma 7 - della L.R.
n. 13/2002 e l'articolo 15
della L.R.
n. 17/1999. 2. Sono abrogati gli articoli 2,
3,
10,
11,
12
della legge
regionale 15 dicembre 2000, n. 26 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi in materia di immigrazione extracomunitaria).
3. Sono abrogati la L.R.
n. 17/2003 e gli articoli 3 e seguenti della legge
regionale 2 aprile 2004, n. 5 (Legge-quadro per la famiglia).
4. È abrogato l'articolo 4
della legge
regionale 11 febbraio 1999, n. 10 (Sviluppo degli interventi in favore
dell'infanzia e dell'adolescenza).
5. Con l'entrata in vigore del regolamento regionale previsto
dalla presente legge sono abrogati:
a) la L.R.
n. 49/1981;
b) il Reg.
n. 1/1983;
c) la legge
regionale 7 settembre 1987, n. 26 (Assegnazioni finanziarie alle USL per
interventi socio-assistenziali collegati all'assistenza psichiatrica);
d) il Reg.
n. 1/1993;
e) la legge
regionale 21 aprile 1995, n. 25 (Modifica della legge regionale 14 giugno
1994, n. 18 concernente norme per l'istituzione degli ambiti territoriali
delle USL);
f) il comma 2 dell'articolo 11
della L.R.
n. 11/1990;
g) la legge
regionale 3 marzo 1973, n. 6 (Programmazione e finanziamento del piano di
costruzione degli asili-nido).
6. Sino alla data di entrata in vigore del regolamento
regionale continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti in quanto compatibili
con la presente legge.
7. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente
legge, la Giunta regionale propone l'adeguamento della normativa vigente per
specifica materia alla presente legge, nonché un aggiornamento del vigente Piano
regionale delle politiche sociali.
8. Nelle more dell'adeguamento della normativa, ai sensi del
comma 4, nei casi non disciplinati dalla presente legge, il Piano regionale
definisce le modalità di esercizio delle funzioni individuando l'ente
subentrante.
La presente legge è dichiarata urgente e sarà pubblicata sul
Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi e per gli effetti dell'art. 53,
comma 1, della L.R.
12 maggio 2004, n. 7 "Statuto della Regione Puglia" ed entrerà in vigore il
giorno stesso della sua pubblicazione.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla
osservare come legge della Regione Puglia.